Ricominciare by Roberta
Summary: in un universo alternativo dove non esistono né vampiri né cacciatrici, due persone (abbastanza) normali imparano a conoscersi: sono Buffy Summers e William Shelby, detto Spike. E’ così difficile ricominciare ad amare dopo un passato difficile? Buffy e' una giovane madre, Spike un celebre scrittore dal difficile passato....
Categories: General Characters: None
Genres: Romance
Warnings: None
Challenges:
Series: None
Chapters: 3 Completed: Yes Word count: 29642 Read: 12497 Published: 03/26/2005 Updated: 03/27/2005

1. Tutta la fanfic by Roberta

2. continua by Roberta

3. continua by Roberta

Tutta la fanfic by Roberta
RICOMINCIARE

“Via, via, non perderti per niente al mondo
lo spettacolo d’arte varia di uno innamorato di te…”
P. Conte


Dedicato a Franca Bersanetti, che con le sue meravigliose
storie mi ha fatto tornare la voglia di scrivere…

Autore: Rogiari
Sommario: in un universo alternativo dove non esistono né vampiri né cacciatrici, due persone (abbastanza) normali imparano a conoscersi: sono Buffy Summers e William Shelby, detto Spike. E’ così difficile ricominciare ad amare dopo un passato difficile?
Genere: assolutamente rosa. Non è una storia thriller, non è un horror, non è un giallo, non è fantasy. E’ una storia d’amore, e delle difficoltà d’amare nel vivere quotidiano. Chi non ama il genere, prego astenersi. Non si accetteranno lamentele dopo.
Rating: sebbene io non abbia alcun timore ad usare l’NC – 17, questa è una storia d’amore romantica e non vietata, nella migliore tradizione di “Il ritratto di William”
Feedback: sempre graditissimo a rogiari@fastwebnet.it. Come sanno bene tutti coloro che negli anni mi hanno scritto, nessuna mail verrà lasciata senza risposta….
Disclaimer: quest’opera non è stata realizzata a scopo di lucro. I personaggi appartengono a Joss Whedon, la Mutant Enemy, la Fox.

Sunnydale, California, Ottobre 2003.


Tutto è ricominciato con una telefonata.
E’ andata Dawn all’apparecchio, mentre io davo la pappa a Christine. Quando ho visto la sua faccia sbiancare, ho capito che doveva trattarsi di qualcosa di grave.
Non era una novità. Di colpi del destino ne avevo dovuti sopportare parecchi da quel giorno di primavera di molti anni prima in cui mio padre aveva deciso che vivere con sua moglie Joyce, e con le sue figlie Buffy e Dawn, era semplicemente troppo. E che voleva godersi il suo stipendio da manager in pace, portando le sue segretarie, a turno, alle Barbados.
“E’ Cordy” ha sussurrato Dawn, ed ho preso il microfono. Cordelia non sembrava agitata, non lo sembra mai. Era sicura di sé come al solito…e c’era nella sua voce una pietà profonda, una compassione che non ricordo di averle mai sentito prima.
“Si tratta di Darla…e del bambino…” mi disse. “Buffy, Darla è morta. Non ha retto le fatiche del parto”
Non so come mi sentii. L’avevo odiata tanto a lungo…tanto intensamente. Avevo spesso dato a lei la colpa della rottura del mio rapporto con Angel, anche se – in fondo al cuore – sapevo che non era lei la colpevole. Lei era rimasta incinta, ed Angel si era riavvicinato a lei. Ancora prima, lei aveva avuto la leucemia, ed Angel mi aveva lasciato per badare a lei. E la mia vita, nel mentre, era andata a rotoli, cercando conforto in Parker, quell’idiota, e poi in Riley.
Riley al quale avevo dato una figlia, Christine, e che non ero mai riuscita davvero ad amare.
Mi concentrai su ciò che Cordelia mia stava raccontando. Darla era morta, a poche ore dalla nascita di suo figlio Connor, ma il bambino stava bene. Ed anche Angel…anche se ora era diventato un ragazzo padre. La cosa è divertente e romantica solo nei film di Natale.
“Verrai al funerale?” mi chiese Cordelia, praticamente. Annuii, e poi mi resi conto che lei – dall’altro capo della linea – non poteva sentirmi. “Sì, verrò.” Ci scambiammo i nostri saluti, uniti a qualche indicazione pratica per raggiungere il luogo della sepoltura, e poi ci lasciammo.
Dawn non disse nulla. Venne a sedersi accanto a me, accarezzando il capo biondo della sua nipotina. Christine aveva ereditato i colori di Riley, capelli biondo scuro ed occhi azzurro – grigi, ma per il resto era il mio ritratto. In fondo, ne ero egoisticamente fiera.
Non c’eravamo lasciati male, con Riley. Quando lui era andato in missione in Iraq, ancora non sapeva che ero incinta, ma tra noi era già finita. Non riuscivo a provare per lui, per nessuno, l’amore che un tempo avevo provato per Angel…e non me ne davo pace.
E non se ne dava lui.
La mia freddezza emotiva ci aveva divisi già al tempo in cui mia madre era morta, alcuni anni prima, e poi era stato peggio. Eravamo usciti ancora insieme, per un breve periodo avevamo persino convissuto, ma non ci eravamo sposati, nonostante le sue continue insistenze. Io non lo amavo, ed il sesso ci divideva più che unirci. Non so se definirmi frigida, non lo credo, ma quello che lui aveva da darmi in camera da letto non mi è mai bastato.
E con Angel…è stato tutto così breve, così traumatico, da lasciarmi solo un ricordo amaro in bocca.
Quando Riley era partito per la guerra, a novembre dello scorso anno, avevamo deciso di comune accordo che lui non sarebbe tornato da me. Lui aveva conosciuto una collega, Sam, ed i due si erano sorprendentemente sposati, a marzo, sotto il fuoco nemico. Io ero già incinta di sette mesi.
Non l’avevo detto a Riley che quando era già stato troppo tardi. Non concepivo nemmeno l’idea di abortire…ma sapevo che lui non l’avrebbe proposto. Sarebbe diventato suo padre, a tutti gli effetti, pur conscio che non si sarebbe potuto per ciò solo riavvicinare a me. Riley diede il suo nome a Christine, ed io rinunciai – pazzo orgoglio! – a qualunque assegno di mantenimento. Acconsentii solo a che lui costituisse un fondo per il college della bambina.
Grazie a Dio, Riley si era poi sposato, e la vita lo allontanava naturalmente da sua figlia. Cosicché, lei ora era tutta mia. E di Dawn.
E così, ora Darla si era spenta. Potevo pensare che fosse improvvisamente svanito il principale ostacolo tra me ed Angel, ma non volli ingannarmi. Sapevo che la nostra storia era finita tanto tempo prima, nel momento stesso in cui lui era uscito, con i suoi ventisette anni, dal mio letto verginale di diciassettenne per precipitarsi in quello di Drusilla. Ed ora, forse eravamo ancora amici, ma troppe cose, troppe sofferenze ci separavano.
“Andrai?” mi chiese Dawn.
Annuii. Sì, sarei andata. Avevamo qualcosa in comune, io, Darla, Drusilla e Cordelia. A turno, eravamo state le donne di Angel.
E quel giorno, lo sapevo, saremmo state tutte accanto a lui.



Dawn non volle venire. A torto o a ragione, nutriva ancora del rancore nei suoi confronti. In quelli di Angel, intendo. Lei era solo una bambina quando ci eravamo amati, ma la sofferenza che lui mi aveva causato non le era sfuggita, anzi, l’aveva colpita forse più profondamente per quel motivo.
Poi, mamma era stata male, con Riley le cose non erano andate bene, e sia io che lei avevamo messo da parte l’amarezza per quel che era accaduto allora.
Ma ora lei non se la sentiva di affettare un dolore che non provava neppure in minima parte.
Andai con Willow, allora, la mia migliore amica. Anche Willow aveva avuto i suoi problemi, ma ora stava meglio. La disgrazia che aveva colpito Tara, la sua ragazza, uccisa durante una rapina in un ristorante, l’aveva spinta sull’orlo del baratro. Una dipendenza dagli psicofarmaci, e gravi problemi psicologici, l’avevano quasi distrutta. Quasi. Willow è stata forte, e si è ripresa. Come me.
Ora siamo accanto alla fossa, di fronte a noi Angel e Cordelia. Sono entrambi alti, bruni, belli, e si stringono le mani. Li guardo. Non stanno ancora insieme, ma so che presto accadrà. Lo sento. E non ne sono gelosa. Solo un po’ triste. Come sono triste per Darla, per la sua giovinezza svanita, torturata dalla malattia, da un lungo, lentissimo, recupero, ed ora spezzata.
Ricordo Darla mentre la bara di mogano viene abbassata nel terreno. Era bella, bellissima, bionda, dalla bellezza quasi eterea. Era più bella di me. Sorrido appena. A mio modo di vedere, tutte le donne di Angel sono più belle di me. Maledetta insicurezza.
Alzo lo sguardo e intravedo la figura aggraziata e sottile di Drusilla. L’alta Drusilla dai lunghi capelli neri e dagli occhi violetti. La creatura che Angel ha voluto con passione cieca, e poi rivoluto, spezzando nel contempo il mio cuore e quello di Darla… Come al solito, non è sola.
E’ venuta con lui.
Il senso di fastidio che provo è profondissimo, eppure, sono anni che non lo vedo. Spike. Alias William Shelby, il poeta maledetto. Cantore della generazione X con i suoi libri di poesie e racconti vendutissimi in tutto il mondo. L’amante di Drusilla, il suo compagno.
Prima, durante, e dopo Angel.
Lui si accorge del mio sguardo e mi sorride. Mi sorride con quella faccia da schiaffi che aborro. Solleva persino un sopracciglio, ironicamente. Insomma, sfodera tutto il repertorio.
Faccio finta di niente, e guardo dall’altra parte, lieta che Willow sia appesa al mio braccio e non mi lasci sola. Quanto lo disprezzo…si è tenuto Drusilla anche quando è stato evidente che lei non lo amava affatto e delirava invece per il suo “paparino”. E’ arrivato al punto di offrirmi il suo aiuto per separarli. Squallido.
Eppure, ho letto i suoi libri, e non sono male. Ogni due pagine circa sollevo gli occhi al cielo per le idiozie che scrive (sono sicura che non ha vissuto tutte quelle esperienze), ma poi finisco il volume tutte le volte. Alla biblioteca civica di Sunnydale sanno che devono mettermi da parte le sue opere man mano che arrivano. Una volta mi sono persino spinta a dire alla bibliotecaria che lo conoscevo…e che era un gran figlio di buona donna. Lei ha riso, e mi ha chiesto se dal vivo era così affascinante come appariva nella foto in quarta di copertina. Una foto in bianco e nero, dove risaltavano le linee decise del suo volto, i suoi occhi ingannevolmente trasparenti e la sua bocca sensuale. Non sapevo che portasse ancora i capelli platinati, come allora. Eccomi accontentata.
Mi sto rendendo conto che sto dedicando fin troppo tempo a William Shelby. Lui, dal canto suo, è tranquillo, immoto, sta vicino a Dru ma non le tiene la mano. Non come un tempo.
Riporto la mia attenzione su Angel. Se non lo conoscessi così bene, il suo muto dolore mi commuoverebbe fino al midollo. Così alto, bello, tenebroso, romantico…gli manca solo una camicia bianca svolazzante ed una spada, poi, sarebbe perfetto sulla copertina di un paperback rosa.
Ma lo conosco. E so che lui prova muto dolore anche per la sconfitta dei Jets.
Suvvia, ora è il turno di Cordelia di consolarlo, dentro e fuori dal letto. Quasi sollevata da questo pensiero, mi avvio verso la mia piccola utilitaria, con Willow sempre appesa al braccio. D’un tratto, lei si riscuote, e mi fissa con i suoi trasparenti occhi castani.
“Buffy…volevo andare un po’ sulla tomba di Tara, se non ti spiace. Ci possiamo vedere alla macchina, tra un’oretta”
Annuisco. Vorrei accompagnarla, ma intuisco che preferisce stare da sola. Mi rassegno ad un caffè solitario nel bar del cimitero, tanto per far passare il tempo. Non ho nessuna voglia di parlare con loro.
“Ciao, bellezza”
Mi giro al suono di quella voce beffarda che conosco così bene.
“Come stai, Spike?” gli chiedo, come se fossimo mai stati amici. Non lo siamo mai stati, invece. Più che altro, riluttanti alleati sullo stesso lato della barricata.
“Bene. Ti vedo in forma smagliante”
“Per quanto lo si possa essere ad un funerale” commento.
“Andiamo a prenderci un caffè?” mi propone lui, indicando con un cenno della mano la figura di Willow che si allontana nella leggerissima nebbiolina ottobrina. E sì che siamo in California. Un’orribile giornata per essere sepolti, mi dico.
Avrei voglia di mandarlo a stendere, ma me ne manca l’energia. Gli indico io Dru. “Lei non viene?”
“Non siamo venuti insieme” sorride lui, socchiudendo gli occhi per scrutarmi meglio. “Sono anni che non stiamo più insieme. Da allora”
“Io credevo…” non importa quel che credevo. Evidentemente mi stavo sbagliando. Dru sta abbracciando Angel sotto lo sguardo sospettoso di Cordelia e, Cielo, grazie a Dio non sono più fatti miei. Spike si sta dirigendo verso il bar, e mio malgrado lo seguo. Lui aggiusta il passo con il mio, ed il suo spolverino di pelle nera, così anacronistico, gli accarezza le gambe. Camminiamo insieme nel silenzio, e sembra che non abbiamo mai fatto altro.
Quando arriviamo al bar, quasi deserto, lui mi tiene la sedia per farmi sedere. La sua cortesia da Vecchio Mondo è anacronistica tanto quando il suo look da punk primi anni ottanta, eppure, gli donano entrambi. Ordiniamo due cappuccini e ci godiamo la quiete.
“Sono venuto per Darla. E per Angel.” mi spiega poi lui, in attesa che il barista ci serva. “Pare difficile ricordarsene, dopo tutto questo tempo, ma eravamo amici. Stavamo sempre insieme, a Londra. Loro due, io e Dru. Per un certo periodo abbiamo anche diviso un appartamento insieme a Notting Hill. Io scrivevo, Angel dipingeva e già cominciava a muovere i primi passi come detective, e Darla e Dru erano belle e nostre”
Io lo fisso da sotto le ciglia. Ricordo benissimo “Memorie di Notting Hill”, capitolo III, pag. 349, il suo quarto libro. Laddove raccontava di lui e di un altro ragazzo fortunato, un irlandese dai capelli scuri, che si dividevano due appassionate, disinibite bellezze.
“Bei tempi, immagino” ironizzo.
“Bei tempi, davvero. Poi, siamo venuti in America, e sei arrivata tu”
Non rispondo. Il barista porta i cappuccini, ed affondo il cucchiaino nella densa schiuma. “Forse era ora che crescessimo” continua lui, non senza rimpianto. “Ma non credevo che, facendolo, sarei rimasto solo”
Lo fisso. Non mi fa nemmeno un po’ di pena. Sono sola anch’io, che diamine. Sono addirittura una mamma single. Ed è un’assurdità essere qui da soli insieme. Dovrei essere là, vicino alla bara di Darla, a consolare Angel.
“Tu…hai qualcuno, adesso?” mi chiede. Io lo fisso sorpresa. Mi stupisco che la cosa possa anche solo lontanamente interessargli.
“No, sono sola” ammetto. “Ho avuto un paio di storie, una in particolare, ma non sono finite bene”
“Nemmeno le mie” mi confessa lui. “Non credo potrò innamorarmi di nuovo. Non come con Dru. Siamo stati insieme quindici anni…eravamo praticamente bambini quando abbiamo cominciato.”
“Ma non così bambini che lei non fosse già stata la ragazza di Angel” non so perché mai mi prendo la briga di affondare il coltello nella piaga. Ma mi piace l’idea di metterlo a disagio. “Touchè” ammette lui “E’ vero, lei era la ragazza di Angel, e lui la lasciò per tornare da Darla. Ma allora sembrava che questi passaggi di letto e di affetto non fossero così importanti. Riuscivamo a vivere insieme, e ad essere felici. Almeno, credevo di esserlo”
“Prima hai detto che sono arrivata io. Non temere, sono stata solo una parentesi”
“Non credo” dice lui, bevendo il cappuccino. “Tu sei stata per Angel molto più importante di quel che credi. E io lo conosco bene. Ha sacrificato per te Darla, e se ha ceduto a Dru non è stato perché non ti amava…ma semplicemente perché non era pronto per un impegno di quel tipo. Lui aveva ventisette anni, quasi il doppio dei tuoi anni. Tua madre minacciò di denunciarlo, se non ti lasciava”
“Lo so” ammetto a denti stretti. “So quello che fece mia madre. Ma se davvero mi avesse amata, avremmo superato tutto insieme, anche questo. Invece, tornò da Dru, rovinò la sua storia con me, e quella di lei con te. E fummo tutti infelici. E di lì a poco Darla si ammalò di leucemia, e lui lasciò anche Dru. Ed ora siamo qui”
“Sbagli se lasci che quello che ti è accaduto così tanti anni fa, quando eri poco più di una bambina, ancora ti tocchi”
“E tu sbagli a giudicarmi. Non sai niente di me”
Ecco, è successo di nuovo. Abbiamo parlato per cinque minuti e già siamo ai ferri corti. Nemici mortali, come allora. La frase l’aveva naturalmente coniata lui, un giorno, esasperato dalla mia acidità. Infastidita, sono ad un passo dall’alzarmi e lasciarlo da solo. Ma una parte del mio cervello si rende conto che sarebbe una mossa quanto mai immatura. E stupida. Perché mai quell’idiota di William Shelby riesce ad andare sempre al nocciolo dei miei problemi? Ed a farmi infuriare, nel contempo?
“Tua madre aveva ragione” dice lui, ed il tono dolente, quasi, con cui lo dice improvvisamente mi rabbonisce. So che la stimava davvero. Quando si vedevano, mamma aveva sempre una parola buona per lui, e della cioccolata calda. Sa Dio di che parlassero insieme, in quella cucina. Io ero troppo persa dietro a quell’infernale girotondo – Angel, Darla, Dru – per occuparmene. Come lo rimpiango! “Angel non era adatto a te. Era troppo vecchio, per cominciare, troppo esperto, e aveva troppi problemi. Tu eri solo una ragazzina…e non avrebbe dovuto sedurti. Fu irresponsabile, da parte sua. Irresponsabile e criminale”
“Ma mi amava” non so perché diavolo lo difenda ancora, ma sono fatta così. Oltretutto, mi sto contraddicendo alla grande. Gli ho appena detto che per Angel ero stata solo una parentesi. Lui sorride, sarcastico.
“Amarti? Sì, credo di sì, ma ciò non gli ha impedito di spezzarti il cuore” Spike mi guarda. “Parliamo però d’altro. A che scopo rivangare questi vecchi, dolorosi ricordi? Ho pensato molto a te, ultimamente”
Sono sempre più stupita. Ripenso al mazzo di fiori senza biglietto che arrivò a casa nostra il giorno dopo la morte di mia madre. Ora come allora, sono sicura che sia stato lui a mandarlo. Mi riscuoto da questo pensiero dolce – amaro. “Pensavi a me? E perché di grazia?”
La mia ironia sembra non poter far nulla per scalfirlo. “Mi hanno offerto un semestre di lezioni all’università di Sunnydale, letteratura contemporanea. Beh, sei l’unica persona che conosco a Sunnydale. Bene, intendo”
“Non siamo mai stati così intimi” rettifico io.
“No, forse, ma abbiamo diviso qualcosa di molto personale”
Questo è indubbiamente vero. I nostri amanti andavano a letto insieme, più personale di così. “Davvero?” rispondo con falsa cordialità. “Beh, torna a trovarci, allora, quando ti sarai sistemato. A Dawn farà sicuramente piacere rivederti”
Lui sorride, per una volta senza ironia. “La mia piccola rondinella. Come sta? E’ diventata bellissima, come prometteva?”
“Sì” rispondo, anche io sinceramente. “E’ splendida. In tutti i sensi”
“Perché allora non facciamo sabato?”
Lo guardo. Quando gli ho detto di venirci a trovare, lo facevo per cortesia, certa che lui avrebbe rifiutato. Andiamo, non ci siamo mai trovati neppure simpatici. Quanto a me, l’ho sempre tollerato a mala pena. E poi, non può venire a casa nostra! A fare che? A parlare di che? E poi a casa c’è Christine, e il Cielo sa che non ho nessuna voglia di discutere con lui del fallimento della mia vita sentimentale (non che mi vergogni della mia splendida bambina, che è la cosa più bella che potesse mai capitarmi).
Sembro a quel che pare un cerbiatto di fronte ai fanali di un camion, perché lui si mette a ridere. “Andiamo, appari terrorizzata alla prospettiva. Ti faccio così paura? Non hai nessun bisogno di metterti a cucinare. Vi porterei io fuori, tu e la rondinella. Che ne dici? Mi trasferisco a Sunnydale giovedì, e questo mi da’ un po’ di tempo per sistemarmi prima del nostro appuntamento”
Appuntamento? Chi ha parlato di appuntamenti? Chi ha mai osato mettere i nomi “Buffy” e “Spike” insieme al sostantivo “appuntamento”? La mia confusione deve sembrargli comica.
“Non ti ho chiesto di sposarmi” mi dice, divertito. “Sono solo in città e non mi spiacerebbe passare un po’ di tempo con due vecchie conoscenze come te e tua sorella. Tutto qui. Se ti va”
Penso rapidissimamente al modo di sottrarmi a questo impegno che mi sembra insormontabile, quando Willow appare al di là del vetro. Lei sorride al vedere Spike. Non lo abbraccia, ma gli tende cordialmente una mano. “Sono felice di rivederti. Ho letto alcuni dei tuoi libri e sono splendidi. Ti fermi a Los Angeles?”
Lui si alza e le fa posto cortesemente al tavolo. Willow nota che io sto ancora rimuginando, e la cosa non la stupisce. Sa che non l’ho mai potuto soffrire.
“In verità, come stavo raccontando a Buffy, sto per trasferirmi nella vostra Sunnydale. Insegnerò all’università, letteratura contemporanea. Per un semestre…forse più, se la cosa funzionerà”
“Ma è magnifico!” esclama Willow. “Farò di tutto per iscrivermi al tuo corso. Anche tu, Buffy?”
“Eh?” mi riscuoto. Frequento solo un paio di corsi a semestre, e solo di sera. L’idea che lui possa essere il mio docente – semplicemente – mi terrorizza.
“Sarebbe magnifico, avere delle facce familiari nell’uditorio. Non sapete come possano essere intimidatori gli studenti” scherza lui.
Lo osservo mentre ride con Willow. Mia madre soleva dirmi come non ci fosse matrimonio senza lacrime, e funerale senza risate. Quanto era saggia…
Intanto, mi viene un’idea clamorosa.
“Willow, sabato sera Spike porterà fuori me e Dawn. Ti unisci a noi?”
“Sì, è una magnifica idea” appoggia lui, non sorprendendomi nemmeno un po’.
“Perché no” sorride Willow. “Rinuncerò al mio solito sabato al Bronze con gli Harris…ma credo che ne varrà la pena”
“Gli Harris?” indaga lui.
“Il mio amico Xander e sua moglie Anya. Quella ragazza svedese, amica di Cordelia…”
“Ricordo. Molto carina” commenta lui. Io, intanto, gioisco per il buon esito delle mie manovre. Usciremo insieme, sì, ma con Dawn e Willow, e se riuscirò a trovare una babysitter in tempo, lui non saprà nulla di Christine e di Riley e dei miei problemi.
Ci lasciamo sulla soglia del bar. Ci troveremo alle otto, sabato sera, alla Casa Rosada di Sunnydale, un allegro ristorantino messicano a noi familiare.
Spike bacia familiarmente Willow sulla guancia, e fa lo stesso con me. Il suo odore mi avvolge e, sorprendentemente, non è per niente sgradevole. Lo sto ancora annusando, che lui è già lontano, diretto verso una mostruosità nera di macchina, che Xander non avrebbe difficoltà ad identificare come una deSoto del 1969.
Willow mi fissa con la sua solita aria saputa.
“Sei sicura che lui volesse che ci fossi anch’io?”
“Che vuoi dire?” affetto la mia aria più innocente.
“Forse era un appuntamento, con te, quello che aveva in mente”
Rido. “Andiamo, non essere ridicola. Ci conosciamo appena, e non ci vediamo da un milione di anni. E poi, sarebbe l’ultimo uomo al mondo che…”
Ma Willow non mi sta più ascoltando. Ancora perplessa per la sua domanda, mi affretto a seguirla.



