LOVER’S WALK



Prologo.



Marzo, 1999
Sunnydale, California.


Erano i Clash.
O forse i Ramones.
Suonavano il punk direttamente sulla sua testa, tum tum tum, e non la piantavano…
O erano la puttana con i capelli tinti e il suo pappa, che se le davano di santa ragione nella stanza a fianco di quel lurido motel.
Beh, non aveva avuto molto da scegliere. Come al solito, come il deficiente che era, non aveva nemmeno guardato dal finestrino della deSoto per vedere che ora fosse. Quando aveva tirato fuori una mano per gettare la cenere (Dru si incazzava sempre quando le sporcava il sedile), si era bruciato, ed allora aveva capito che era già mattino.
Poco male.
Dru avrebbe atteso.
Per quanto lontana fosse andata, l’avrebbe trovata.
La trovava sempre.
Avevano un’eternità davanti per giocare a quei giochi.
Ficcò la testa sotto il cuscino e fece finta di niente. Nanna, su….alle nove del mattino anche i vampiri molto cattivi fanno nanna. Fate tacere quell’infernale rumore!
O era l’effetto delle tre bottiglie di Jimmy Beam?
‘Fanculo, ora sarebbe andato di là e li avrebbe fatti tacere a suon di morsi, quei due.
Se solo fosse riuscito a svegliarsi…
La porta si aprì di scatto.
E il sole si insinuò nella stanza.
Sentì un peso sul cuore.
Sullo stomaco, per essere più precisi.
Aprì gli occhi, ci riuscì, infine.
Sollevò piano lo sguardo.
Dal tacco a spillo di otto centimetri del sandalo italiano che cingeva un piedino piccolo e perfetto, su per un paio di pantaloni di pelle rossa, ed oltre un top nero scollato, pelle di panna e oro, e poi una cascata di capelli biondi come la pubblicità di un dannato shampoo, freschi di messinpiega. Ad occhio, dimostrava un ventisei, ventisette anni.
La ragazza sorrideva, con il suo rossetto Chanel Laque rosso vermiglio.
I suoi occhi, però, non sorridevano.
Lei gettò i capelli indietro, premendo con il tacco dolorosamente sulla sua…
…gasp, erezione.
“Ciao, amore” tubò lei.
E poi lo fissò con i suoi gelidi occhi verdi.
“Ti sono mancata?”



“Che cosa…diavolo…sta succedendo….”
Il tacco premeva dolorosamente. Lei lo affondò piano, quasi con…voluttà. Qualcosa di cattivo e violento si impadronì di lui. Prese la snella caviglia tra le mani e torse con tutta la sua forza.
Non servì a nulla. Lei non si mosse di un millimetro.
“Chi cazzo…”
“Shhh” disse lei, chinandosi su di lui. “Non dire nulla.”
Approfittò del suo movimento per cercare di alternare le loro posizioni. Di metterla sotto, per l’esattezza.
Per ucciderla, era ovvio.
Lei si passò la lingua sulle labbra, il ventre che le doleva. Solo al vederlo sentiva delle fitte come dolori mestruali. Cavolo, si era dimenticata che effetto le faceva quel maledetto bastardo!
Qualcosa della sua improvvisa incertezza arrivò alle terminazioni nervose del vampiro. Spike riuscì nel suo intento e, prima di pensarci, fu su di lei, tra le sue gambe aperte, naturalmente, familiarmente allacciate intorno ai suoi fianchi, come se l’avessero già fatto mille volte…
Alt!
Si tirò su, l’incertezza evidente nei suoi occhi.
Ma lei sorrideva, soddisfatta.
“Cosa aspetti?” gli chiese, ironica. “Non era quello che volevi? Fallo…su….”
Spike non se lo fece dire due volte. Scivolò rapidamente nel volto della caccia. Ed affondò il volto nel collo di lei, che si inarcò in un modo così…così….
(sensuale)
…indifeso…
(provocante)
“Ah” gemette lei. “Più in basso….vai più in basso, ti prego…”
“Dove…”chiese lui, incredulo.
Lei lo guardò, ferocemente.