Sto preparando l’insalata quando Dawn rientra dal suo lavoro pomeridiano. Il denaro è sempre stato un problema da quando mamma è mancata, e purtroppo dobbiamo lavorare entrambe. Lei come commessa al centro commerciale, ed io al Doublemeat Palace. Tre anni di servizio continuativo mi sono però valsi un distintivo, un notevole aumento di stipendio, e l’incarico di vice – direttore del ristorante. Non male, tutto sommato.
Ci alterniamo alla cura di Christine, e quando non ci siamo entrambe – per via dei nostri impegni scolastici e lavorativi - la piccola va al nido. Odio l’idea che una bambina di cinque mesi sia già al nido, ma non ho alternative. Non ne ho da quando ho detto di no a tutte le generose offerte di Riley, e non me ne pento. Non voglio soldi da un uomo che non amo.
“Allora, come è andata?” mi chiede, aprendo il frigo ed addentando un pezzo di formaggio. Ha avuto in dono dalla mamma una figura alta e slanciata che non teme i cibi grassi. Io ho avuto in dono da qualche santa protettrice delle donne sotto il metro e sessanta lo scarso appetito. E così ci barcameniamo entrambe sotto la linea di galleggiamento.
“Triste. Doloroso. Sorprendente” le rispondo.
“L’elemento di sorpresa sarebbe…” indaga Dawn.
La guardo intenta, curiosa di vedere quale sarà la sua reazione. “Non hai idea di chi c’era”
Lei scuote il capo ed i suoi capelli impossibilmente luminosi splendono. Dawn potrebbe fare da modella per la pubblicità di uno shampoo.
“Spike” risponde lei.
Sono io quella sorpresa. Resto a bocca aperta.
“Come fai a saperlo?”
“Non poteva non essere presente. Non dopo quello che ha passato con Darla, Dru ed Angel, ed a causa di loro. E’ un sopravvissuto delle loro manovre, esattamente come te”
L’acutezza della sua analisi mi lascia basita. E’ andata a ripetizioni da Willow?
“Beh, c’è dell’altro” replico stizzita. “Si trasferisce a Sunnydale: insegnerà all’università. E ci ha invitato fuori a cena sabato, alla Casa Rosada”
“Ci?” indaga Dawn. “Non ti?”
“Ci” ribadisco, asserragliata con fermezza sulla mia Maginot. Non è un appuntamento. Anche se lui l’ha definito tale. “Io, te, e Willow”
“Scommetto che sei stata tu ad imbucarci, me e Willow” mi deride quel diavolo di una sorella.
“E perché mai avrei dovuto?”
“Perché è così che fai con qualsivoglia rappresentante del sesso maschile che non sia Angel. Yawn”
Le spaccherei la faccia, quando fa così. “Io respingerei gli uomini? Tu deliri. Sono una gattina appassionata, ed attiro gli uomini come le mosche al miele. Ma non Spike. E poi, neppure lui potrebbe mai provare nulla per me” abbasso gli occhi sull’insalata “Se non odio e disprezzo”
Dawn scoppia a ridere. Conosce meglio di me le mie pretestuosissime argomentazioni. Nell’ultimo anno, ho condotto vita più ritirata di quella di Madre Teresa.
Ora decido di stuzzicarla io un po’.
“Non sarà che hai ancora una cotta per lui?”
“Andiamo, ero ancora una poppante” risponde lei, per niente scossa. “E poi, non sono io quella che prende in prestito i suoi libri in biblioteca”
“Che vuol dire? Scrive bene, e poi…tolgo sempre la copertina!”
“Sì, per non sgualcirla” sorride malignamente lei. “Andiamo, se avevo una cotta per lui un motivo c’è. E’ l’essere maschile più sexy e coccoloso che abbia mai conosciuto. Anche mamma lo adorava, e lo sai…e mamma non si è mai fatta incantare da quel bel campione di mascolinità di Angel, per non parlare di Riley”
Io sono ancora ferma a “coccoloso”. Che diamine di parola è? Spike coccoloso? Con me è sempre stato sarcastico, pronto di parola, incapace di tralasciare un’occasione per esercitare la sua ironia.
Forse perché con la mia ossessione per Angel non gli ho dato mai motivo di…parlare d’altro? Di conoscerci meglio?
“Beh, comunque ci ha invitato fuori. Metteremo un bel vestito, saremo carine…e non parleremo di Christine”
“E perché mai?” indaga mia sorella. “E’ tua figlia…la tua vita”
“E lui è un estraneo”
Dawn non è convinta che, dopo tutto quello che abbiamo passato a causa di Angel e Dru, Spike possa ancora essere considerato un estraneo.
Io, invece, resto ferma sulle mie posizioni.
Mi sembra più prudente.


Sabato sera siamo puntuali e sgargianti come fiori alle otto, di fronte alla Casa Rosada. Io indosso un vestito di seta a fiorellini lilla con un giubbotto di pelle bordeaux molto fine, e Dawn è carinissima con i suoi jeans ed una maglietta in tinta. Willow è più curata del solito nella sua tenuta da Wicca lesbica, come ama definirla: casacca blusante e gonna lunga fino quasi alle caviglie. Un po’ figlia dei fiori, ma con chic.
Quando Spike arriva, mio malgrado mi prende un colpo.
Non ha lo spolverino, ed è elegantissimo. Ha un semplice paio di pantaloni beige ed una polo gialla canarino, e non sembra per niente il punk riottoso del giorno del funerale. Lui sorride e ci bacia sulle guance. Di nuovo sento il suo ineffabile odore, e stavolta ammetto – pur con tutte le resistenze del mondo - che mi piace. Sarà un figlio di buona donna, ma odora di buono e pulito. Con un tocco di muschio, qualcosa di molto maschile.
“Sarò l’uomo più invidiato della serata, con tutte queste bellezze” dice lui, dopo essersi complimentato con Dawn e Willow. Il fatto che non abbia rivolto nemmeno un complimento a me fa sorgere il legittimo sospetto che proprio non possa soffrirmi.
Allora perché diavolo mi ha invitata? Sono ancora irrazionalmente irritata quando il cameriere ci porta il menu.
Lui si lancia in una dissertazione dissacrante sul cibo messicano e le sue conseguenze gastriche che ci fa ridere fino alle lacrime, me compresa. E quando l’imbarazzo iniziale si spegne, mi rendo conto che è la serata più simpatica che io, Dawn e Willow abbiamo passato da molto tempo a questa parte.
Quando passa il ragazzo con le rose, il senor Shelby acquista tre boccioli e li distribuisce a ciascuna di noi. Dawn ridacchia, Willow è divertita ed io seccata. Non ci comprerà con due rose!
Poi, l’orchestrina attacca a suonare e lui invita a ballare sia Dawn che Willow. Di nuovo, faccio tappezzeria. Lo odierei, se non fosse che ogni volta che apre bocca dice qualcosa di terribilmente arguto, che mi irrita e mi diverte nel contempo. Non ho mai conosciuto un uomo che suscitasse in me sentimenti tanto ambivalenti.
Quando arriviamo al dessert si scusa, e va a fare una telefonata. So che ha il cellulare, l’ho visto, quindi irrazionalmente penso che stia chiamando Dru. E che non voglia che noi assistiamo alla chiamata. Fatti suoi. Quanto a me, ho già archiviato la serata nel file “Ai confini della realtà”.
“E’ così carino” ammette Willow. “Quasi desidero di non essere gay. Credi che sia solo?”
“Me l’ha detto” ribatto io. “Ma non capisco cosa stia cercando. Tu sei lesbica, Dawn è troppo giovane, e me mi detesta”
“Sì” ribatte Dawn. “Invitare qualcuno a cena è segno sicuro di grande odio…”
“Andiamo!” replico io. “Non mi ha nemmeno invitato a ballare…a quanto pare, non sopporta nemmeno il contatto del mio corpo”
“Forse è vero” medita Willow. “In un certo senso. Non quello che intendi tu” si affretta a spiegare. “Forse la tua vicinanza lo eccita al punto che preferisce starti lontano…almeno in pubblico”
L’ipotesi è semplicemente ridicola. Sto ancora studiando una risposta appropriata quando lui torna. Capiamo che ha usato la scusa della telefonata per pagare il conto, ed il pensiero inspiegabilmente mi solleva.
Lo ringraziamo e usciamo. So che l’educazione mi impone di ricambiare un così cortese invito.
“E’ stata una serata piacevolissima” gli dico, e non sto mentendo. “Sarebbe carino vederci ancora. La prossima settimana potrei procurarmi qualche biglietto per il baseball. Che ne dici?”
“Perché no” risponde lui senza sbilanciarsi. “Ci sentiamo”
La sua improvvisa compostezza mi irrita alquanto. Sembra che il suo infantile interesse per noi (no, non è un plurale maiestatis) sia già terminato. Il giocattolo si è già rotto. Sono sempre più contenta di non avergli detto di Christine, e di non avergli aperto le porte di casa mia.
Ci lasciamo così, civilmente, io e lui. E si lasciano così, affettuosamente, lui e Dawn e Willow.
Quando siamo in macchina, io non parlo. Dawn è stanca, e Willow sta pensando al gravoso impegno della domenica, giorno che da sempre dedica al volontariato. Io, invece, ho un turno doppio al Doublemeat Palace: una domenica sì ed una no sostituisco il direttore. Paga doppia.
Lasciamo Willow al suo dormitorio, ed io e Dawn torniamo a casa.
Lei, ad un tratto, rompe il silenzio.
“Non so se te ne sei accorta” dice, sbadigliando. “Ma gli piaci”
Mi giro per fissarla e quasi finisco dall’altro lato della carreggiata. “Sei matta?” replico dopo, senza fiato. “Ma se non mi ha neanche invitata a ballare!”
“Appunto” ripete lei, ribadendo sinteticamente il concetto già affermato da Willow.
“Ma se ha rifiutato il mio invito”
“Andiamo, cercava di darsi un contegno. E’ un uomo di mondo, non un dodicenne!” replica Dawn. “Sei già madre ed ancora conosci così poco gli uomini?”
Mi rendo conto che non li ho mai conosciuti davvero. A volte mi sembra che il mio sviluppo emotivo si sia fermato ai sedici anni. Ad Angel.
“Credo che tu ti sbagli” replico.
“E io credo di no” fa lei con il suo tono più saputo.
Non so più cosa dire. Se anche fosse vero…e dico “se”…sarebbe la cosa più imbarazzante del mondo. Mi è sempre stato insopportabile, e…
“E’ bello, sexy, credo ricco, persino famoso negli ambienti letterari. Cosa c’è che non va?” mi prende in giro mia sorella. “Non è Angel?”
“Piantala” ribadisco. “E rimani con la testa sulle spalle”
“E tu con gli occhi sulla strada” replica lei.
La nostra conversazione termina così. Quando arriviamo a casa, la babysitter (che poi è Janice, l’amica di Dawn da sempre) ci accoglie entusiasta.
“Regali per voi, belle signore”
La fissiamo, incredule. Sul tavolo del salotto fanno bella mostra di sé un bouquet di roselline ed un mazzo di dodici rose rosse dodici. Baccarat a stelo lungo.
Dawn fischia.
Prende le roselline gialle e sorride. Il biglietto dice solo, da un lato, “William Shelby”, e dall’altro “Alla mia rondinella che ha spiegato le ali”.
Io prendo le rose in mano. Sono splendide. Nessuno me ne ha mai regalate di così belle, tranne Angel, quando già era tornato nel letto di Drusilla e mi torturava.
Leggo il biglietto. E sorrido mio malgrado.
In bella calligrafia, con una stilografica, è stato vergato questo breve messaggio: “Nemici Mortali”.