“Dove vai di solito. Tra le mie cosce”



Il pensiero era rivoltante. Lei era cibo, non dessert. Sì, doveva essere così, malgrado il profumo della sua eccitazione arrivasse fino alle sue narici.
Si staccò da lei, inebetito, tutta la sua furia omicida svaporata. Lei si sollevò, il petto ansimante, e le labbra socchiuse.
“Vieni qui” ordinò, chiaramente insoddisfatta.
“No” rispose, cocciuto, il vampiro, il volto della caccia indosso e…
…che diavolo stava succedendo? Chi era questa matta forte come nessuno e disponibile come una geisha che gli si stava buttando addosso?
“Ho detto vieni qui” replicò lei, tranquilla, forte, dominatrice.
“Perché?” chiese il vampiro, incerto se attaccarla subito – e farla finita – o lasciare che lei gli “spiegasse” la sua follia. Non che non gli piacessero le donne un po’ fuori di testa, Dru ne era la prova provata, ma questa davvero esagerava.
Una cosa del genere non gli era mai capitata prima in tutti i suoi decenni di vita…e sì che di proposte oscene ne aveva ricevute a destra e manca.
“Spike…” ansimò lei, la voce lievemente roca. “Vieni qui. Ora farai tutto quello che io ti dirò”
“Perché?” ripeté, come un disco rotto.
“Perché sennò ti spacco la faccia” sorrise lei, soave, contando sul dito pollice. “Perché sono io che comando” , sollevando l’indice, “ e perché sono io che ti fotto. E non il contrario. Mai il contrario.”
E sollevò il medio, abbassando gli altri.
“Amore, non so chi tu sia, ma hai lasciato tutti i tuoi venerdì all’ultimo casello. Ma lo sai chi sono IO?” si difese, tentando la carta del sarcasmo condiscendente.
Quasi si commosse! Aveva finalmente anche lui una groupie!!!
La bionda si sollevò dal letto, sospirando stancamente. E gli si avvicinò.
Prima che lui potesse anche solo fiatare, la ragazza gli diede un manrovescio che lo mandò a sbattere contro la parete. Il brutto quadro con la veduta del Golden Gate cadde sulla sua testa e fracassò a terra con una cascata di vetri rotti.
“Spike, tesoro…” ripeté lei, più dolcemente, sorridendogli, la sua bocca calda a pochi millimetri dalla propria.
“Io so benissimo chi sei. Il problema è…tu sai chi sono io?”




Il cellulare squillò.
Lei lo prese dalla tasca posteriore dei pantaloni di pelle con due dita e lo aprì con uno scatto. Il vampiro notò sorpreso che aveva un piccolo…schermo. Strano, non ne aveva mai visti di simili.
“Sì…sono già sul posto. No, nessun problema. Tutto come previsto. E tu? Cosa?! Non ci posso credere…hai già preso dei provvedimenti? Ah – ah. No, sono tranquilla. Ti dico che sono tranquilla. Se ci ho…beh, ancora no. Ehy, non offendere! E’ che…non so…ma sento di aver ragione. Cosa dici? Sottovaluto? Nahhh…è peggio di quel che pensassi. Vedrai cosa voglio dire.”
”Ehm, signorina…scusi…”
Ma lei non lo ascoltava. Continuava a fare avanti e indietro per la piccola stanza, gesticolando in modo decisamente europeo, inusuale in un’americana.
Anche se era all american fino alla punta dipinta di rosso delle sue unghie dei piedi.
“….non gliel’ho ancora detto. Dici che dovrei? Credi capirebbe? Sono esausta! E non è ancora cominciata. Dì a Will di non preoccuparsi. Non ancora almeno. Sedarlo? Non scherzare! E dove finirebbe tutto il divertimento? Sì, so quel che faccio. Cazzo, se lo so. Stavolta non sbaglierò. Ci vediamo al punto X. Con la ragazza, mi raccomando”
“Signorina…se ha finito….”
“Cosa diavolo vuoi?” lo aggredì, chiudendo il cellulare e rificcandoselo nei pantaloni. “Sei ancora qui? Puzzi d’alcol e di baldracche da poco prezzo. Vatti subito a fare una doccia!”