Non dico che stavo pensando a lui quando l’ho rivisto la domenica sera, al Doublemeat Palace, perché non è vero. Stavo pensando alle rose, a quanto erano belle, a quanto erano piaciute a Christine, che aveva teso la manina per toccarle ed il nasino per aspirarne l’odore.
Poi, ho alzato gli occhi, e lui era lì, di fronte a me. Sorrideva.
“Hai scoperto il mio più turpe segreto” gli dico, sconfitta, mentre lui osserva senza scomporsi il mio cappello con la mucca, e la mia divisa. “Tre anni”, dice il mio distintivo.
“Il lavoro è lavoro” commenta lui filosoficamente, e si appoggia al bancone delle ordinazioni. Sono con il dito sulla cassa, pronta a fargli lo scontrino. “Hai un momento?” mi chiede. “Vorrei parlarti di una cosa”.
Annuisco. Batto lo scontrino per due caffè e due fette di torta alle mele e lo pago io. Lui sorride, e mi fa strada verso uno dei separé. La mia collega per la serata mi lancia uno sguardo eloquente, e prende il mio posto.
“Ho avuto la sensazione che tu fossi un po’ a disagio, ieri sera” mi dice. Visto così da vicino, i suoi occhi sono ancora più intensi e trasparenti di quanto ricordassi. Ricordo bene come possono diventare freddi…ma ancora non li ho mai visti così, con quella luce calda che non ha nulla a che vedere con i neon del locale e che ora gli riscalda lo sguardo. “Io, al contrario, sono felice di averti rivisto. Sei una donna interessante, e mi piacerebbe conoscerti meglio”
“Pensavo già ci conoscessimo” replico, ancora sulla difensiva.
“Io credo invece che non ci conosciamo affatto. Andiamo, all’epoca tu avevi diciassette anni, ed io l’autocontrollo di un bambino di cinque anni, per giunta iperattivo.” Rido mio malgrado all’analogia: lo Spike che ricordavo era proprio così. “Tutto era così emozionante, così definitivo…amavo Dru, non potevo vivere senza di lei, e tu morivi dietro ad Angel ed ai suoi giochetti. Credo che quelle persone abbiano davvero poco a che fare con quello che siamo oggi”
“Io sono oggi una donna che lavora con indosso un cappello con una mucca”
Lui fa spallucce. “E allora? Sei brava, se sei resistita tre anni in un posto così, e lo sanno anche loro. Scommetto che tra pochi mesi dirigerai tu la baracca”
E’ probabile, ammetto tra me e me. Si fa carriera in fretta nei fast – food, basta resistere. Ed io sono una campionessa di sopravvivenza.
“Per farla breve, forse dovremmo abbandonare i preconcetti su chi siamo e cercare di scoprirci. Potremmo diventare davvero amici”
Lo studio con interesse. E’ questo quello che vuole da me? Un’amicizia? Perché io? Sono una donna carina: d’accordo, a diciassette anni ero la reginetta della scuola, regina di Homecoming, reginetta di maggio, regina del Ballo finale. Non sono cambiata al punto di diventare repellente, anzi, non sono cambiata quasi per niente, ma non sono Naomi Campbell. Sono alta un metro e sessanta, ho occhi verdi che più di un uomo ha definito bellissimi, magra al limite dell’eccessivo e con un viso che voglio credere bello, di carattere, nonostante il naso un po’ a patata. Sono cresciuta, questo si.
Ed ho una figlia, oltre ad un lavoro sottopagato, e lui non lo sa.
Se vuole un’avventura, casca male, malissimo. Sono la donna meno abbordabile del mondo, se non l’avesse ancora capito.
“Cosa proponi?” gli chiedo, senza sbilanciarmi.
Lui sorride con i suoi soliti trentasei denti.
“Un week – end insieme a Las Vegas”




Quasi mi strozzo con il caffè. Vuole portarmi…a Las Vegas? A giocare d’azzardo? Lui, uno scrittore dai gusti raffinati?
“Adoro giocare a poker, e sono abbastanza inglese da amare la trasgressione che si respira in quella città” mi spiega lui. “Giocare a carte mi da’ l’illusione di riuscire ad esercitare un certo controllo su di me…quando non riesco a vincere, lascio il gioco. Non è per i soldi, ma per il potere su me stesso, sulla mia volontà. Non so se conosci la città, ma è così eccessiva da risultare…affascinante. Potremmo partire venerdì sera…e tornare domenica pomeriggio, se non devi lavorare. Naturalmente, saresti mia ospite in tutto e per tutto”
“Non ci posso credere” commento. “Non ci vediamo da anni…e mi proponi di venire con te nel regno della perdizione?”
“Sì…non è magnifico?” sussurra.
Rispondo prima che la parte razionale del mio cervello abbia il sopravvento.
“Accetto” gli dico. “Ma ad una condizione: stanze separate”
“E’ naturale” sorride lui, come se il contrario non gli avesse nemmeno sfiorato la mente. “Non faremo nulla che non vorrai”
Lo dice come una minaccia, e già mi pento di aver accettato. Non faccio vacanza da…non so, un paio d’anni, ero stata con Riley un Natale nello Iowa, in una disastrosa riunione familiare dove tutti avevano litigato tra di loro. E poi, Cielo, Christine! Come posso lasciarla per andare con uno sconosciuto…che ho sempre odiato…nella città del vizio?
Lui legge le mie perplessità sul mio volto, e mi sorride. “E ‘solo un viaggetto tra amici, rilassati. Prometto che non farò nulla per imbarazzarti, e che non ti lascerò sola per ore e ore mentre gioco a carte. Ci sono parecchi spettacoli a cui assistere, e casinò da visitare, alcuni sono dei veri e propri reperti storici. Ci divertiremo, vedrai”
Lo fisso e mi dico che deve avermi dato di volta il cervello. Io e lui a Las Vegas! E’ assurdo! Se me l’avessero detto solo una settimana fa…
Ma chi sono io per dire di no ad una vacanza pagata in una città che ho sempre segretamente desiderato visitare? So che per Christine non sarebbe un enorme problema: si tratta di meno di due giorni. E poi, Dawn nel week – end è a casa. E volendo ci sono anche Willow, e Xander ed Anya. Anzi, sarebbe una buona idea se Willow si trasferisse da noi per quei due giorni…so che sto approfittando di loro, ma so anche che sono secoli che insistono perché io mi prenda una vacanza. Perché non ora?
Lo guardo di sottecchi, soppesando tutte le possibilità, e dicendomi che – in fondo, in fondo – l’idea di andare con lui a Las Vegas mi attira. E’ un uomo intelligente, almeno questo devo riconoscerglielo, e saprà rendere il viaggio interessante.
“Non ti aspetti nulla da me, vero?” indago. A intenditore, poche parole.
“Cosa dovrei aspettarmi?” replica lui innocentemente. “Allora, siamo d’accordo? Vengo a prenderti venerdì alle cinque di sera. Abiti sempre in Revello Drive, non è vero?”
“Sì, ma facciamo alle cinque e mezza” rispondo, ancora incredula di avergli detto di sì. Lui sorride, come se non si fosse aspettato nulla di diverso fin dal principio.
Restiamo ancora un po’ seduti a parlare del più e del meno (io basita per aver accettato la sua proposta) e poi gli faccio gentilmente notare che devo riprendere a lavorare. Mi ringrazia per il caffè e la torta e mi da’ appuntamento per venerdì. Lo guardo andare via in preda al più totale sbigottimento.
“Chi è quel figo pazzesco?” mi chiede subito Sophie, la mia collega.
“Un amico” rispondo, ancora soprappensiero. “Potresti fare tu il secondo turno, venerdì?”




E’ successo. Sono seduta accanto a lui su di una mostruosità di macchina nera (so che ho già usato questa espressione, ma non me ne vengono in mente di migliori per descriverla) diretta a Las Vegas e fa freddo nel deserto. Mi stringo addosso un maglione bianco, mentre lui accende il riscaldamento. Ascoltiamo i Ramones, e sono troppo stanca per protestare. La settimana è passata in un lampo, cercando di preparare tutto e tutti, e cercando soprattutto di spiegare ai miei amici l’inspiegabile: che sto andando a Las Vegas con Spike.
Christine non deve aver capito che mi assentavo per più delle solite quattro/otto ore, e non ha protestato. Ho avuto la benedizione di Willow e Dawn, e persino quella di Xander e Anya. Xander non ha una grande simpatia per “testa ossigenata”, come ha sempre definito Spike, ma mi rispetta abbastanza da non mettere mai in discussione le mie decisioni. Anche quando ho lasciato Riley, di cui lui era nemmeno troppo segretamente innamorato.
“Hai fame? Ci fermiamo a mangiare un boccone?”
“No, ho più che altro freddo” ammetto. “E sono stanca. Arriviamo presto in città, così potremmo mangiare in hotel e cambiarci”
“Sei pentita di essere venuta con me?” mi guarda di sotto in su, con quei suoi incredibili occhi blu. Qualcosa nel suo sguardo mi fa arrossire.
“No.” rispondo sinceramente, e mi accomodo meglio nel sedile. Nella notte, scorrono dal finestrino le luci dei sobborghi della città del gioco. La nostra meta non è lontana.
In queste ore trascorse insieme abbiamo parlato, ascoltato musica, ci siamo rilassati. Lui non ha fatto nulla di inopportuno, si è comportato con scioltezza. Io sono un po’ più tesa, ma non in modo sgradevole. E’ parecchio che non sono più sola con un uomo, e la cosa un pochino mi innervosisce.
Quando arriviamo alla svolta che porta al centro città, lui mi stringe rapidamente una mano. E’ un tocco veloce, amichevole, ma mi sconvolge fin nel profondo. Le sue dita sono lunghe, calde, ed è così consolante…non faccio in tempo a desiderare che lui tenga ancora la sua mano nella mia, che è già finito.
Sono delusa, ma cerco di non darlo a vedere. Lui ha un’espressione insondabile.
“Siamo arrivati” mi sorride, mentre parcheggia di fronte ad un enorme hotel di vetro ed acciaio cromato. Lancio un piccolo fischio. Non mi aspettavo qualcosa del genere. Lusso sfrenato!
Il portiere gallonato ritira le chiavi della deSoto senza fare nemmeno il più piccolo commento, come se fosse una Mercedes, e Spike mi fa strada verso l’interno. La sua mano tra le mie scapole, a spingermi dolcemente in avanti, è calda, gradevole.
“Il signor Shelby e la signora Summers” ci sorride il concierge. “Stanze 404 e 515. Quarto e quinto piano. Siamo lieti di ospitarla, signor Shelby, abbiamo tutti letto i suoi libri”
Spike ringrazia e segue il facchino che ci fa strada con le valige. Io mi rilasso: non solo abbiamo stanze separate, come promesso, ma anche su piani diversi.
Spike mi accompagna fino alla mia stanza e poi ridiscende verso la sua, dopo avermi dato appuntamento di lì a mezz’ora, per la cena.
Resto sola nella suite, e quasi mi dispiace. Un’enorme vetrata riempie di luci – le mille luci di Las Vegas – l’ampio soggiorno. C’è tutto: frigo, mobile bar, un bagno grande come il mio salotto a Sunnydale. E poi, una deliziosa camera da letto nei toni del ruggine, con un enorme mazzo di rose rosse. Ancora prima di leggere il biglietto so che sono sue. “Ogni tanto bisogna andare in vacanza! Spero che ti divertirai, W.” c’è scritto. Sorrido.
Sento l’impulso irrefrenabile di prendere il telefono e condividere con Dawn il mio entusiasmo per la bellissima stanza, il bellissimo viaggio, i fiori, tutto insomma…compresa la compagnia di Spike. Ma non me la sento di affrontare la sua curiosità, e rimando al dopo cena. Indosso un attillato vestito nero e lo raggiungo nel ristorante.
“Ti piace la tua stanza?”
“E’ splendida!” sorrido, e questa volta sinceramente. “Non avresti dovuto prenotare una suite, solo per me. Troppo spazio, troppo lusso. E le rose…grazie”
“Sono lieta che ti piacciano. Anche la mia stanza è gradevole…per essere un hotel di Las Vegas, non è male. Vengo sempre qui”
“Devono renderti bene, i tuoi libri”
“Abbastanza. Ma non sono un uomo ricco, se è quello che pensi”
“Non lo penso, ma sei sicuramente più ricco di me” sospiro io. “Ma non per questo ti invidio”
“E fai bene” replica lui. “Ho vissuto per talmente tanti anni in bolletta che il benessere economico non ha quasi nessun valore per me. Sono lieto di poter vivere bene, ma non dipendo dai lussi. Me ne concedo di rado”
“Per esempio?” indago.
“Per esempio, portare una donna bella ed intelligente in un posto che mi piace…rischiando le sue ire”
Sorrido. “Non sono arrabbiata con te”
“Non più, almeno. C’era un tempo in cui non mi potevi soffrire…ma spero che quel tempo sia finito”
“Lo è” ammetto serenamente. Da quella sera in cui Spike è venuto al fast food, ho smesso di vederlo con gli occhi del passato. E’ un uomo intelligente, e questo l’ho sempre saputo. Inoltre, credo che abbia sofferto molto. “Forse, sono solo curiosa. Mi chiedo cosa ti abbia tenuto legato tanto tempo a Dru”
“Lei è stata la mia prima ragazza” risponde lui, servendomi del vino. “In tutti i sensi. Ho scoperto con lei l’amore, la passione…e la sofferenza. Sapevo che amava Angel, l’ho sempre saputo, ma all’epoca sembrava naturale dividerla con lui e con Darla”
Lo fisso. Con Darla? In che senso?
“Beh…sessualmente, intendo”
Arrossisco. Così, lui, Angel, Darla e Dru…rabbrividisco. Il quadro che mi sta dipingendo è lontano anni luce dalle mie caste esperienze alla “missionaria” con Angel, Parker e Riley, anche se la cosa non mi stupisce. Affatto.
“Non credevo di sconvolgerti” sorride lui. “Scusami”
“Vai avanti” lo invito, bevendo un sorso di vino della California.
“Abbiamo vissuto insieme per parecchi anni, lo sai. Ed io scrivevo, ed ero felice…quando mi hanno pubblicato i primi lavori, non stavo in me dalla gioia. Il mio editore mi ha consigliato di venire in America per cercare di entrare nel mercato americano. Angel e Darla si erano lasciati, ed ora Angel faceva il detective per la polizia di Sunnydale. Non mi sono posto troppe domande quando Dru ha proposto di trasferirci lì, almeno temporaneamente. La mia casa editrice era a Los Angeles, vicinissima. Sembrava una buona idea”
“Era una pessima idea” sorrido io. “Anche perché Angel stava indagando sul rapimento di una ragazza che frequentava il liceo di Sunnydale. E, guarda caso, la sera prima che lei sparisse eravamo state insieme ad una festa”
“Raccontami il vostro primo incontro” mi chiede lui, mentre servono gli antipasti.
“Mi hanno convocata nell’ufficio del Preside. Sono andata, e c’era quest’uomo che prendeva appunti e registrava le deposizioni dei ragazzi” lo guardo, e sento – con assoluta certezza – di potergli confessare tutto. “Non avevo mai visto un uomo così bello, nemmeno al cinema. Mi girava la testa, e riuscivo a rispondere alle sue domande solo a monosillabi”
“E poi cosa è successo?” mi chiede lui, curioso.
“All’uscita di scuola, mi stava aspettando. Gli chiesi se voleva farmi altre domande…e lui mi rispose che, sì, ne aveva una pronta. ‘Vuoi uscire con me?’ mi chiese, ed io quasi svenni. Che idiota!”
Spike scoppia a ridere, e spegne la sigaretta. “Tipico del grande Angel. Uno sguardo corrucciato e tanto fascino…con una preda così giovane, poi…non ti sei detta che forse era un po’ strano che un ragazzo quasi trentenne facesse la corte ad una sedicenne? Strano, e forse anche illegale”
“Capivo solo che il ragazzo più meraviglioso che avessi mai conosciuto mi aveva chiesto un appuntamento. Gli dissi di sì, ovviamente, ed andammo al Bronze, e lui fu un perfetto gentiluomo”
“Ma naturalmente” sorride Spike, sarcastico. “Era troppo astuto per rovinare il corteggiamento. Scommetto che fu lento e dolce e molto romantico…”
“Esatto” replico io, e mi sorprende quanto l’ironia di Spike, in questo momento, non mi ferisca affatto. Sono arrivata anch’io, da anni, alle medesime conclusioni.
“Fino a che…”
“Fino a che divenne una cosa troppo seria…ed una notte mi fermai a dormire da lui, nel suo appartamento. Avevo raccontato una bugia a mia madre, ma lei telefonò a Willow – che non sapeva niente – e mi scoprì. Quando tornai a casa, all’alba del mio diciassettesimo compleanno, mia madre minacciò di denunciarlo ai suoi superiori. Promisi che non l’avrei più rivisto…se solo lei avesse lasciato perdere. Lei accettò, e per un po’ io ed Angel non ci vedemmo. Ci scrivevamo, però, e lui continuava a ribadirmi il suo eterno amore, e che mi avrebbe aspettato”
“Invece, sedusse Drusilla” commenta Spike. “Ricordi? Tu avevi appena smesso di vederlo, e lui sedusse la mia ragazza. Per l’ennesima volta. Ed io fui così sciocco da venirti a proporti di riprendertelo…pur di tenerlo lontano da Dru”
“E io ti mandai a stendere” lo ricordo benissimo: Spike che veniva con me a casa mia, per parlare del “nostro” problema. Quanto l’avevo odiato, allora! Spike mi aveva aperto gli occhi, mi aveva rivelato con chi Angel passava le notti mentre affettava amore eterno per me. E lo avevo detestato per questo. E la sofferenza mi aveva scavato un buco nel cuore, qualcosa dal quale non ero mai guarita. Finché, un giorno, Angel aveva ammesso tutto. E si era trasferito a Los Angeles con Dru.
“Però, anche il loro rapporto non durò molto” continuò Spike. Finalmente, eravamo sul viale dei ricordi, proprio dove mi intendeva portare. Una volta per tutte, dovevamo chiarire il nostro passato, ero d’accordo. “Angel la lasciò tre mesi dopo, e tornò a Sunnydale, a dichiararti eterno amore. E tu te lo riprendesti”
“Sì, ma non feci mai più l’amore con lui” ammetto, rendendomi a mala pena conto di quanto intima sia questa mia confessione, ed a chi la sto facendo. “Ma più, dopo quella prima, quell’unica volta. Mia madre ci teneva gli occhi addosso, parlò con lui, cercò di convincerlo a lasciarmi…e quando finalmente sembrava che lei stesse cominciando ad accettarlo, tornò Darla.”
“Ed aveva la leucemia. E lui, che era stato il suo compagno per così tanti anni, non si sentì di abbandonarla” conclude Spike per me. “E così, addio Buffy, addio Sunnydale, addio tutti…aveva distrutto me, te ed anche Drusilla, ma cosa contava? Che magnifico egoista!”
“Sembra quasi che tu lo invidi!” commento, colpita dalla sua evidente amarezza…dopo tutti questi anni.
“Per lui è stato tutto facile. Ha avuto donne straordinarie…e le ha respinte, una dopo l’altra. Credi che la bella Cordelia avrà vita diversa?”
“Forse sì” ammetto. “Sono stati amici e colleghi per molti anni, forse per lei sarà diverso.” Gli sorrido. “Ma basta parlare del passato.”
“Non mi hai però detto nulla del padre di tua figlia”
Il bicchiere quasi mi cade dalle mani.
“Mia…mia figlia?” replico. “Come fai…a sapere…”
“Me l’ha detto la tua amica Cordelia”
Cordy, maledetta la sua boccaccia…annaspo alla ricerca del tovagliolo. “Io…non era mia intenzione mentirti. Te l’avrei detto…quanto prima”
“Rilassati, non te ne faccio una colpa” mi dice lui. “Non c’è ancora una tale intimità tra di noi per cui tu debba confessarmi tutta la tua vita. Tua figlia è – immagino – la cosa più importante per te e non mi stupisco che tu non voglia parlarne con un estraneo.”
“Non sei più un estraneo” ammetto. “Ed avrei dovuto dirtelo. Fin dal principio. Non so cosa mi ha preso…”
“Davvero lo pensi?” mi chiede, e leggo nei suoi occhi azzurri l’assoluta sincerità e gravità della domanda. Annuisco: ha smesso di essere un estraneo da qualche parte in mezzo al deserto del Nevada, mentre guidavamo in un silenzio confortevole come una calda coperta.
“Non intendo giudicarti” mi dice lui. “Sei fortunata ad avere una figlia. Hai chi ti ama in modo incondizionato…e poi, non c’è solo lei, ma anche tua sorella, i tuoi amici…”
“E tu?” gli chiedo.
“Io? Lassù qualcuno mi ama…” sorride, citando il titolo di un vecchio film “Sennò, non sarei qui stasera in compagnia di una donna come te”
Qualcosa si agita nel mio petto. Sento ad istinto che il suo non è un banale tentativo di seduzione. C’è una connessione vera tra di noi, qualcosa che – ora lo capisco – in fondo è sempre esistito.
Lui si alza, e mi tende una mano.
“Andiamo! Siamo creature della notte e la tenebra è nostra”
Lo seguo tra le mille luci della città.


Tre ore dopo, abbiamo vinto trecentocinquanta dollari in due: cinquanta io, ed il resto lui. Abbiamo giocato a chemin de fer, alle slot, alla roulette, ed infine l’ho guardato giocare a poker: ed è bravo. Gioca con una calma quasi scientifica, e vince forte. Quando si è accorto che stavo sbadigliando, ha lasciato il tavolo senza nemmeno una smorfia. Abbiamo vagato ancora un po’ per il casinò, vicini pur senza toccarci, ed infine siamo andati nel piccolo teatro. Una ragazza di colore cantava del blues, e ci siamo fermati ad ascoltarla. Parlava di amori finiti male.
Ho cercato di cancellare ogni pensiero dalla mente, ogni preconcetto. Ho avuto sfortuna in amore, forse è vero, ma in parte la colpa è anche mia. Spike aveva ragione, prima: Angel era troppo vecchio per me. Parker era un cretino in cerca di avventure con le matricole del college, e Riley…Riley non faceva per me. Semplicemente, non lo amavo. Mi piaceva, lo trovavo un ragazzo simpatico, rassicurante, ma non lo amavo. Ed inoltre non ero sessualmente attratta da lui.
Ora, stiamo ascoltando la cantante nella saletta in penombra, quasi deserta: Spike la segue con attenzione, ed io guardo lui. E’ un uomo che non ha mai nascosto la sua vulnerabilità: al contrario, ha sempre saputo fare della sua fragilità il suo punto di forza. Ne ha tratto ispirazione per i suoi libri, non ha mai respinto il dolore che deriva dall’amare troppo.
Io, al contrario, dopo l’ennesimo abbandono di Angel ho chiuso il mio cuore. Mi fa paura. Mi fa paura l’idea di dovermi aprire, e sento che con uno come Spike sarebbe più difficile che mai. Lui porta il suo cuore nei suoi occhi espressivi, ed io ne sarei terrorizzata. Non può che aspettarsi altrettanto da una donna, e sento che lo deluderei profondamente. Scuoto il capo: non ha nemmeno senso pensarci. Se diventiamo amici, sarà un’ottima cosa, ma nulla di più, non ci posso neppure pensare.
Non perché non mi piaccia.
Quando le sue mani mi sfiorano, anche casualmente, provo un lungo brivido, qualcosa che va a sommarsi alla gradevolezza del suo odore, al suo calore. Mi stupisce come all’epoca mi sembrasse assurdo, ed ora lo trovo bello.
Trovo belle le sue lunghe mani eleganti, belli i suoi occhi blu, capaci di passare dal freddo del ghiaccio al calore del fuoco in un istante, bella la sua bocca morbida, bello il suo corpo snello, muscoloso, aggraziato. Non è altissimo, questo no, ma non lo sono nemmeno io, e sembriamo fatti per combaciare, lo sento ad istinto. Mi chiedo cosa proverei a baciarlo…e lascio scivolare il mio sguardo sulla sua bocca.
Lui se ne accorge.
Trattengo il fiato, i miei occhi si spalancano. Lo so che guardare la bocca di un uomo è simbolo universale di attrazione sessuale. Ma non volevo…oppure, sì?
Mi guarda, anche lui indugia con lo sguardo sulla mia bocca.
Un brivido mi avvolge. E sento d’un tratto che sarebbe così naturale, così bello, così intenso se…
Arriva un cameriere, e riportiamo entrambi – imbarazzati – la nostra attenzione sulla cantante.
“Sei stanca?” mi chiede lui, dopo un po’, con voce un po’ alterata.
“Sì” replico piano. “La giornata è stata lunga. Che ne dici se…mi ritiro?”
“Ti accompagno” mi dice, e ci dirigiamo verso gli ascensori.
Ora siamo soli.
I numeri scorrono piano sul quadrante…e siamo soli. Io tengo le mani in grembo, improvvisamente conscia del mio corpo, del sangue che mi scorre nelle vene, caldo, impetuoso. Lui fissa le mie mani, e la sua mascella è contratta. Sorrido mio malgrado: sono una donna molto difficile da trattare, evidentemente.
“Ti ringrazio per questa bellissima serata” mi dice poi, e la tensione si stempera. Rilascio senza accorgermene il respiro che stavo trattenendo. “Domani sarà tutto per noi. Chiamami sul cellulare quando sei pronta…se ne hai voglia”
“Naturalmente. Mi sono divertita moltissimo, Spike. Ed è tutto merito tuo”
Usciamo dall’ascensore, e lui mi accompagna alla porta. Mi sorride, e infila la chiave nella porta. Io gli sorrido.
“A domani, allora” gli dico.
“A domani. Buona notte”.
Chiudo la porta sul suo volto sorridente, disteso.
Attendo un istante, sorrido tra me e me, e la riapro.
Senza parole, intreccio le mani intorno al suo collo e lo attiro a me. Le nostre labbra si uniscono spontaneamente, senza bisogno di parole, di spiegazioni. Senza imbarazzo.
E questo bacio ci cambia la vita.




Quando richiudo la porta per la seconda volta, mi rendo conto che non abbiamo parlato. Il bacio è stato meraviglioso: ha suscitato in me emozioni profonde, che non credo di aver mai provato prima. E’ stato un bacio semplice, dolce senza essere melenso, appassionato senza essere lascivo. E’ stato un momento dolcissimo, eppure molto naturale. Non mi stava seducendo, non lo stavo seducendo.
Ce lo siamo donato.
Ci siamo fissati un attimo e poi ci siamo sorrisi. Era semplicemente troppo presto, troppo prematuro per parlarne. Volevo solo andare a dormire, a sognare di quel bacio, la testa sul cuscino. Ed ho il sospetto che anche lui desiderava fare la stessa cosa.
Così, ho richiuso la porta e sono andata saltellando in bagno.
E’ stata una serata meravigliosa.



Ci siamo rivisti a colazione, sorprendentemente senza imbarazzo. L’ho chiamato sul cellulare, e poi ci siamo seduti insieme al tavolo, indugiando tra fette imburrate, caffè forte e succo d’arancia. Abbiamo parlato del più e del meno, e ci siamo sorrisi, ed i nostri gesti avevano la dolcezza profonda di un sentimento che nasce, una sensazione irripetibile.
Non ho voluto pensare ai miei problemi, a Christine, al lavoro, al college di Dawn da pagare. Non ho voluto soprattutto pensare alla mie difficoltà emotive, alla mia freddezza interiore. Non mi sta chiedendo ancora nulla: né amore, né passione. Ci stiamo conoscendo, e per me – ora – va benissimo così.
E’ davvero un peccato se mi concedo di sentire, di apprezzare la sensazione calda che mi da’ la sua presenza? Ci saranno prezzi da pagare, ma non voglio pensarci ora. In fondo, l’ha detto anche Spike: ogni tanto bisogna concedersi una vacanza.
Andiamo a fare un giro per la Strip e la luce del sole mattutino sembra persino troppo forte in questo mondo eminentemente notturno, perennemente illuminato dalle luci dei casinò. Invece, in fondo è una città come un'altra: la gente fa la spesa, mette benzina, si incontra nei caffè ai lati della strada. E mentre stiamo ammirando i vecchi casinò, i più fastosi, quelli dove cantavano il Rat Pack (Sinatra, Sammy Davis Jr., Dean Martin e quell’altro di cui non ricordo il nome) ed Elvis, il re, lui mi prende di nuovo la mano, ed è semplicemente perfetto.
Mi rendo conto che la gente ci guarda: siamo una coppia, in questo momento, e siamo belli. Lui è quel tanto più alto di me da risultare giusto, entrambi biondi, entrambi sorridenti. C’è in noi un’armonia particolare, qualcosa che forse non ho mai avuto prima con i miei amanti.
E non lo siamo ancora, amanti.
E’ tutto fresco, nuovo, pulito.
Visitiamo un paio di bizzarri musei, e per scherzo assistiamo ad una cerimonia di nozze. Lui ride quando io afferro al volo il bouquet, facendo arrabbiare le due amiche della sposa. Lo restituisco, e mi metto a ridere. Avrei potuto sposarmi, con Riley, me l’ha chiesto mille volte. Ma sono io che non ho voluto. Mio malgrado, racconto a Spike di Parker, quell’idiota. E giungo persino a raccontargli di Richard, un amico di Xander, un bel ragazzo bruno che mi ricordava fisicamente un po’ Angel (senza essere così bello, naturalmente, né così tenebroso: nessuno è bello e tenebroso come Angel), con cui sono uscita un paio di volte durante la mia gravidanza. Lui non si era fatto alcun problema per il mio stato, ma il mio cuore, come al solito, era assente. Freddo, immoto…indifferente. Non avevo più voluto uscire con lui, temevo un altro Riley in agguato.
Ora non è così.
Fisso di nuovo di nascosto il mio compagno, e mi rendo conto che potrei provare ogni tipo di sentimento, per Spike, ma mai l’indifferenza. Semplicemente, è impossibile.
continua by Roberta
L’ho odiato, disprezzato, temuto, quando con parole come paletti ed occhi di ghiaccio mi costringeva ad aprire gli occhi di fronte alla verità: Angel e Dru, Angel e Darla.
Poi, sono stata intrigata dalla sua ironia, dalla sua voglia di vivere, dalla sua maledetta abitudine di andare subito al nocciolo dei problemi. Ed ora, sono riscaldata dalla sua presenza sensuale, eppure ancora così dolcemente casta, dai suoi occhi blu che si accendono al vedermi, dal tocco caldo delle sue dita nelle mie, dal calore eccitante e profondo del suo bacio, ieri sera, che mi ha fatto scorrere il sangue nelle vene come mai prima.
Con lui, non sono indifferente. Potrei odiarlo, questo sì, ma non potrei mai essergli indifferente.
Non dico che lo amo. Ho un po’ perso dimestichezza con questa parola: non so bene cosa significhi. Ma amo mia figlia, mia sorella, il ricordo di mia madre, i miei amici. E sento che questo caldo affetto potrebbe facilmente dilatarsi fino ad inglobare lui.
In un angolo privato della mia mente.
Una canzone invade la strada illuminata dal sole, provenendo da un vicino bar. Riconosco le parole: “Andrò a fondo con questa nave, non ci sarà una bandiera bianca sulla mia porta: ti amo e sempre ti amerò”. Quando vidi il video, su MTV, pensai improvvisamente, stranamente ad Angel: l’attore che lo interpreta un po’ gli assomiglia. Un po’: Angel è più bello. Poi, pensai che le parole descrivevano bene il mio sentimento per lui: perduto da così tanti anni, eppure sempre presente. Per sempre.
Lasciatemi dire che in questa giornata di sole, accanto a quest’uomo singolare con gli occhi più blu del creato e la fisionomia più sexy ed insieme vulnerabile del mondo, non ne sono più tanto sicura.




“A cosa stai pensando?” gli chiedo, mentre lui riposa vicino a me dopo il pranzo, consumato in un ristorante all’aperto. Abbiamo bevuto un caffè espresso, e vedo che lui sta fissando il cielo. In questo momento, i suoi occhi sono di un azzurro tenue, sembrano riflettere quella lontana superficie.
“A te. A questa vacanza. A come sto bene”
“Vieni da un periodo difficile?” gli chiedo.
“Ero a Seattle, prima di ricevere questa chiamata dall’Università di Sunnydale. Ma stavo soffrendo il freddo, e meditavo comunque di scendere a sud. Ho scritto un po’, un romanzo, questa volta. Approfitterò di questo periodo qui in California per finirlo.”
“Davvero? E di cosa parla?” gli chiedo, incuriosita dal suo lavoro.
“E’ una specie di giallo. Lo so, non ci ho mai provato, ma mi va di sperimentare qualcosa di nuovo. Del genere, donna sola incontra sconosciuto pericoloso: è passione, o dramma?”
“Davvero?” mi stupisco. “Mi sembra molto Mary Higgins Clark, ma se lo scrivi tu…Non vedo l’ora di leggerlo. Confesso che ho letto tutti i tuoi libri”
“E ti sono piaciuti?” indaga lui, con uno dei suoi sorrisi ironici.
“Mi hanno esasperato, divertito, preso in giro…e sì, mi sono piaciuti”
“Allora ti piacerà anche questo. Vedrai” mi promise lui. “Altrimenti, sei libera di mandare la tua richiesta di danni all’editore”
Ridiamo insieme. Lo sa anche lui quanto può essere esasperante.
“Cosa pensavi di fare, questo pomeriggio? Siamo ai suoi ordini, signora”
Lo fisso e sorrido. “Mi giudicheresti una vecchia madama se volessi fare un…pisolino? Divertirsi stanca. Poi, potremmo giocare un po’ a poker…so che non sei venuto a Las Vegas per giocare, ma ho visto come ti riesce bene.”
“Ti accompagno, allora”
Ci avviamo verso l’hotel, e lascio la mia mano nella sua. Me ne deriva un conforto francamente sproporzionato all’entità del gesto. Ma mi piace da morire questa nuova intimità che si sta instaurando tra di noi. Quando siamo davanti alla porta della mia camera, gli sorrido.
“Che ne diresti di fare il pisolino…con me?” gli chiedo.
Lui mi fissa, gli occhi più grandi. Spero che non mi fraintenda. Non mi delude, e non lo fa.
Ci accoccoliamo sul letto, vestiti, e lui mi prende tra le braccia. Appoggio un istante la testa contro il suo petto, e subito mi addormento.
E’ il sonno più tranquillo che conosco da molto tempo.


E’ un breve sonno pomeridiano senza sogni, e quando mi risveglio sento che lui mi sta accarezzando i capelli e mi sta sfiorando la fronte con le labbra. Faccio finta di dormire ancora per godermi la sensazione. Mi rendo conto improvvisamente che mi sta trattando così come io tratto Christine, ma non mi sento per niente infantile per questo. L’idea di dormire con lui non è nata dal desiderio di sedurlo: le mie esperienze con gli uomini, sino ad ora, mi hanno reso tutto fuorché una ninfomane. Al contrario, volevo che la nostra intimità si accrescesse…e così è successo.
“Buh!” gli faccio, aprendo gli occhi di scatto. Lui sussulta dalla sorpresa. “Cattiva, ti sei svegliata” mi rimprovera con un sorriso. “Ti diverte lasciarmi credere che dormivi?”
“Sì” ammetto soddisfatta. “Accarezzami ancora, mi piace. Con la mia bambina, lo facciamo sempre. Dormire insieme e coccolarci, intendo”
Lui sorride. “E’ la prima volta che mi parli di lei di tua spontanea volontà. Si chiama Christine, vero? Ti ha cambiato la vita?”
“Più di quanto credevo. E’ una bambina meravigliosa, mi sorride sempre. Io l’adoro, semplicemente”
“Vuoi parlarmi di suo padre?” mi chiede, sistemandosi meglio sul letto, e spostando il braccio destro intorno alle mie spalle, accarezzandomi i capelli. Una volta, tanti anni prima, durante una delle nostre consuete liti, mi disse che avevo degli “stupidi capelli”. Chissà cosa intendeva?
“Dobbiamo proprio?” insisto, facendo il broncio. E poi sospiro, di fronte ai suoi occhi curiosi. “L’ho conosciuto il primo anno di università. Era un allievo del corso ufficiali dei marines, e si stava laureando. All’inizio, credevo che fosse interessato più a Willow che a me, parlavano sempre insieme…ma lei cominciò ad uscire con la povera Tara, e lui ed io cominciammo a frequentarci”
“Che tipo era? Fisicamente, intendo?” mi interrompe Spike.
“Alto, tanto per cambiare. 1,90, forse di più, capelli biondi, occhi grigi…un bel ragazzo. Giocatore bravissimo di basket, tra l’altro. Dello Iowa. Casa, patria, famiglia”
“Piuttosto diverso da Angel”
“E’ quello che ho pensato anch’io” ammetto. “Così diverso…sapevo per istinto che non mi avrebbe mai lasciato. Ed infatti, lui ha sempre mantenuto la sua parola. Sono io che mi sono staccata da lui, quanto più lontano ho potuto quando mia madre ha cominciato a stare male…qualche tempo dopo la sua morte, abbiamo ripreso a vederci, ma io mi sentivo sempre più distante. Quando è partito, ho scoperto di essere incinta…e non ho pensato neppure per un istante che avremmo condiviso questo figlio insieme. Lui ha finalmente capito che non c'era posto nelle nostre vite per lui, ed ha sposato un’altra, una sua collega”
“Non sei pentita?” mi chiede lui, accarezzandomi un braccio. Lunghi brividi mi scorrono sulla pelle, e sollevo gli occhi di sotto in su, per guardarlo. Ma lui fa finta di niente, ed è concentrato sulle mie parole.
“No…” sussurro. “Oggi meno che mai”
Lui sorride soddisfatto.
“Che ne diresti di scuoterci la pigrizia di dosso?” mi chiede, quando la mia vicinanza, in quel letto, diventa evidentemente…poco confortevole per lui. La cosa quasi mi commuove. Allora, non gli sono indifferente.
“Quali sono le tue intenzioni?” gli chiedo, riferendomi alle ore prima della cena che si stendono ancora dinnanzi a noi. Lui mi sorride, ma improvvisamente ho la sensazione che non stia parlando del pomeriggio.
“Tutte orribili…non hai idea quanto. Ma temo che l’avrai, tra breve, se non scendiamo da questo letto”
Gli sorrido, gli occhi fissi su di lui. Non ho paura del sesso, non l’ho mai avuta, e sarebbe facile a questo punto scoprire se è vero che sono una natura poco appassionata…od il contrario.
Ma sento che non vuole svilire quello che sta nascendo tra di noi, ed io nemmeno. Non è saltandoci addosso che diventeremo più uniti…non subito, almeno.
Sospiro e scendo dal letto.
Lui mi afferra gentilmente per la coda di cavallo.
“Adoro i tuoi capelli” mi sussurra, le labbra a pochi millimetri dal collo. Un brivido mi scorre lungo la schiena, un brivido di sensualità pura. Ancora non c’è stato quasi nulla tra di noi, ed ho già capito che è in grado di accendermi come nessun uomo prima.
“Hai detto che erano stupidi” replico da vera idiota.
Lui sorride, e la sua bocca trema vicino alla mia pelle. Con un gesto rapido, il suo braccio scivola intorno alla mia vita, appena sotto il seno, e mi attira a sé. Il suo corpo è snello, incredibilmente forte. Il respiro mi si blocca in gola.
“Ero io lo stupido. Troppo invidioso di Angel per ammettere con me stesso che quell’idiota stava lasciando una donna splendida come te per quella lunatica di Dru. Ero stupido, ma non cieco, Buffy”
Il complimento mi da’ alla testa. L’adulazione può tutto, me ne rendo conto in quest’istante. Ho dimenticato tutti i miei buoni propositi: voglio solo saltargli addosso.
Ma lui mi lascia andare.
“Andiamo?” mi sorride, con quel suo sguardo malizioso da monello.
Rimetto a posto i miei ormoni sconvolti, e vado a pettinarmi.