“EH?”
La ragazza gli passò davanti, decisa, e pescò nel suo borsone di pelle bisunto. Arricciò il naso per il disgusto fino a che tirò fuori una t – shirt nera passabilmente pulita. Gliela gettò in faccia.
“Vestiti. Torniamo a Sunnydale.”
Spike era semplicemente troppo inebetito per protestare. Rimase a fissarla.
Lei gli passò davanti per andare ad aprire la doccia in quel cesso di bagno.
Errore tattico.
La prese di scatto per un polso e la sbatté contro il muro. Facendole male, a giudicare dalla sua smorfia. La cosa gli diede una certa soddisfazione. Potevano giocare in due a quel gioco.
Incombeva su di lei. Tutto fianchi in fuori ed attitude. Che coglione!
La ragazza rise.
“E allora?”lo sfidò.
“Dimmi. Chi. Sei.”
Lei agitò debolmente il capo dolorante, sorridendo.
“Cosa cambierebbe? Il mio nome non ti direbbe nulla. E’ questo il problema”
“Diciamo che un’idea me la sto facendo. E che sei una cacciatrice. Ci ho visto giusto?”
Lei sorrise, passandosi piano la lingua sul labbro inferiore. A lui non sfuggì ovviamente quel gesto. Lei emanava calor bianco.
“Diciamo di sì”
“Baby, io le uccido, le cacciatrici”
“Ah, lo so. Le fotti anche” rise lei.
“Ehy, io…non ho mai… l’ho fatto?” chiese insicuro, domandandosi il perché dell’aria ironica di lei.
“Me. Abbondantemente fottuta. In tutti i modi possibili”
“Ma non dicevi che ….ehy, ma io non ti ho mai visto prima!”
“No, in effetti”
“Vuoi parlare, una buona volta?”
Lei sospirò. Non si stava così male pelle a pelle con lui. I suoi fianchi snelli premevano contro quelli di lei, non lasciando nulla all’immaginazione. Si agitò piano. Peccato che l’appuntamento fosse così vicino….
Certe abitudini sono dure da estirpare…
“Spike…non abbiamo tempo. Ci aspettano”
“Dove?”
“A Sunnydale”
“Perché? E’ un cesso, quella città. Non ci sono che vampiri. E morti. Non c’è più niente”
“Il punto è questo” ribatté lei. “Se non li fermiamo da qui a poco non ci sarà più nient’altro che morte su tutto questo fottuto pianeta. Al ritmo con il quale uccidono e vampirizzano i seguaci del Maestro, davvero credi che ci vorrà molto? Prima di quel che tu pensi, mancherà il cibo per tutti, anche per voi…beh, tesoro, non ti sembra il caso di muovere quel tuo bel culo bianco e fare qualcosa al riguardo?”
“Che me ne fotte?” rise lui, la lingua tra i denti. “Non sono mica Madre Teresa di Calcutta, io”
“Fotti me” replicò la ragazza, allusiva. “Se fai quello che dico io ottieni che non ti polverizzo. E che mi prendi. Sono a tua completa disposizione. E quando dico completa…beh, capirai presto cosa intendo.”
“Sono paralizzato dal fatto che….non potrebbe fregarmene di meno.” Rispose il vampiro, pescando in tasca per le sigarette. “Non credo tu possa possa valere tanto. Non sei nemmeno di primissimo pelo, credo”
“Stella, davvero ne sei convinto?” La ragazza gli intrecciò le morbide braccia intorno al collo, stupendolo con una stretta d’acciaio. “Piantala di dire cazzate e baciami”
Beh, se proprio insisteva…



Sapeva di sangue e whisky a buon mercato. E di sigarette, quelle Marlboro del cavolo che non riusciva più a vedere in giro, sui tavolini dei bar europei, senza pensare a lui.
Il profumo…era un profumo?…era così familiare da farla stare male.