Lui gioca a poker tutto il pomeriggio, e va benissimo, perché mi sento pigra al punto da non far nulla se non sollevare bibite analcoliche alle labbra ed osservarlo.
E’ bellissimo.
Ogni tanto lui solleva lo sguardo dalle carte e mi sorride. Ed io risento addosso il profumo del suo corpo, la sensazione delle sue labbra a sfiorarmi la pelle. Ormai so, fin dentro l’ultima cellula del mio corpo, che un giorno saremo amanti.
E’ solo questione di tempo.
E di cocciutaggine.
La mia o la sua? Me lo chiedo, osservandolo. Sta vincendo forte, molto più di ieri. Mi rendo conto che non mi ha portato qui a Las Vegas per sedurmi…non in modo grossolano, se non altro. Ha avuto più di un’occasione, e non ne ha approfittato.
Ma questo non vuol dire che non stia efficacemente seducendomi lo stesso. Una settimana fa ero a disagio con lui, ora sto aprendo la mia mente (e non solo quella) all’idea che presto mi possieda.
Gioco con l’idea di far l’amore con lui stanotte stessa: nella peggiore delle ipotesi, so che sarà dolce, consolante, avere di nuovo un corpo bello e maschile accanto a me.
Ma sento che lui vuole altro da me, e questa certezza che fino a stamattina mi spaventava, ora – improvvisamente – mi attira. E se provassi a lasciarmi andare, emotivamente, intendo?
Una paura gelida mi assale. Rischierei di spezzarmi il cuore, di nuovo. Lo sento ad istinto. Perché lui non può essermi indifferente.
Quando finisce di giocare, mi mette una manciata di fiches in mano. “Buffy, devo fare una cosa. Gioca un po’ a quello che vuoi…ti raggiungo subito”
“Le vincite saranno tue” lo ammonisco. Sa che non può in nessun modo comprarmi.
“Certo” sorride lui, baciandomi una mano, e sparendo.
Mi chiedo cosa diavolo stia architettando e vado ad un tavolo di roulette. So che ha vinto parecchio, almeno diecimila dollari, ma se intuisco bene come credo le cifre che viaggiano sulla colonna “imponibile” della sua dichiarazione dei redditi, so che questa vincita non è che argent de poche.
Gioco e regolarmente vinco quel tanto che ho giocato. La prudenza è sempre stata una delle mie virtù. O dei miei difetti?
Lui torna mezz’ora dopo, trafelato.
“Andiamo” mi dice, e mi porta in uno dei divanetti del vicino caffè. Prende da una tasca una benda di seta nera e sorridendo me la fa dondolare davanti agli occhi.
“Ti fidi di me?” mi chiede. Io sorrido. Vuole passare da un bacio al bondage? Bene, bene…In pubblico?!
“Mai” gli rispondo con un filo di voce, e gli tendo docilmente le mani.
Lui scuote il capo, divertito. Prende la benda e me la posa intorno al capo, davanti agli occhi. E poi stringe. Ardo dall’imbarazzo e dall’eccitazione. Un brivido tutt’altro che casto mi scuote. Mi chiedo – non per la prima volta - come sarebbe fare l’amore con quest’uomo così imprevedibile.
Sento qualcosa di freddo, di gelido sul collo, lasciato scoperto dal mio cardigan azzurro.
Alzo le mani al capo e mi tolgo la benda. Mi giro per riflettermi allo specchio ed ho sul collo diecimila dollari di collier di diamanti.
Allibita, lo fisso.
Sono indecisa tra uno schiaffo ed un bacio.
Questa volta decide lui.



Appena sento le sue labbra sulle mie, chiudo le mie braccia intorno al suo collo e mi perdo nel bacio. Questa volta, non è tanto casto. La sua lingua scivola nella mia bocca, e subito l’accolgo, con gioia e piacere, con una sensazione di appartenenza che mi sconvolge. Le mie dita si perdono nei suoi capelli di seta, e mi stringo più forte al suo corpo. Lo desidero. Lo desidero follemente, e lo odio perché mi ha regalato un collier che vale come un quinto dell’ipoteca sulla casa di mamma. Lo odio perché mi fa sentire quanto sensuale sia sentirsi comprare. E lo odio perché so che non mi sta comprando affatto.
Mi stacca da sé, senza fiato, e rimaniamo vicini, le labbra vicine, a prendere ossigeno, prima di riunirsi ancora, e poi staccarsi, e poi riunirsi.
Infine, mi prende per le spalle, e mi allontana da sé, guardandosi attorno. Nessuno ci osserva, nessuno guarda veramente gli altri a Las Vegas, ma siamo in pubblico, e quanto sta avvenendo tra di noi, anche se apparentemente sono solo baci, è quanto di più privato esista.
“Non voglio offenderti. E non voglio adorarti come si adora una dea. Ma ho vinto diecimila dollari, e non riesco ad immaginarne un uso migliore che comprare qualcosa da mettere sulla tua pelle, perché tu mi senta vicino.”
“Lo so” rispondo, gli occhi scuriti dalla passione che solo lui sa suscitare in me, la bocca gonfia per i suoi baci. “Cosa facciamo?”
“Sei tu a dovermelo dire ma, Buffy, ti prego, non giocare con me”.
Cerco di calmarmi. “Terrò il collier” gli dico “in ricordo di questi giorni meravigliosi e perché so che non sei più povero senza quei diecimila. Ma dobbiamo andare piano, Spike. Io sono una donna terribile: credo di non sapere amare. Non meriti che ti tratti come ho trattato Riley…e non lo merito nemmeno io”
Lui mi fissa, e mi sorride, ora più calmo.
“Dolcezza, io non sono Riley”
“Lo so” ripeto. “E forse è questo che mi spaventa”
“La notte è ancora giovane” mi dice lui, improvvisamente più sereno. “Andiamo a cena. Voglio che tutti vedano quanto sei bella”
Se da un lato sono sollevata che la nostra conversazione non sia finita con una rapida ruzzolata in camera da letto, dall’altro sono fortemente delusa.
Ma andare piano è diventato il nostro mantra, e ci atterremo ad esso.
Fino a che ci riusciremo, almeno.



Ho indossato il collier anche per la cena, sul mio unico abito da sera (per la curiosità del lettore, lungo, bianco, con una scollatura piuttosto profonda) ed abbiamo ballato guancia a guancia. Lui mi ha tenuto sfiorandomi la pelle con la punta delle dita, con le labbra…ed il mio corpo ha reagito in un modo che mi ha sconfitta. Sono sua, e non lo sa ancora.
E’ solo questione di tempo, mi dico. E poi, che succederà? Lo so già, in fondo. Lui non ha problemi economici, è un uomo sexy, estremamente attraente, può avere qualunque donna ….o uomo…che desideri.
Perché me?
La bellezza dei quindici anni è da tempo svanita, temo, ed ho un lavoro mal pagato ed una bambina piccola, avuta con un altro uomo. Cosa può cercare in me? Non sono raffinata, né intellettuale, né bellissima. Sono una donna comune. Quando l’avventura sarà finita, mi rimarrà un collier da diecimila dollari, e qualche bel ricordo. D’accordo, qualche bellissimo ricordo.
Null’altro.
Non so se reggerei quest’altro colpo.
Angel dice di avermi amato, ma non abbastanza. Non abbastanza da sfidare mia madre, da rovinare la sua carriera, da rinunciare alla bella Dru, da non esserci per Darla. Non abbastanza per stare con me. Esattamente come mio padre. Mi amava, ma non abbastanza.
Perché mai quest’uomo che ha tutto dovrebbe amarmi a sufficienza da restare?
In un momento di personalissimo sconforto, sono tentata di accelerare i tempi. Così da ritrovarmi il prima possibile al punto di partenza, sola.
“Andiamo in camera?” gli dico, e dev’esserci una luce particolarmente delusa nei miei occhi perché lui mi scruta con attenzione.
“Non mi sembra quello che vuoi davvero” mi dice. “O sbaglio?”
“Mi sto chiedendo quanto durerà quest’avventura” gli rispondo con sincerità. I suoi occhi si incupiscono.
“Ho mai detto che lo sia? Un’avventura, dico”
“Cos’altro potrebbe essere?” rido, amaramente.
Mi guarda con occhi così scuri da sembrare improvvisamente, nella penombra della sala da ballo, neri. “Scommetto che tu, Buffy, non riconosci una cosa buona quando ti capita nemmeno se ti morde il sedere”
Adesso è infuriato. Oh, oh, conosco bene le sue ire. Lo rendono ancora più sexy, e pericoloso. Ed improvvisamente mi dispiace di aver detto quello che ho detto. In fondo, non posso aver la presunzione di conoscere perfettamente le sue intenzioni.
Lo lascio andare, mi allontano da lui.
“Mi dispiace, non volevo offenderti” gli dico. “E’ che…”
“Smettila di misurare tutti con il metro con cui misuravi Angel…e tuo padre” mi rinfaccia. “Io sono io. E, se permetti, ritengo di essere diverso da loro”
Arrossisco. E’ esattamente quello che ho sempre fatto e lui, come al solito, mi ha smascherata.
“Forse è meglio se questa serata finisce qui”
Annuisco, con il cuore a pezzi. Come al solito, ho rovinato tutto. Mi viene da piangere. Lui se ne accorge, e mi passa un braccio intorno alle spalle, portandomi verso la piscina, deserta a quest’ora. “Cosa devo fare per convincerti che sono sincero?” mi chiede, cercando anche lui di dominare la sua furia per essere vittima dei miei inveterati pregiudizi.
“Niente. Sono io che sono sbagliata” gli rispondo.
Lui mi solleva il mento con due dita. “Buffy, abbiamo tutti e due sofferto. Ma non si può smettere di amare. Non si deve mai smettere d’amare. E’ questo il senso del vivere, almeno per me”
Chiudo gli occhi e lui mi bacia. E’ dolcissimo, e per la prima volta consento a me stessa di accettare la possibilità che il suo sia un sentimento sincero.
Ci avviciniamo verso la mia stanza, lo saluto con altri baci, e lui mi lascia sola.
“Era davvero quello che volevi, Buffy?” mi chiede una voce interiore, la più noiosa di tutte.
Va’ al diavolo, le rispondo, e mi metto a letto.




Non so se ho del tutto superato il problema della mia difficoltà ad accettare le buone intenzioni degli altri, e già subito se ne profila un altro. La mia (presunta) incapacità di amare.
Passiamo una mattinata tranquilla, e poi ci prepariamo, subito dopo pranzo, per il ritorno. Sono stati due giorni meravigliosi, e non li dimenticherò mai. Il collier è al sicuro nel mio beauty, e lo terrò per sempre come un dono prezioso…quale che sia il nostro futuro insieme.
Lui non sembra più arrabbiato, e la sua mano torna a stringere la mia. So che l’ho ferito con il mio cinismo, ma lui ha saputo superare il mio atteggiamento disfattista con la sua sicurezza interiore di ciò che è, e ciò che vuole. Non è impresa da poco, ce ne rendiamo conto entrambi.
Ci baciamo a lungo, ogni volta un po’ più intensamente. Sessualmente mi attira come mai nessuno prima: ed ho dormito a stento, stanotte, tormentata dall’idea della sua vicinanza e dall’aver scioccamente buttato via la possibilità di una meravigliosa notte insieme.
Ma c’è tempo. Ci sarà tempo, se saprò smettere di farmi del male.
Quando ci avviciniamo a Sunnydale, un’ondata di rimpianto mi assale.
“Andiamo, ci saranno altri week - end così, te lo prometto” mi sorride lui, stringendomi più forte la mano. Seguendo un impulso, sollevo la sua e la sfioro con le mie labbra.
Lui sussulta a questo mio inatteso gesto di affetto. Ferma la macchina sul ciglio della strada e mi prende tra le braccia. Ci baciamo con avidità, come disperati.
“Sapessi quanto ti desidero…” mi sussurra, la bocca sul mio collo, le dita a sciogliere i bottoni della mia camicetta per cercare finalmente accesso ai miei seni. Mi inarco tra le sue dita, inebetita a mia volta dal mio desiderio.
“Portami a casa tua” gli sussurro.
“No” replica lui. “Tua figlia e tua sorella ti aspettano per le quattro”
Era vero. Christine…Dawn…sono una madre ed una sorella orribile se dico che - per un istante – le ho completamente dimenticate?
“Ho sciupato tutto questo tempo…” gli dico, fissandolo negli occhi.
“Shh…non abbiamo sciupato nulla” mi sorride lui, occhi negli occhi, ed i suoi sono splendidi, blu come piccoli, incantevoli laghi. “Quando succederà, sarà ancora più bello”
Annuisco, e mi rassetto mentre lui rimette in marcia la deSoto.
C’è una nuova serenità tra di noi, qualcosa che nasce, anche, dallo scoppio di sensualità di poco fa. Mi rendo conto che, malgrado tutto, siamo già amanti. E forse, probabilmente, non solo.
Quando arriviamo a casa, gli sorrido e lui mi accompagna dentro. Sono contentissima all’idea che veda finalmente Christine, e soffoco un gemito di delusione quando leggo il biglietto di Willow: sono andate ai giardinetti.
Sto per invitarlo a bere qualcosa quando lui mi salta addosso. Scoppiamo entrambi a ridere, certi di non poter far nulla (le ragazze potrebbero essere qui da un momento all’altro), ma siamo felici come non mai. Lui mi guarda sorridendo, e mi dice qualcosa che – per quanto possa apparire incredibile – non mi aspettavo: “Mi sto innamorando di te”. Sono felice, compiaciuta, spaventata. E non so cosa rispondere.
Ed è in quel momento che suona il telefono.
Lascio le sue braccia e la sua bocca sorridente per andare a rispondere.
E’ Angel.



Lui capisce dalla mia espressione, ed i suoi occhi si incupiscono mentre mi osserva. Non mi volto, gli resto davanti, il ricevitore saldamente nella mano. E’ Angel. E mi sta chiedendo di vederlo. Dice che dobbiamo parlare.
“Vorrei incontrarti a Carmel” mi dice Angel. “Ti prego. E’ un momento difficile. Ho preso un’aspettativa di tre mesi per occuparmi del bambino…e ci sono delle cose sulle quali devo finalmente fare chiarezza. Anche con te. Soprattutto con te, Buffy”
Sento la sua voce, e guardo gli occhi di Spike, ora gelidi, anche se la sua fisionomia è impassibile. Ma so già che è un ottimo giocatore di poker, l’ho visto all’opera.
Malgrado tutto, non mi sento di dire di no ad Angel. Troppo ci ha uniti…anche quando siamo stati fisicamente distanti.
“Vediamoci domani, in serata.” gli dico, senza abbassare la voce. “Hai qualcuno a cui lasciare il bambino?”
“Ci sarà Cordy con lui. Ti ringrazio, Buffy” la sua voce mi accarezza l’orecchio, ma non fa nulla per dissipare il gelo che è sceso nella stanza.
Le risate, i baci di due minuti prima sembrano svaniti per sempre.
“Domani…”comincio.
“Shhh” mi dice Spike, e mi mette un dito sulle labbra. Chiudo gli occhi, brevemente: so che capisce, ma non per questo approva. “Non devi spiegarmi nulla”
I suoi occhi tempestosi raccontano però un’altra storia. Vorrei spiegargli davvero, dirgli che quello che Angel mi dirà non cambierà nulla, che ho appena trascorso con lui i due più bei giorni della mia vita. Ma in quel momento tornano le ragazze.
“Ciao!” mi saluta Dawn, con Christine tra le braccia e Willow al seguito. Bacio e abbraccio la mia bambina, provando sentimenti molto contraddittori: mi è mancata molto, davvero, ma avevo proprio bisogno di qualche giorno per me sola. Spike forza un sorriso e bacia tutti sulle guance, e coccola la bimba. Abbandono Christine nelle braccia di Willow con la scusa di accompagnarlo alla porta.
“Spike, io…”
“Non importa, Buffy, davvero” replica lui. “Hai il mio indirizzo ed i miei numeri di telefono. Quando torni da Carmel…se ti va…ne parliamo”
Annuisco, e lo vedo andare via. Ho un peso sul cuore, mio malgrado.
“Avete litigato!” mi accusa Dawn. “Sei stata in una delle città più fantastiche del mondo con un uomo super sexy che ti adora ed avete litigato!”
“Piantala” le dico debolmente, di pessimo umore. Mezz’ora fa ardevo di gioia e vitalità. Adesso mi sento delusa…e vagamente colpevole.
Ma colpevole di cosa, mi dico? Angel è, se non altro, un vecchio amico, e se ha bisogno di parlarmi, chi sono io per negargli un po’ della mia attenzione?
Anche se questo ferisce Spike, mi chiede la mia dannatissima voce interiore. “Che cresca!” le rispondo, ma non sono convinta, e lo sa anche lei.
Dire che l’atmosfera è rovinata è dire poco.



Racconto a Willow e a Dawn del nostro week – end, ma non mostro loro il collier. Non vorrei che equivocassero il gesto di Spike, che per me – invece – è limpidissimo. E’ davvero stato un dono affettuoso e l’ho accettato come tale. Dawn, quando siamo sole, mi chiede con la sua faccia da schiaffi se “ci sono stata a letto”.
“Non sono affari tuoi!” le rispondo, indignata.
“Scommetto di no” replica lei. “Altrimenti, non avresti quell’aria delusa”
“Oh, piantala”
“Non vi siete neanche baciati?” insiste lei.
La malinconia mi assale. Sì, ci siamo baciati. Ed è stato dolcissimo. E se non succedesse più? Se il nostro passato ancora una volta ci dividesse?
Lei appoggia la sua guancia sulla mia spalla e mi da’ un consiglio sensato. “Non buttare via una buona occasione…è un uomo in gamba, e mi sembra sinceramente interessato a te. Se ti piace, non lasciartelo scappare. La solitudine non è una buona consigliera.”
“Mi piace” confesso. “Dawn, mi piace da morire. Sono stata benissimo con lui…ma poi ho rovinato tutto. Angel mi ha chiamato e subito sono accorsa all’appello. E tu sai quello che lui prova per Angel…”
“Angel, sempre Angel!” sbuffa lei, esasperata. Ma non è così semplice. Non è mai stato così semplice.
E così la sera dopo, finito il mio doppio turno, parto per Carmel a bordo della mia utilitaria. Mi rendo conto che sebbene questo sia il mio primo appuntamento con Angel dopo un’infinità di tempo, non mi sento affatto eccitata. Triste e depressa rende meglio l’idea. Non ho potuto fare a meno di pensare a Spike per tutta la giornata, ed ho spiato la porta d’ingresso del Doublemeat per tutto il tempo. L’altra volta era venuto, no?
Ma adesso no. Non è venuto e non ha telefonato. Ha lasciato la porta chiaramente aperta a che io gli telefonassi. E naturalmente, non l’ho ancora fatto. Che idiota.
Mi incontro con Angel in un ristorante sulla tangenziale dove siamo stati insieme più volte. Lui ha una macchina sportiva (gli sono sempre piaciute) ed è bellissimo come al solito. Mi prende per le spalle e mi bacia lievemente sulle labbra. Non è un bacio appassionato, ma è dolce, è come una vecchia, confortevole coperta. Ci sediamo ad un tavolino interno.
“Sono contento che tu sia venuta. Ti vedo in splendida forma. Sei stata in vacanza?”
“Un paio di giorni a Las Vegas” confesso. “Ed il tuo bimbo?”
“Sta benissimo. Ha già messo su due etti”
Sorrido. Solo i genitori di bimbi molto piccoli conoscono l’importanza della bilancia.
“Ho voluto vederti perché ho qualcosa da confessarti…ed altre cose di cui parlarti. E volevo farlo subito, prima che la routine tornasse a dominare la mia vita.” mi dice, e nei suoi occhi scuri leggo finalmente le ragioni per le quali l’ho tanto amato.
E’ bello, sexy, tenebroso, sicuro. Ma è anche un uomo intelligente, pieno di passione, di tenerezza contenuta. Non ha avuto un’infanzia facile: parecchi problemi con il padre, un’emigrazione ancora in giovane età prima in Inghilterra, e poi negli Stati Uniti. Un lavoro impegnativo, quello di detective, ed un’aspirazione artistica mai realizzata.
Mi tende una mano, e gliela stringo spontaneamente. Quando mi baciava, all’epoca, mi sembrava di morire: il sentimento che provavo per lui era di forza tale da spaventarmi. Ma la vita, le circostanze, la differenza di età, i suoi problemi, il passato, tutto ha contribuito a dividerci. Un po' lo rimpiango.
“Alcuni giorni prima che le sue condizioni si aggravassero, io e Darla…ci siamo sposati” mi confessa. Fisso le sue dita e mi accorgo che porta una sottile vera di platino all’anulare. Il claddagh d’argento che ci eravamo donati è scomparso da tempo. “Per il bambino, in parte. Essere suo marito rendeva più facile per me la custodia del piccolo se…se fosse successo quello che è successo. Ma devo essere sincero: non è stato l’unico motivo.”
Lo fisso, e finalmente capisco.
“Ho voluto sposarla” mi dice. “E non solo in segno di gratitudine per tutti gli anni che abbiamo passato insieme…ma proprio perché lo sentivo. Era la mia donna. In un certo senso, è sempre stata la mia donna”
Abbasso lo sguardo sulla mia ordinazione. Non ho nessuna voglia di mangiare, e neanche lui.
“Ma questo non vuol dire che non ti abbia amato”
Lo fisso, e l’ombra di una lacrima compare nei miei occhi. Una lacrima per allora…per la Buffy che sono stata.
“Ti ho amata disperatamente, Buffy. Tutto ci separava, ma il mio amore per te è stato un sentimento puro, che non ho mai potuto rinnegare. Non potevo offrirti nulla, e tua madre, Darla e Dru, persino Spike lo sapevano. Lo sapevano tutti tranne noi…fino a che non ho capito.”
“Avresti dovuto chiedere la mia opinione, prima di lasciarmi” gli dico, e la lacrima scorre lentamente sul mio viso.
“Lo so. Ho scelto anche per te…convinto che fosse per il tuo bene. Ed ho sbagliato, Dio, se ho sbagliato”
Mi rendo conto che non mi sta raccontando queste cose, le sue nozze con Darla, i suoi sentimenti per me, per ferirmi, e nemmeno per sedurmi nuovamente. Ma solo per fare chiarezza, per onestà nei propri confronti e nei miei. E’ liberatorio. Dopo tutti questi anni, sapere che ha avuto semplicemente paura di quello che stare con me poteva significare è fortemente liberatorio. Non mi ha usata. Non mi ha ingannata. Semplicemente, non ha potuto restare. La vita, l’amore, adesso lo so, sono fatti anche di questi abbandoni.
“Devi odiarmi” mi dice.
Scuoto il capo. “Non ti odio, Angel, ma non ho mai permesso al tuo fantasma di lasciare il mio cuore. E’ stato sbagliato, e questa sì è stata tutta colpa mia.”
“No” replica lui. “Quello adulto ero io. Non sarebbe mai neppure dovuto cominciare. Ma è successo, perché sei splendida, e mi sono innamorato di te al primo sguardo, in quell’aula, durante quell’interrogatorio” Angel ride, ma una lacrima gli splende negli occhi, e so che mi sta dicendo il vero. Finalmente. “Ti ho amata come non ho mai amato nessuno prima…e dopo, tranne mio figlio. E lasciarti andare mi è costato più di quello che potevo immaginare. Ma non avevo la forza di affrontare tua madre, i miei superiori, la malattia di Darla. Eri tu la mia forza…e ti ho lasciata andare. Perdonami, Buffy”
“Ti perdono” gli dico. E dopo un po’, a forza di lacrime, sembriamo due vecchie fontane: ci fissiamo e scoppiamo a ridere. Non so se lui intuisca quanto l’ho amato, quanto la sua assenza abbia pesato sulla mia vita, anno dopo anno…ma ora sono pronta a lasciarlo andare. A lasciarlo libero.
Forse, tre giorni fa non ne sarei stata in grado. Mi sarei aggrappata a questa dichiarazione d’amore postumo, ed avrei ripreso, in un angolino della mia anima, a sperare l’impossibile. Ma qualcosa mi ha cambiata. Qualcuno mi ha cambiata.
Sorrido.
“Quando avrai bisogno di consigli per i pannolini…o le pappe…sai a chi rivolgerti. Esigo che ci vediamo più spesso. Io, te, il bambino e Cordy. Christine sarà felice di avere un bimbo più piccolo di lei con cui giocare”
“Te lo prometto” mi dice lui, sorridendo.
Le nostre mani si stringono ancora un istante, e poi si lasciano.
E siamo finalmente liberi.




Guido piano nella notte, la musica dell’autoradio ad accarezzare i miei pensieri. Sento una libertà interiore che non provavo…da sempre. Da quando papà, paradigma di ogni abbandono, ci aveva lasciate sole.
Mi sento forte, decisa, serena. Angel mi ha amato. Angel ha rinunciato a me per amore. Ed ora, non ci amiamo più. Ma siamo amici, ed è bellissimo.
Ho un unico obiettivo: andare da Spike. Voglio dirglielo, sento che non posso confidare a nessun altro che a lui questa mia nuova libertà. Lui è l’unico che può capirmi.
Andiamo, basta raccontarci bugie.
Voglio andare da lui per baciarlo con tutto il cuore e tutta l’anima, e tenere il suo capo stretto sul mio seno. Voglio essere sua come non sono mai stata di nessun altro. Voglio che sia lui a scoprirmi, per quella che finalmente sono.
Ricordo benissimo il suo indirizzo, e poi Sunnydale è una città talmente piccola che è ben difficile perdersi. Non è tardissimo: non sono ancora le dieci di sera, e la luce splende dietro le finestre della linda casetta che ha affittato. Probabilmente, starà lavorando. Già pregusto la calda sorpresa che gli sto preparando.
Quando arrivo sulla soglia di casa sua, suono il campanello, il cui trillo si spande morbidamente nella notte. Lui arriva alla porta, ed è bellissimo, con un paio di jeans scoloriti, i capelli spettinati, un adorabile broncio…e nient’altro addosso.
“Sono tornata” gli dico, senza fiato, come se questo spiegasse tutto.
Lui mi guarda, e si sposta di qualche centimetro, per far passare la persona che è dietro di lui.
Fisso la sconosciuta senza capire. E’ una ragazza poco più alta di me, bionda, appariscente ma con classe. Ed imbronciata quanto lui.
“Spero che tu abbia più fortuna” mi sibila la sconosciuta, e se ne va, ondeggiando sui suoi tacchi alti.
Lo fisso a bocca aperta.
“Vuoi entrare?” mi chiede Spike, e non attende la mia risposta prima di sparire in cucina.




Per quanto l’orgoglio ferito ed una sorta di ripugnanza per quanto potrei scoprire mi spingerebbero a riprendere la strada di casa, mi faccio forza e lo seguo in casa.
Sarebbe sciocco saltare subito alle conclusioni, non è vero? Lui è a torso nudo, è spettinato…e lei è uscita come una furia al mio arrivo.
Ma possono esserci mille buone ragioni. Prego, supplico dentro di me che me ne offra almeno una.
“Desideri qualcosa da bere?” mi chiede invece cortesemente, infilandosi sui jeans una t – shirt azzurra. Non so cosa rispondere. “Desidero una spiegazione” mi verrebbe voglia di dirgli, ma non risulterebbe un pochino perentorio per una che è appena uscita a cena con il suo ex? Scuoto il capo, e mi siedo sul suo divano a fiori.
“Non credevo saresti passata a trovarmi, stasera” mi dice, con tono quasi accusatorio.
“E’ evidente” ammetto “Voglio…dire…non eri solo”
“Harm è la mia ex ragazza. Avevo ancora delle cose sue, ed è venuta a riprendersele”
“Ah sì?” rispondo educatamente. Avrei voglia di urlare dalla gelosia. Non sapevo che il mostro dagli occhi verdi potesse straziare le carni in questo modo. “Carina” dico invece.
“Non ha cervello” mi dice lui. “E’ triste dirlo, e può suonare presuntuoso ed antipatico da parte mia, ma è la verità. E’ stata l’ultima di una lunga lista di storie sbagliate…”
“Evviva” esulto. Non sorrido affatto.
“Cosa ti aspettavi?” mi dice, abbassandosi alla mia altezza e fissandomi con occhi di ghiaccio. “Che vivessi vita monacale da quando Dru mi ha lascito?”
“No…io…non sono affari miei” concludo.
Lui si rabbonisce. Capisco che è ancora arrabbiato con me, e chissà come la bionda Harmony passa in secondo piano. “Ho parlato con Angel” gli dico “Ed è stato…liberatorio”
La frase suona assai più piatta di quello che volevo. E’ che…non riesco a parlargli. Non così. Sono irrazionalmente arrabbiata perché ha avuto altre donne prime di me (e non voglio nemmeno ricadere nelle vecchie abitudini e pensare che mi stia mentendo su quello che è avvenuto stasera, non lo voglio, no, devo resistere…) e so che è furioso per me ed Angel. Potrei recitargli la Divina Commedia, ed in questo momento per noi non avrebbe alcun significato.
Forse è meglio alzarsi, e far finta di nulla. Non è serata.
Faccio per andarmene, quando lui mi prende per un braccio.
“Sono un idiota” mi dice lui, ed un brivido mi scorre per la schiena. “Sono geloso. Marcio. Non tollero l’idea che hai passato la serata con Angel”
“Beh, allora siamo pari” concedo. “Io non sopporto che quella sia stata in casa tua…e che tu fossi a torso nudo”
Ci guardiamo. Spike solleva una mano, e mi carezza il volto. Io chiudo gli occhi, e quando la sua mano scende ad accarezzarmi il collo, e poi l’inizio del seno, sento che, finalmente, l’amore non ha più paracaduti.
Non mi resta che lanciarmi nel vuoto.



E rischio così di schiantarmi a terra.
Spike si è staccato da me, e mi fissa dall’alto in basso con occhi così gelidi da rivaleggiare con un laghetto ghiacciato.
“Possesso non è amore” mi sussurra.
Lo fisso senza capire. Gli ha dato di volta il cervello?
“Senti chi parla!” sbotto dopo un po’ “Non hai appena detto che sei geloso per me ed Angel?”
“Sì. Ma ho anche detto, ieri pomeriggio, se lo ricordi, che mi sto innamorando di te”
Non lo seguo. Lui alza gli occhi al cielo, esasperato.
“Proprio non ci arrivi?” insiste. “Io ho dei sentimenti per te. Ergo, la gelosia. Tu mi stai parlando solo della tua possessività. Ne hai tutti i diritti…non sei certo obbligata a corrispondermi. Ma io ho tutti i diritti di non accettare la tua gelosia, se non è supportata da qualche tipo di sentimento nei miei confronti”
“Sei matto?” esclamo, non riconoscendo in lui l’uomo adorabile con il quale ho passato due meravigliosi giorni a Las Vegas.
“Affatto” conclude lui. “Chiarisciti un po’ le idee, Buffy. Vieni qui e mi dici che l’incontro con Angel è stato liberatorio. Evviva. Sono davvero contento per voi. E che sei gelosa della mia ex ragazza. Di tutte le mie ex ragazze, a quel che pare. Molto bene. Ed allora? Cosa sono per te? Un amico? Un’avventura?”
“Non hai il diritto di chiedermelo. Non così presto” replico furiosa. In un istante, torna prepotente l’irritazione che un tempo provavo per lui. Che diritto ha di mettermi alle strette sui sentimenti che provo per lui? Nessuno! Ci frequentiamo da due nanosecondi.
Vuole restare solo, stanotte? Benissimo!
Prendo le chiavi della macchina e faccio per uscire.
Riley non mi avrebbe mai trattata così. Io e Riley non abbiamo mai alzato la voce…nemmeno quando ci siamo lasciati.
Spike inclina il capo di lato, e mi osserva come se ne andasse di mezzo la sua stessa vita.
“Io, almeno, sono lo schiavo dell’amore…ma sono uomo a sufficienza per ammetterlo”
Io, no, sono una gran vigliacca. E lui deve averlo sempre saputo.
Batto in ritirata con il morale sotto i piedi.



“Non dire niente” dico a Dawn, appena lei mi viene incontro per le scale.
“Hai litigato con Angel?” si stupisce lei. “Davvero? Domani credo nevicherà”
“Angel?” mi stranio io. Angel, chi? “No! Spike!”
“Hai visto Spike?”
“Sì, per l’ultima volta”
Con mia grande umiliazione, Dawn scoppia a ridere. “Sì, come no. Siamo tornati alle vecchie abitudini, vero? Che è successo? Ti ha spiattellato qualche verità che non ti è molto piaciuta?”
“Al diavolo” esclamo, e mi chiudo in camera mia, sbattendo la porta.
Naturalmente, il rumore sveglia Christine, e così vado a prenderla dalla sua culla. Lei mi fissa con i suoi occhioni grigi, colmi di lacrime, e la stringo a me, traendo conforto dal suo corpo morbido e caldo.
“Stanotte dormiamo insieme, baby” le dico, e la metto accanto a me nel mio grande letto, quello che un tempo era di mia madre.
Non serve proprio del tutto a colmare il senso di vuoto che improvvisamente provo in me, ma aiuta. Mi dico, mentre fatico a prendere sonno, che Spike non ha nessun diritto di pretendere da me una risposta emotiva che non sono in grado di dargli.
Che forse non sarò mai in grado di dargli.
C’è chi ama con tutto il cuore…e c’è chi no. Mi attrae sessualmente, sarei stata pronta a dividere il suo letto…ma non può pretendere che gli confessi un sentimento che non provo.
Non provo.
Sono sicura che non lo provo.
Maledizione a lui!



Passa ottobre, ed arriva il momento – temuto – dell’iscrizione ai corsi serali. Willow mi sta tormentando perché mi iscriva a “Letteratura contemporanea”. Io resisto come un asino recalcitrante, ma una serie di circostanze fortuite e sfortunate mi costringono ad accontentarla. Neanche a farlo apposta, è l’unico corso – tra quelli serali - ancora disponibile per completare il mio piano di studi.
Né lei né Dawn hanno accettato la mia versione dei fatti. Entrambe alzano gli occhi al cielo quando giuro e spergiuro che tra me e Spike non c’è stato nulla, e che – in fondo – non me ne importa nulla.
Anche perché il disgraziato continua a frequentarle. Va a cena con Dawn e Willow, parla con loro di letteratura, di cinema e fumetti e le porta in giro sulla sua deSoto, ed è il loro nuovo eroe.
Ed io la regina cattiva di Biancaneve, naturalmente. Odio tutti e tre. E’ una congiura.
Nessuna di loro sa esattamente cosa è successo tra di noi, ma siccome mi conoscono bene intuiscono che lui si è dichiarato, e che io non sono riuscita ad esprimere il mio interesse. Un uomo meno orgoglioso avrebbe forse ceduto, accettando quello che potevo dargli. Uno come Riley, insomma.
Ma non Spike.
Naturalmente, è opinione unanime delle signore che la colpa sia mia. Ho qualche appoggio morale solo da Xander, sebbene sua moglie Anya non riesca proprio a capire come io abbia potuto rinunciare a tutti quegli “orgasmi”.
Vivo nel terrore che Dawn o Willow mi dicano che lui ora esca con un’altra. L’idea che porti altre ragazze a Las Vegas mi contorce lo stomaco. Ma piuttosto che ammetterlo, io…
Va bene, sono un caso disperato. Denunciatemi.
Così, mi avvio verso l’aula 15 b come un condannato al patibolo. Altro che “Il miglio verde”! La sola idea di rivederlo mi fa impallidire…più del solito. Willow mi spinge avanti impietosamente, mentre io penso che dovrei contattare Amnesty International. Persino i prigionieri politici vengono trattati meglio.
Lui arriva allo scoccare dell’ora, puntualissimo. In jeans, giacca di pelle ed un sorriso assassino che gli conquista in mezzo secondo il 97 % dei cuori dell’audience. Il restante 3 % siamo io, una ragazza lesbica e mezza cieca che non è Willow, ed il proiettore. Il quale si rifiuta di collaborare. Una ragazza in minigonna gli si avvicina con un sorriso grande quanto la sua scollatura e glielo sistema, guadagnandosi un suo sorriso “special” ed un mio sospiro di esasperazione, così forte da essere sicuramente sentito in tutta l’aula.
Lui sorride di nuovo, si presenta, e parte a capofitto con la lezione. Dopo cinque minuti, ho scordato la mia irritazione nella fretta di stargli dietro e prendere appunti. Alla fine dell’ora, sono esausta ma contenta.
E lui si congeda dagli studenti, e poi viene verso di me e Willow, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Ragazze, siete una favola. Willow…mi è piaciuta molto quella tua osservazione su Salinger. Molto acuta. Buffy, sono contento di rivederti. La tua bimba sta bene?”
“Sì, grazie. Anche tu, immagino”
“Sono nervosissimo. Era tanto che non insegnavo davanti ad un pubblico così caloroso”
“Sei stato molto bravo” gli dico sinceramente. “So già che seguirò con molto interesse il tuo corso”
“Bene” sorride lui. “Ora, se non vi dispiace, devo portare del materiale in segreteria. Willow, come al solito ci vediamo venerdì. Avvisi tu Dawn? Italiano e Tarantino, questa settimana”
“Come no” replica Willow, mentre io non capisco. Con un cenno del capo, la rock star dei professori si allontana, seguito da un codazzo di nuovi ammiratori.
“Cosa intendeva?” chiedo a Willow. Non ho mai osato approfondire più di tanto la natura dei loro appuntamenti
“Ogni settimana uno di noi, a turno, sceglie un tipo di ristorante, ed un certo autore cinematografico. Questa settimana toccava a lui scegliere, ed ha scelto un ristorante italiano e un film di Tarantino. Ottima accoppiata”
La fisso a bocca aperta. Perché io sono fuori da questo giro? Mi piacerebbe andare a cena fuori e vedere un bel film, stare con degli amici, e…
“Mi sto innamorando di te”
Questo è il perché. Lui è stato onesto: prova qualcosa per me, qualcosa di forte, e non intende svilirlo. E nemmeno intende torturarsi frequentandomi…e sapendo che io non provo niente.
Ma non è vero!
Willow sta dirigendosi verso casa, ed io la seguo. Non è vero che non provo niente, rimugino. L’ho capito non appena l’ho rivisto…dal tuffo al cuore che ho provato. E non solo da quello. Lui è sempre stato nei miei pensieri. Sono passati venti giorni da quella sera nefasta in cui ci siamo lasciati…e neppure stavamo ancora insieme…e non è passato istante che non abbia in qualche modo pensato a lui. A volte tramite associazioni mentali piuttosto contorte, lo ammetto, ma comunque…
Perché diavolo devo negarlo, a me stessa prima che agli altri? Mi chiedo se lui l’abbia capito.
Probabilmente, non gli importa più nulla. L’ho visto in forma smagliante, contento di lavorare, felice dell’attenzione che suscitava. E’ un esibizionista, l’ho sempre saputo, fa parte del suo fascino. Gode dell’attenzione altrui.
Una piccolissima parte di me si chiede se non sarebbe il caso di dirgli che…beh, provo qualcosa. Già vedo i suoi occhi blu incupirsi, e chiedermi: “Cosa? Cosa provi per me? Esattamente?”
Professore, a questa domanda non so rispondere.
Lascio Willow nel campus e mi dirigo verso casa, passando per il cimitero. Adoro quest’ora per le visite a mia madre: nessuno mi disturba. Sembro un po’ Lana Lang in “Smalville”, solo che non ho il cavallo, e nessun supereroe pronto a salvarmi. Solo una lapide in pietra, ed il mio ricordo. Il mio amore per lei.
Mi avvicino alla tomba e la accarezzo con le dita. Come mi ha insegnato Willow, traggo di tasca un sassolino rotondo e lo metto in bilico sulla lastra di pietra. E’ il messaggio ebraico per i defunti. Un’idea che ho sempre trovato piena di sentimento.
“Mamma, sono così confusa” le dico, non per la prima volta. Lei non mi risponde, non lo fa mai. Ma non mi lascia sola. Non mi lascia mai sola.
Rialzo il capo, e mi accorgo che qualcuno è con me.
E’ Spike.