Andiamo, riprenditi, si disse, mentre la bocca di lui indugiava sulla sua, lingua contro lingua, ed era un lungo, assurdo, ritorno a casa…Questo è uno stronzo fatto e finito, si disse. Non aveva anima. Non gliene fregava un cazzo di niente e di nessuno al mondo, tranne forse di quella svalvolata assassina di Dru. Se la sarebbe fottuta come un pezzo di carne e, se ci fosse riuscito, si sarebbe ucciso anche la sua terza cacciatrice.
Che diavolo pretendeva da lui?! Era tutta una follia, Dawn aveva ragione…anche l’Immortale aveva ragione…
“Non vedo che delusione, sulla tua strada, tesoro” le aveva detto, pacato, leggendo il Wall Street Journal per controllare i suoi investimenti. “Due pirla fatti e finiti. Non sono le persone che tu ricordi. Non è nemmeno quel mondo. E non cambierebbe nulla. Sei una povera illusa. Tornerai in tempo per le collezioni primaverili?”
“…amore….”
“mmm…sì….”
“….scopiamo ora o sotto la doccia?”
Tornò in sé. Lui stava giocando con la sua bocca, prendendo tra i denti il labbro inferiore e poi lasciandolo andare piano, sensualmente, eppure ad un tratto una goccia vermiglia di sangue le macchiò le labbra. Il gattino usava i denti. Bastò quello a farla decidere.
“Scopiamo ora” disse, spazzando con una mano il tavolino vicino al televisore e gettandocelo sopra.
“Ehy, attenta! Questa roba è legno, può rompersi…e pungere!” protestò lui.
“Me ne sbatto. Bada tu a non farti male, idiota”
“Io non scopo con chi non mi rispetta….” Si lamentò il vampiro, incrociando le braccia.
“Ah!” rise lei, amara. “Senti chi parla!!” Allungò le mani e gli aprì la patta dei jeans. “Allora, ci stai? Torni con me a Sunnydale?”
“Sennò non me la dai?” le chiese lui, chinando il capo per fissarla, intento, con i suoi grandi occhi azzurri.
Lei sorrise, elusiva.
“Perché mai dovrei allearmi con una cacciatrice?”
“Chissà, la vita è piena di sorprese”replicò lei. “Aiutami in questa missione e ti do’ quello che vuoi. Sesso, denaro..un combattimento all’ultimo sangue”
“Amore” ribatté lui. “Cosa diavolo vuoi davvero da me? Diciamo che posso menare un po’ le mani al tuo fianco. Anche a me il Maestro non sta molto simpatico. E poi? Io e te ci allontaniamo insieme nel tramonto rosso sangue? E magari sfidiamo insieme un drago?”
“La pianti di parlare?!” urlò lei, furiosa, girando il capo per non lasciargli intravedere…no, possibile che fossero lacrime? Doveva aver visto male…“Non sai proprio mai quando è l’ora di smetterla!” E lo colpì di nuovo, violentemente, mentre il tavolino cedette sotto il suo peso.
Spike fracassò nuovamente a terra, tra le pericolosissime schegge di legno.
E la vide allontanarsi, decisa.
“Ehy!” la chiamò, lottando per rialzarsi senza farsi polverizzare. “Aspettami!”




La risata profonda fece correre un lungo brivido per la schiena della cacciatrice.
Lei si guardò intorno: che cesso schifoso. Cassette di birra frantumate spandevano nell’aria un puzzo soffocante, e il vampiro, dietro le sbarre, rideva…la ragazza soffocò il disagio e si fece avanti, mani sui fianchi.
“Cos’hai da ridere?”