“Mi dispiace…non volevo disturbarti”
Mi volto verso di lui e lo studio alla luce della luna. La sua pelle singolarmente chiara risalta con finezza nella notte: sembra una creatura intessuta d’argento. Nel buio i suoi occhi sono insondabili pozze scure.
“Non è la prima volta che vieni qui, vero?” gli chiedo.
“No. Mi piace venirci. Penso spesso a tua madre, Buffy. Lei fu molto buona con me…molto dolce. Era una donna di qualità”
“Sì” rispondo, soffocando una lacrima, più per l’evidente affetto che sento nelle sue parole che per il ricordo doloroso della perdita di lei. Sì, lei era proprio una donna di qualità.
Non mi sento all’altezza, in fondo, non mi ci sono mai sentita, neppure ora che sono a mia volta madre. E’ l’ennesimo dei miei problemi.
“Andiamo” mi dice, e mi mette affettuosamente un braccio intorno alle spalle. Sembra quasi imbarazzato per questa improvvisa, inattesa intimità dopo giorni e giorni di gelo e silenzio e buio. Mi rilasso ed insieme prendiamo la via di casa. Non parliamo.
“Vuoi entrare?” gli chiedo, quando siamo arrivati. “Preparo una cioccolata”
“No, restiamo qui” mi dice, e si siede sul portico sul retro. Mi siedo accanto a lui, apparentemente vicina…ma ancora lontana. Ci dividono i suoi sentimenti, dichiarati, ed i miei, inespressi.
Mentre si accende una sigaretta (avrei giurato che avesse smesso) lo fisso. “C’è una cosa che vorrei chiederti, Spike” gli dico. Lui capisce che non sto per scusarmi…né per dichiarargli eterno amore. Ma sa che sto per fare un piccolissimo passo nella direzione giusta, e che ho bisogno di tutto il tempo e lo spazio del mondo.
“Avanti, spara. Sono pronto a tutto, tranne a darti voti più alti perché siamo stati insieme a Las Vegas”
Sorrido. E poi mi faccio coraggio.
“Vorresti uscire…una sera…con me?”
Mi fissa.
“Intendi, con Dawn e Willow? Una cena, un film?”
“Sì, magari” accenno “Ma intendevo…noi due da soli”
Ecco, l’ho detto. Inferno, spalancati ed inghiottimi.
“Volevo dire” ribadisco tremante, perché lui – sorprendentemente – tace. “Io…e te…potremmo uscire…insieme…una sera. Da soli”
Lui china di nuovo il capo di lato e comincio a pensare ad una distorsione connaturata della sua spina dorsale, se non che è irresistibilmente attraente e sexy quando lo fa.
“Venerdì non posso” mi dice, tutto serio. “Esco con tua sorella e Willow. Lo sai, i nostri venerdì…sabato, magari”
“Lavoro” sospiro, il cuore in un nodo.
“Domenica, allora” dice lui, come se niente fosse. “Cena e cinema?”
“Cena e cinema. E offro io” insisto, fin troppo memore del collier da diecimila dollari che ho rinchiuso nella cassaforte della mamma.
“D’accordo” sospira lui. “Ma sappi che sono molto costoso”
Le mie labbra si piegano in una smorfia. “Cinese?” propongo.
“Cinese, per l’appunto” sorride lui, butta il suo mozzicone sul prato (cosa che non manca di irritarmi debitamente: è caro, ma non perfetto) e si alza. “Vengo domenica alle otto. Fiori od opere buone?”
“Fiori” suggerisco, e lo guardo andare via con un sorriso.
Sono un po’ (enormemente) dispiaciuta che non abbia fatto nulla per baciarmi, ma forse è stato meglio così.
In fondo, stiamo ricominciando.



Lo attendo gettando uno sguardo ansioso al di là della finestra del soggiorno, mentre Dawn porta in giro Christine e Willow guarda tutta assorta un documentario sulle foche.
“Sei splendida, rilassati” mi dice Willow, distogliendo lo sguardo dai mammiferi marini.
“Dici? A che scopo uscire insieme?” esclamo “Non ha funzionato…quando doveva. Non funzionerà ora”
“Ti stai facendo troppi problemi” mi risponde Willow. “Nelle questioni di cuore, non bisogna mai razionalizzare troppo. Smettete di elucubrare e di porvi questioni difficili, e pensate solo a divertirvi”
“Che poi è sempre stata la mia posizione” puntualizzo.
“Nessuno ha mai detto che avessi torto”
“Ma neanche che avessi ragione” faccio notare con pignoleria.
Sia Dawn che Willow mi fissano. “E se la ragione fosse nel mezzo?” commenta Dawn. “Ci hai pensato?”
“Sì” ammetto. “Lui non doveva pretendere da me delle risposte così presto. Ma io potevo essere un po’ più…conciliante”
“Beh, sei tornata sui tuoi passi, vi state offrendo una nuova chance…non la sciupate”
Sto per rispondere quando la mostruosità nera si staglia al di là della siepe. Lui scende e viene a suonare al nostro campanello.
Oh, Cielo…
E’ splendido.
Camicia azzurra, pantaloni beige, mocassini. E rose gialle in mano.
“Perché gialle?” gli chiedo.
“Sono simbolo di gelosia” mi risponde, con un sorriso ironico. Gli sorrido, e le porgo a Dawn perché le metta in vaso.
“Andiamo?” gli dico.
“Andiamo” replica lui, salutando con sonori baci le sue compagne di bisboccia del venerdì e la piccolina. Mi sento arrossire con gli sguardi di mia sorella, mia figlia e la mia migliore amica indosso, ma non è una brutta sensazione. Mi chiedo quanto durerà questa nuova tregua.
In macchina lui non parla, anche se è rilassato. Mi sembra che siamo ritornati alla calda, serena intimità del nostro viaggio a Las Vegas. Anche se, ed è inutile negarlo, c’è una punta di imbarazzo…e attesa. Da quella famosa notte a casa sua non ci siamo più baciati, ed era diventato così naturale…non so lui, ma io ne sento decisamente la mancanza. E quando dico decisamente…
Quando siamo davanti al nostro primo involtino primavera, lui sorride. “Il tuo invito mi ha fatto molto, molto piacere, Buffy. Francamente, temevo che non ci saremmo rivisti più…da soli”
“Ne sono lieta” commento, senza sbilanciarmi.
Lui mi fissa di sotto in su nel suo solito modo che sembra preludere ad un bacio. “Ed, almeno in parte, la colpa è sicuramente mia”
Taccio.
“Non avrei dovuto pretendere che i miei sentimenti fossero ricambiati, e subito” ammette. “Sono un insicuro… credo già lo sapessi, visto quello che era successo con Dru. Quello che ho provato con te e per te in quei giorni a Las Vegas è stato talmente forte che…beh, ammetto che mi ha sconvolto. Volevo subito che fossi mia…in spirito, ancora più che in corpo. Invece, nei sentimenti, come in ogni cosa, ci vuol pazienza. Te ne chiedo perdono”
La sua sincerità mi colpisce. Non credevo che rimpiangesse il suo comportamento da duro. E, in fondo in fondo, non sono neppure sicura che ne avesse ragione…di rimpiangerlo, intendo.
Riley non ha mai indagato a fondo sui miei sentimenti…e guarda come siamo finiti.
“Non credo tu avessi del tutto torto” gli dico. “Ed io non sono stata completamente sincera. E’ vero, era troppo presto per me per dichiararti ciò che provavo…ma non vuol dire che non provassi niente”
Lui mi fissa. Leggo nei suoi bellissimi, espressivi occhi mille emozioni.
“E cosa provi, Buffy? Se lo provi ancora, naturalmente…”
Ding dong, la strega è morta.
La domanda da un milione di dollari è stata formulata.
“Spike, io…”
Il mio balbettare viene interrotto dall’arrivo di due facce note. Xander ed Anya si siedono disinvoltamente al nostro tavolo, senza neppure attendere di essere invitati. Presento Anya a Spike (sono anni che non si vedono) e so per certo che ora lei farà un commento che mi farà sprofondare nel più nero degli imbarazzi.
Infatti.
“Lo sapevo!” esclama lei, attirando l’attenzione di mezzo locale e di almeno tre compassati camerieri. “Non potevi rinunciare per molto a tutti quegli orgasmi…ma andiamo, guardalo! State recuperando il tempo perduto, vero?”
“Qualcosa del genere” sorride Spike
“An, smettila” ribadisce Xander per la milionesima volta. E’ in questo istante che al mio più caro amico subentra il legittimo sospetto che forse, noi, vogliamo stare soli. “E poi oggi non mi sento di mangiare cinese. Proviamo il ristorante indiano vicino al Sun”
“No, perché? Voglio sapere tutto su di loro”
“Ma io no, An! Andiamo!”
La sposina, pur delusa, ubbidisce al suo “tartarughino d’amore” (Anya odia i conigli per qualche inesplicabile ragione e non li cita mai, nemmeno nel suo contesto preferito, che è poi quello del sesso), ed i due si allontano dopo grandi sorrisi.
“Dove eravamo rimasti?” mi chiede Spike, con un sorriso demoniaco sul suo splendido volto da angelo caduto.



Sono spacciata.
Annaspo tra la birra cinese ed i ravioli al vapore.
“Io…credo…che noi…stiamo bene insieme” concludo scioccamente.
“Continua!” invita lui, strafogandosi di maiale in salsa piccante. Non ho mai visto qualcuno mangiare con tanto gusto come Spike…e restare così magro.
“A Las Vegas siamo stati splendidamente. Io, mi sono divertita molto…”
“Anch’io” sorride lui, e fa un gesto con la mano per invitarmi a elaborare…ulteriormente.
“Poi, ho creduto che…mi dispiace. Non volevo ferirti uscendo con Angel”
“Non mi hai ferito” sorride lui. “La mia gelosia è un problema solo mio. E poi, credimi, i rapporti tra lui e me sono un po’ più complicati di così.”
“Ah…bene. Mi dispiace anche di essere stata gelosa della tua ragazza…ex…ex ragazza”
Lui sorride. “Questo invece mi ha lusingato”
“Bene” è il mio commento finale. Di più non saprei proprio dire.
Lui mi fissa.
Cosa c’è?
Spike si alza e mi prende per mano. Mi porta in fondo al locale, malgrado la mia costernazione, e mi spinge contro un angolo buio ed isolato.
La sua bocca è sulla mia, e io perdo la testa. Dio, quanto mi era mancato…le nostre labbra si socchiudono, ed il bacio è caliente…muy caliente. Spero con tutta me stessa che la serata si concluda nel suo appartamento, perché non riesco più a fare a meno di lui, mi sono ingannata, per tutto questo tempo….io ho bisogno di lui.
Lui mi riprende per mano, e mi riporta a tavola. Lo fisso sbalordita, ancora sconvolta.
Il figlio di buona donna mi sorride.
“Piantala di dire sciocchezze, Buffy. Poche parole. Semplici. Tipo: ‘non so cosa provo esattamente, ma quando ti bacio perdo la testa.’ O non è così?”



Si può passare dall’esaltazione sessuale all’odio in due micro-secondi?
Credo proprio di sì.
L’istinto di fargliela pagare è così forte che per un istante la rabbia mi annebbia lo sguardo. Lo odio. L’ho sempre odiato.
E bacia da Dio.
E comincio a sospettare che tutto questo appuntamento non serva che a questo, a smascherarmi. E’ vero, sono un disastro quando parlo di sentimenti. E’ vero, non ho saputo (e non saprei, per la salvezza della mia stessa anima) articolare le mie emozioni, ma giocarmi così, sfruttare senza pietà l’attrazione sessuale che sento per lui per…cosa?
Mi domino.
“Sì” dico solo, a denti stretti.
“Sì…cosa?”
“Sì….quando ti bacio perdo la testa. Ti basta?” lo sfido.
“E’ già qualcosa” ammette lui. “Andiamo, Buffy. Non pretendo una dichiarazione d’amore. Dimmi solo che sei contenta di passare del tempo con me…e che sei attratta da me. Dimmi la verità”
“Sono attratta da te” ammetto in tono piatto.
“Sei una donna impossibile, lo sai?” mi chiede, furioso questa volta.
Allungo una mano sulla tovaglia, e prendo la sua.
“E non ti eccita, questo?”
Stavolta sono io a giocare. Fuoco, fuochino…ho la sensazione che lui, pur di giocare con me, sarebbe disposto a rivedere le regole. In un istante, potrebbe svanire il corteggiatore discreto, gli atteggiamenti romantici…e comparire qualcosa di nuovo ed oscuro, di appassionato, un amante…quello che voglio.
Ma non al prezzo di perdere per strada i suoi sentimenti, di calpestarli. Lo comprendiamo entrambi: sarebbe un peccato mortale.
“Non sai cosa stai rischiando, Buffy” mi dice lui a voce bassa, minacciosa. “Ho imparato a giocare questi giochi quando tu eri ancora all’asilo”
“Lo so” gli dico, e gli sorrido, ora più sincera. “Andiamo, sono una frana con le parole…e lo sai. Certo che mi attrai: credi che altrimenti sarei venuta a Las Vegas con te? Spike, io ho paura dell'amore, una paura pazzesca. Hai la forza di sapermi aspettare, mentre mi chiarisco le idee? Io non ho altri spasimanti, se è questo che temi, e non gioco sporco”
“Ma…un istante fa…”
Faccio fatica a confessarmi che…sì, pur di possederlo avrei messo da parte la possibilità di vivere una vera storia d’amore.
“Questa donna ha dei bisogni” ammetto. “Anche se non sapevo nemmeno di averne…così tanti…prima di conoscere te”
Si rabbonisce.
“Ti terrò a stecchetto” mi minaccia, con un sorriso.
“Vedremo” ribadisco io, sentendomi una Messalina. Più tranquilli, finiamo la cena.



Ora siamo nella deSoto, parcheggiata nel Drive – in dove abbiamo assistito ad un film indiano molto carino, e ci stiamo baciando.
Baci lenti, colmi di stupore, e di reverenza. Ci prendiamo tutto il tempo del mondo. Ci esploriamo come se fossimo continenti appena scoperti.
Sappiamo entrambi, con certezza, che il nostro rapporto ha appena superato una linea di confine fondamentale. In quella condizione di spirito, sarebbe stato facile per entrambi scivolare nella passione…e buttare via l’acqua con il bambino, come si suol dire.
Invece, abbiamo resistito. Lui aspetterà…io darò una chance alla nostra storia…e nel frattempo ci conosceremo meglio.
“Ehy” mi interrompo, ubriaca di baci. “Quanto mi farai penare prima di arrivare alla camicetta? L’altra volta…” mi riferisco al nostro ritorno da Las Vegas, quando – finalmente! – avevo sentito le sue dita sul mio seno.
“Te lo dovrai guadagnare” mi sussurra lui, attaccandosi al mio collo. Quasi sicuramente domani mi resterà un segno. Oh, cielo, come farò a spiegarlo a Dawn…
Nessuno mi ha mai fatto questo effetto. Nessuno. I miei sensi sono in fiamme, e la sua malvagia (non saprei come definirla altrimenti) determinazione a non portarci oltre la linea di non ritorno mi farà diventare pazza.
“Basta” gli dico, ansimando, e lui ride, perché questa sarebbe la sua battuta. Quella del boyfriend alle prese con una pudica fidanzata.
“Ogni giorno ti concederò qualcosa in più” promette, sorridendo, e vorrei cancellargli quel sorriso a suon di baci.
Ma ho già abbastanza problemi così. Vedo molte docce fredde nel mie futuro.
“Te la farò pagare…”minaccio, mentre lui mette in moto con mani tremanti.
A quale costo, ma abbiamo cominciato ad uscire davvero insieme. Come una vera coppia.
Insod
continua by Roberta
“Allora?” gli chiedo.
“Andiamo” sospira lui. Ci guardiamo e per poco non scoppiamo a ridere. I nostri travestimenti per Halloween sono stati un’idea di Dawn, coordinatrice ufficiale di tutti gli Halloween del gruppo. Persino Christine ha avuto la sua tutina da coniglietto e le sue orecchie rosa (per Anya, simbolo massimo di orrore).
“Non sono pronto ad affrontare Dawn…vestito così” mi dice Spike, con un tono sinceramente sinistro.
“Ed io?” mi lamento a mia volta, tirandomi giù sulle cosce l’orlo assurdamente corto della minigonna che risale ancora al mio passato con Angel.
Ci baciamo nel corridoio al piano di sopra, ma lui ha Christine in braccio e la cosa non si prolunga.
“Allora, scendete?” urla mia sorella dal piano terra. A volte penso che l’abbiamo adottata: non può avere il mio stesso sangue nelle vene!
“Andiamo” sospira Spike.
Mettiamo Christine nel suo seggiolino, e scendiamo le scale. Willow, Anya, Xander e Dawn ci stanno attendendo.
“Grrr…” faccio io, per entrare in ruolo.
“Sareste?” indaga Xander, intrigato dalla mia mini suo malgrado (quasi non ricordava più quanto le portassi corte, le gonne, un tempo), ma incapace di trovare un qualsiasi referente culturale per i nostri travestimenti.
“Grr…” ripeto io, ma niente.
“Ho capito!” esclama Willow. “Siete una….adescatrice…ed il suo cliente…ma lui vestito così non sembra nemmeno un po’ Richard Gere. Cioè, voglio dire, meglio…molto meglio…anche se sono lesbica…va bene, ora sto zitta”
Spike agita minacciosamente l’oggetto di legno di forma allungata che tiene in mano (una spatola per frittelle a forma di paletto appuntito), ed io rifaccio “Grr…”
“Siamo un vampiro ed un cacciatore”
“Ahh…”esclama conciliante Willow. “Chi sarebbe il vampiro?”
Bella domanda. Io e Spike ci guardiamo.
“Beh, io” ammetto, mettendo finalmente in luce i miei dentoni finti.
Non ridono.
“Pensavo lui” commenta Anya. “Sai, lo spolverino, i capelli, l’attitudine…mooolto sexy. Molto…vampiresco. Tu non sembri vampiresca per niente”
“Basta, mi arrendo” prendo dalle mani di Spike la spatola per frittelle, e butto via i dentoni.
“Allora, lui è il vampiro…ed io sono la cacciatrice. Buffy, la cacciatrice di vampiri”. Ne sono assurdamente fiera. Mi vedo bene nel ruolo.
Tacciono.
Prendiamo il baby seat e portiamo Christine in giro per il primo tour “Scherzetto o dolcetto?” della sua vita.