“Tesoro, tu…quatta quatta…tutta attenta…possibile che non capisca dove sei? Sei nella tana del ragno, tesoro. E presto il ragno ti acchiapperà e…gnamm!” Gli occhi impossibilmente scuri del vampiro scivolarono insolenti sul suo bel corpo. “E non sarò certo io ad impedirglielo…” Sollevò davanti ai suoi occhi le manette, magicamente rafforzate, che gli stringevano i polsi. Le sorrise, un sorriso appena storto…appena accennato. Un sorriso di scherno? Oh, lo stava divertendo, ne era certa….come lo conosceva bene…
“Come mi dispiace…avrei voluto darti io il benvenuto che ti meriti, piccola coraggiosa Cappuccetto Rosso che penetra nella tana del lupo. Ma credo non farò in tempo. Si accorgeranno presto di te…e Au Revoir, dolcezza. Mi dispiace”
“Tu dai troppe cose per scontate, vampiro” sorrise lei, avvicinandosi piano alle sue sbarre. Il vampiro si alzò in piedi. Il suo magnifico torace era scoperto, e lui lasciò scorrere le mani legate lungo il metallo, piano…quasi sensualmente. Lei sorrise, incoraggiante. “Non sai chi sono. Non pensare che sarei una facile preda”
“Non sei la cacciatrice” disse lui. “Lo so. Lei è bionda…”
“Ci sono mondi…” mormorò la ragazza, sfiorando a sua volta le sbarre con la punta delle dita…fino quasi a sfiorare quelle di lui…. “Dove esiste più di una cacciatrice…”
“Ohhhhh….” Ironizzò il vampiro “E tu quale saresti? Quella di riserva? Quella di serie B?”
“Tu cosa ne pensi?” chiese lei, giocherellando piano con il suo paletto. Eh, sì, era proprio un’allusione fallica.
“Io penso di no” sorrise il vampiro. “Qualcosa negli occhi. Grandi, pieni di fuoco. Sei piena di cicatrici, bambina, ma ancora più forte per questo. Sei assolutamente di prima lega”
“Ci puoi giurare, baby” annuì lei, immergendosi i denti nel labbro inferiore, più pieno di quello superiore. “Ci puoi giurare”
“Le allusioni sessuali andranno avanti ancora per molto, o fai qualcosa di concreto per farmi uscire di qui?” ringhiò dolcemente lui. Oh….ringhiava. La ragazza scommise con se stessa che sarebbe riuscita anche a fargli fare le fusa.
“Tu che dici?”
“Che intendi fare? Queste manette sono magiche. Non c’è modo di spezzarle se lui…quel pallone gonfiato del Maestro…non vuole. Ho provato a prendere a calci le sbarre, ma come vedi mi hanno legato anche i piedi”
“A tutto c’è rimedio” mormorò lei, sibillinamente. “Vai verso il fondo”
Lui ubbidì, sorridendo. Nel buio della gabbia il suo sorriso sembrava quello del gatto di Alice.
La ragazza tirò fuori da dietro la schiena un bazooka.
In casi estremi, estremi rimedi.
Quell’aggeggio fece un rumore infernale, ma la serratura saltò. E lei tirò fuori dal giubbotto di pelle una specie di medaglione, che mandò una luce terribile, come un flash centuplicato.
Le catene del vampiro si sciolsero.
“Andiamo!” urlò lei, prendendolo per mano.
Ma il vampiro rimase immobile.
L’acchiappò per una mano, approfittando del suo slancio per attrarla a sé ed affondò i suoi denti nel suo collo.
Oh, forte, ricco sangue di cacciatrice…lei quasi svenne sotto la sua presa. Dio, la dolcezza di quel contatto…la meraviglia….il ricordo…l’ineffabile ricordo…
“Tu…hai l’anima…”sussurrò lei, incredula, quasi più sorpresa che delusa, prima di svenire.
“Sì, tesoro” replicò il vampiro. “Ma non mi servirà a molto se non mi nutro. Mi perdonerai, dopo…”
Senza altre parole, la prese tra le braccia, ormai incosciente, e fuggì.


“Dove siamo?”
“Secondo te?” annoiata, la cacciatrice bionda si lasciò cadere su un divano, slacciandosi il top. Lo tolse dalla testa, e rimase in reggiseno. Un wonder bra nero che metteva in risalto la sua pelle chiara, appena abbronzata.
“Casa in stile…abbandonata da decenni…eppure arredata”
“Già. Perfetta dimora per due come noi. Avanti, spogliati”
“Non scopo a comando” si irritò Spike, dondolando sui suoi Doc Martens.
“Cazzo se lo fai” replicò lei, sgusciando fuori dai suoi pantaloni di pelle rossi. Fremeva di desiderio. Era furiosa con lui, e più lo vedeva e ci parlava, più si infuriava. Era così diverso…e così inesorabilmente identico. Era lui. E tanto bastava a mandarla fuori di testa. In tutti i sensi.
Lo sguardo del vampiro si perse sul triangolino di stoffa che le copriva il pube. Lei sollevò le gambe, lunghe per essere quelle di una ragazza così piccola, e posò i piccoli piedi sul bracciolo.
“Prima qualche domanda” le disse, stringendo gli occhi.
“Spara” annoiata, la bionda si morse un labbro. Cosa diavolo aspettava?
“Tu sai chi sono. Perché?”
Un misterioso piacere invase la giovane donna. Oh, le piaceva quando faceva il duro. Peccato che lui avesse smesso presto di farlo con lei. Idiota. Il desiderio sensuale le formicolò su per le gambe, concentrandosi nel suo sesso. Si tese, istintivamente, e l’odore inebriante della sua eccitazione arrivò alle narici del vampiro, terribile afrodisiaco.
“Perché….sì”
“Non mi basta” si irrigidì Spike. In più di un senso.
“Diciamo che esistono altri mondi. E che esistiamo su più di un piano”
“Sei completamente fuori di melone, come la mia Dru, o mi dici che tu vieni da un’altra dimensione?”
Lei chinò il capo, fissandolo, e passandosi provocatoriamente la lingua su per il labbro inferiore. “Che dici, tu credi ai vampiri?”
“Ok, vieni da un’altra dimensione. Va bene, ti credo. Diciamo che ti credo. Ne ho viste di cose assurde…e in quella dimensione tu mi conosci”
“Ti conosco da Dio” replicò lei, fissandogli esplicitamente il pube.
“Siamo amanti” intuì Spike, come in trance.
Lei annuì, mordendosi di nuovo il labbro.
“Siamo…innamorati?”
“Domanda sbagliata” replicò lei. “Tu ti sei innamorato di me. Io ho fatto un gran casino. E poi…”
“Già, e poi?” chiese Spike, lasciando scorrere una mano sulla sua coscia nuda. Piano, avanti e indietro…lei sperimentò oggettive difficoltà a concentrarsi.
“Tu hai ottenuto un’anima per me”
Spike scoppiò a ridere, una bella, sana risata di gola, tirando indietro la testa.
“Non ci credo”
“Ci devi credere”
“Io innamorato di una cacciatrice, e con un’anima! E magari ho anche salvato il mondo”
“Due volte” replicò lei, fissandolo. “E se ora per cortesia scopiamo….”
“No!” insistette lui, chinandosi accanto a lei e fissandola, la bocca a pochi millimetri dalla sua. “Non puoi arrivare nella mia non vita, menarmi, scoparmi, e dirmi che io – in un’altra realtà – sono stato il tuo cagnolino scodinzolante…perché è quello che ero, ci scommetto tutto quello che non ho, mi basta guardarti negli occhi. Zi, Badrona. Dimmi che non è vero, dimmi che mi amavi…”
“Non ti amavo” replicò lei. “Ma mi sei mancato, Spike. Terribilmente”
“Spiacente, non sono il tuo lacché. Per gli orgasmi rivolgiti altrove. E anche per le missioni di redenzione”
“E’ troppo tardi” insistette lei. “Troppo tardi per scusarmi con te…con lui…troppo tardi per dirti che, sì, a modo mio ti ho amato, solo che sono una bestia egoista ed incapace di articolare i miei sentimenti…ma non è troppo tardi per salvare almeno te…e per salvare questa realtà del cazzo”
“Vuol dire che lui…io…è morto?”
Lo sguardo negli occhi di lei era inequivocabile.
“E’ questo il mio destino? Qui, in questa dimensione?”
“Aiutami a scoprirlo” mormorò lei.
“No. Nonononono, io me ne vado, ti lascio qui e subito, e cerco la mia Dru, io…”
“Sta zitto, idiota” mormorò lei, mettendogli un braccio intorno alle spalle, e attirandolo a sé. Il bacio fu esplosivo, come sempre.
Il vecchio divano cedette sotto il loro peso.





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