“Ho un’idea molto perversa” mi dice lui, dopo aver passato Christine a Dawn dopo il quindicesimo sacchetto di dolci per la sua nanna.
“See…” commento, per niente impressionata. Tante parole, pochi fatti. Spike sta clamorosamente tenendo fede al suo proposito di…non darmelo.
“Sarà il travestimento, ma penso che…”
Lo fisso. “Ed i tuoi buoni propositi?” gli chiedo, con giusto una punta di sarcasmo. “Ed i nostri sentimenti?”
“Andiamo, un assaggino”
“Tipo?” indago.
“Non so…caliamoci nel ruolo. Vorrei raccontarti una storia”
Mi siedo su una lapide e lo ascolto. Siamo di nuovo finiti al cimitero: perché questo luogo ci attragga così morbosamente, non saprei proprio dirlo.
“Avanti”
“C’era una volta un vampiro grosso e cattivo”
Scoppio a ridere.
“Che c’è?” indaga lui.
“Non sei poi tanto grosso. Potresti infilarti le mie gonne”
“Ma se porti la taglia 40 a stento”
Faccio la faccia seria.
“D’accordo” ammette “Non così grosso. Ma sicuramente cattivo. Molto cattivo. Questo vampiro aveva l’hobby di uccidere le cacciatrici…ed un giorno giunse a Sunnydale. C’era una cacciatrice molto carina, all’epoca…bionda e sfiziosa, con gonne così corte da scoprirle le cosce. Ed il nostro vampiro decide che deve esserci una sola cosa più soddisfacente per lui che ucciderla…indovina quale”
Mi alzo e gli metto le mani sul petto.
“Oh, vampiro cattivo, non farmi del male!”
“Un po’ di dignità, donna, tu saresti la cacciatrice”
“Hai ragione!” sorrido. Cambio voce ed espressione. “Sei uno schifoso vampiro. Cosa vuoi da me?”
“Così va meglio.” sorride lui, prendendomi le mani. “Voglio assaggiare una cacciatrice. Voglio avere il mio giorno speciale.”
Il suo sguardo mi ipnotizza. Mio malgrado, mi lascio avvincere dalla fantasia. Non ho mai giocato nessun gioco di ruolo con alcuno dei miei precedenti amanti.
Lascio che abbassi il colletto del mio giubbotto di pelle e posi le sue labbra sul mio collo. Un brivido involontario mi scuote. Il gioco mi prende più di quel che pensavo. Mi chiedo se le cose sarebbero poi così diverse tra di noi se io…se lui…fossimo i personaggi di una favola gotica. Se poi gli orrori di queste storie non siano altro che metafore per orrori quotidiani come la difficoltà di affrontare i propri sentimenti …e la propria sessualità.
“Spike…”mormoro, e l’eccitazione mi scorre nelle vene come il sangue, con il sangue. Lo desidero, come l’ho sempre desiderato. E sono finalmente pronta ad ammetterlo.
“Spike…io sento che potrei fare qualcosa di estremamente cattivo”
“Tipo?” indaga lui, indugiando con le labbra sulla pelle delle mie spalle e l’inizio del mio seno.
“Spike…se non la smetti subito finiamo a farlo contro il muro di quella cripta. E poi ci arrestano per atti osceni in luogo pubblico. Fattore macabro a parte”
Lui mi guarda. Ha il respiro affrettato, gli occhi gli splendono, ed è finalmente arrivato all’estremo della sua tolleranza.
“Buffy…hai ragione. Andiamo a casa mia”
Annuisco piano. Corriamo verso la deSoto, la spatola per frittelle dimenticata sull’erba del cimitero (e non oso pensare a quello che immaginerà il guardiano quando la troverà…) e prima che lui riesca a trovare con mani tremanti la chiavetta per l’accensione, sono tra le sue braccia. Gli sollevo la t – shirt nera e lascio scivolare le mani sul suo petto. Lui le scosta da sé come se fossero carboni ardenti. “Non arriveremo mai a casa se continui così…”protesta.
“Non mi importa niente. Facciamolo qui”
“Buffy…replica lui, prima di impadronirsi nuovamente della mia bocca. “Prima la parola d’ordine”
Lo fisso. E poi capitolo.
“Andiamo, lo sai che sono pazza di te. E non solo in senso fisico…visto che non riesco a far sì che ci sia un senso fisico”
Lui sorride dolcemente, e la sua contentezza per la mia ammissione d’affetto riesce nella mission impossibile di raffreddare la sua eccitazione.
“Non osare riportarmi a casa mia” lo ammonisco. “Non osare far marcia indietro. Io il mio passetto avanti l’ho fatto. Voglio la mia ricompensa”
Le mie labbra sono imbronciate, e lui me le bacia. Oh, Cielo, come bacia…quando mi baciava Angel volevo morire, ora voglio solo perdermi in lui e far l’amore insieme fino a Natale. Ininterrottamente.
Senza altre inutili parole mette in moto e ci precipitiamo a casa sua.
Che sia la volta buona?



Gli dei sembrano esserci propizi. Rotoliamo in casa, nel suo piccolo soggiorno, ridendo, al buio, e la luce della luna rischiara i suoi capelli biondi e la sua pelle bianca da inglese. Siamo già avvinghiati, a metà strada dal divano, quando squilla il telefono.
“Lascialo squillare” gli dico sulle labbra, mentre lui mi bacia come se non ci fosse domani.
Scatta la segreteria telefonica.
“Professor Shelby? Sono la segretaria del rettore Smithson. Il rettore desidererebbe parlarle con assoluta urgenza. Può trovarlo al suo club a questo numero….Grazie infinite”
Clic.
Ci guardiamo.
“Che diavolo vuole il tuo rettore la notte di Halloween?” gli chiedo, pensando in cuor mio di chiedere i danni all’università di Sunnydale.
“Non lo so” borbotta lui, passandosi una mano tra i capelli, esasperato. “Ma potrebbe essere il caso di scoprirlo”
Lo fisso contrariata a braccia conserte, sentendo che mi sta, letteralmente, scivolando di mano. Ne sta approfittando, il bastardo, per mantenermi a bocca asciutta. Non gli è bastata la mia ammissione di poco prima? Devo dichiarargli amore eterno per ottenere qualcosa di più del semplice petting?
Mi siedo ed accendo la televisione, ostentatamente arrabbiata, mentre lui prende il telefono in mano.
“Pronto? Rettore Smithson? Sì, sono William Shelby. Domani, alle nove? Sì, non ho lezione a quell’ora, posso sicuramente venire. L’argomento? Ah. Capisco. No…ne parliamo domani. Un legale? Crede sia il caso? Parliamone domani. Grazie, Rettore. D’accordo, sarò puntuale”
Io continuo a fissare il televisore.
Spike prende il telecomando e preme il bottone “mute”.
Lo fisso.
“Sai di cosa intende parlarmi il rettore, domani, alle nove?”
Mi sembra arrabbiato. Mi rendo conto che forse ho un po’ esagerato, e gli prendo una mano. Lui si lascia attirare e si siede vicino a me. Cartoni animati dell’orrore sono in onda, ma senza sonoro.
“Scusami. Quando sono sessualmente eccitata sono una strega”
Spike mi accarezza il volto. “Buffy…ti ho già detto quanto ti amo?”
La confessione mi lascia senza fiato. E’ vero, mi aveva già detto che si stava innamorando di me, ma dirlo ora così, come un fatto compiuto…è meraviglioso. Sono commossa ed orgogliosa: quest’uomo bello, sexy, sensibile, intelligente, ricco di senso dell’umorismo e di personalità è innamorato di me. Mi scivola una lacrima sul volto: forse è assurdo, ma sentirmi così amata mi ricorda mia madre…e la certezza dell’amore che lei provava per me. Sento un senso di appartenenza che mi sconvolge. Spike è entrato nella mia vita, e nulla potrà più farlo uscire. Ora lo so. Come mia madre, mia figlia, mia sorella, i miei amici. E presto, sarà anche il mio amante, ed io…io non posso più negare quello che provo. Ormai, lui fa parte di me.
“Buffy…vogliono che io e te non ci vediamo più”
Lo fisso sconvolta. Che diavolo sta dicendo?
“Il rettore…ha ricevuto un paio di denunce anonime. Dicono che io esco con una mia studentessa…e questo il regolamento dell’università non lo consente. E’ politicamente scorretto. Dicono che potrei abusare del mio ruolo a fini sessuali”
Una risata amara gli sfugge. L’indignazione mi trabocca dentro. Come hanno osato? Come hanno osato umiliarlo così? Perché c’è tanta malvagità al mondo? Questi sono i veri orrori.
Mi alzo in piedi.
“Dove abita questo idiota di rettore?” chiedo, ad un passo da una crisi di nervi.
“Andiamo, Buffy. Una soluzione c’è, ed è semplicissima. Darò le mie dimissioni. Come sai, insegnare non è comunque la mia vera professione”
“Tu non rinuncerai al tuo incarico!” urlo, furiosa. “Sei bravo, e sei onesto. Tu…abusare…sessualmente…di me? Andiamo, è una barzelletta! Oltretutto, io sono una single madre di ventisei anni, e non credo proprio di aver bisogno che l’università di Sunnydale si preoccupi della mia vita sessuale. Farò finire questa storia sui giornali! Ipocriti bigotti!”
“E mettere la tua vita in piazza?” i suoi occhi si induriscono. “Non lo permetterò mai, e tu lo sai.”
“Cosa diavolo intendi fare, allora?”
“Sentirò le accuse che mi muovono, e mi consulterò con un legale. Ne ho uno ottimo, a Los Angeles, si chiama Lilah Morgan. Se ci sarà spazio per difendermi, lo farò, altrimenti, adios, Università di Sunnyhell. Quello che non posso accettare è perdere te. Buffy, non ti chiedo nulla, ma dammi solo la possibilità di restare nella tua vita.”
Gli butto le braccia al collo. Adesso so.
“Spike…tu sei nella mia vita. Tu fai parte della mia famiglia. Non permetterò che nulla e nessuno ci divida”
Rimaniamo in silenzio, indignati ed umiliati da questo colpo inatteso. Dopo un po’, lui si infila la giacca e mi accompagna a casa. So che deve riflettere, deve prepararsi per il colloquio dell’indomani e comunque l’atmosfera è rovinata, per usare un eufemismo.
Davanti alla porta di casa mia, ancora addobbata per Halloween, gli butto nuovamente le braccia al collo e nascondo le lacrime. “Non far nulla di sciocco” mormoro, coprendolo di baci. “Non potrei sopportarti di perderti”
“Non mi perderai” sussurra lui, e mi bacia, appassionatamente.
Quando va via, mi calmo un attimo in cucina, al buio. E poi, sono di nuovo furiosa.
E, quel che è peggio, ho un’idea.



Sono le otto del mattino e mi sto vestendo con più cura del solito. Un tailleur grigio che era stato di mia madre, un filo di perle, capelli tirati su. Willow passa presto per prendere Christine e portarla al nido: benedico per l’ennesima volta il cielo che mi ha dato un’amica simile. E’ sorridente ed elegante.
“C’è qualcosa di cui devo parlarti, Buffy”
Sono distratta e lontana, la mente concentrata sulla mia idea. Mi scuoto a fatica dai miei pensieri e le sorrido. “E’ una cosa bella? Ho bisogno di buone notizie, Will”
“Cosa c’è, Buffy? Problemi con Spike?”
Scuoto il capo. “Lui è meraviglioso. E’ il resto del mondo che fa schifo. Ma parla prima tu”
Willow sorride di nuovo. “Cosa diresti se…ti dicessi che ho conosciuto qualcuno?”
“Ma è meraviglioso!” esclamo. Willow non è uscita più con nessuno dalla morte di Tara…e nessuno più di lei meriterebbe un nuovo amore. “Lei chi è? Come si chiama?”
Willow arrossisce. “Kennedy. E’ una ragazza un po’ più giovane di me…e questo all’inizio mi ha molto trattenuta. Tu sai che sono già al dottorato di ricerca, e lei è una semplice matricola…ma ha saputo essere molto insistente. E non nego che la trovo molto attraente. Mi piacerebbe…mi piacerebbe che vi conosceste. Tu, e Xander, siete la mia famiglia”
“Lo so, e voi la mia” replico, felice per lei. “Portala qui a cena stasera stessa. No, accidenti, stasera no…ho spostato il turno al Doublemeat, e devo lavorare”
“Come mai? Hai degli impegni, stamattina?”
“Sì…c’è una cosa che devo fare. Ti dirò oggi stesso…ti chiamo sul cellulare, appena finito”
“Ci sono dei problemi?” indaga lei, preoccupata.
“Qualcosa…ma spero si risolva” le dico. “Invita Kennedy qui a cena per domani. E chiama anche Xander ed Anya. Verrà anche Spike, spero. Sono felice per te…Willow. Non hai idea quanto.”
“Buona fortuna per il tuo impegno” mi dice lei, ed io esco di casa.
Faccio un sospirone, e mi avvio.



“Sono Buffy Summers, e desidero parlare con il Rettore”
“Il rettore è in colloquio, signora” ribatte la segretaria, freddamente. “E non riceve senza appuntamento”
La liquido con uno sguardo e vado decisa verso la porta dello studio del rettore, e la spalanco, incurante delle urla della segretaria. Potrebbero arrestarmi, e non me ne importerebbe meno.
Non prima di aver detto la mia a quell’ipocrita.
Sia il rettore che Spike mi fissano. Spike è in giacca e cravatta (brutto segno…) e si alza. “Buffy, ti prego…”
“No, lasciami parlare” gli dico, scuotendomi il suo braccio di dosso. “Signor Rettore, io sono la pietra dello scandalo. Sono Buffy Summers. Ho ventisei anni, una figlia di sette mesi di vita, un lavoro, una sorella che ho cresciuto da sola per gli ultimi sei anni, e grazie a Dio pago l’ipoteca della mia casa, puntualmente, tutti i mesi. Nessuno se non Dio e la mia famiglia può giudicare la mia vita privata. Conosco William Shelby da quando andavo al liceo…e, mi creda, non esiste un miglior gentiluomo di lui. Gli affiderei me stessa, mia figlia, mia sorella, la mia casa, i miei amici, in qualunque momento. Noi non usciamo insieme, signor Rettore. Noi stiamo insieme”
Mi fermo un attimo. Li fisso entrambi. E lascio cadere la bomba.
“Anche perché William Shelby è il mio fidanzato. Stiamo per sposarci”


Lo stupore di Spike alle mie parole è quasi comico. Quasi. Leggo nei suoi occhi di cobalto l’inizio di una violentissima ira.
“Voi…state per sposarvi?”
La domanda è rivolta a Spike, ma rispondo io, ormai lanciata.
“Tre mesi fa William Shelby mi ha chiesto di sposarmi, ed io ho accettato. Lo faremo entro Natale. Questo cambia le cose? Nessun abuso sessuale…vede?”
“Beh…certo…questo cambierebbe le cose” ammette il rettore. “Se solo pubblicaste l’annuncio di nozze sul quotidiano locale. E se la signora Summers cambiasse corso, onde evitare il rischio di favoritismi da parte del suo futuro marito.”
“Signor Smithson, noi non…”
Ammonisco Spike con lo sguardo a non finire la frase. Ne andrebbe della sua vita.
“Allora pubblicheremo l’annuncio oggi stesso. Andrò in redazione immediatamente.” proclamo. “Mi spiace aver invaso il suo ufficio, signor rettore, ma non potevo permettere quest’ingiustizia. Non potevo proprio. William…”
Indietreggio sentendomi addosso lo sguardo di Spike.
E poi la porta si richiude.
Saluto con un cenno la segretaria, che gira indignata la faccia dall’altra parte, e mi rifugio nel corridoio quasi deserto che conduce agli uffici dei professori. So già che Spike mi distruggerà, appena esce, per essermi intromessa. Ma non potevo permettere che lui fosse vittima di una simile calunnia. Proprio non potevo.
Passa un quarto d’ora, e lo vedo arrivare. Ha l’aria decisa, infuriata, gli occhi gli splendono e oh povera me, la mascella contratta. Me la farà pagare.
Lo affronto con molto più timore di quello provato quando ho invaso l’ufficio del rettore.
“Spike, io…”
Lui mi prende per le braccia e mi fa quasi male. Quasi. Poi mi bacia, e l’assalto violento della sua bocca nella mia, nei corridoi dell’università, ottenebra i miei sensi.
“Tanto ormai possiamo farlo!” esclama poi, fissandomi, furioso. “Potrei prenderti qui, contro questo muro, e nessuno direbbe nulla! Tanto oramai siamo fidanzati!”
Mi chiedo se lo farà. Voglio dire, prendermi conto il muro della sua facoltà alle nove e mezzo del mattino. Altro che titoli di giornale…
“Spike…non volevo…”
“Non volevi, cosa? Fidanzarti con me?”
Ora capisco. La vera fonte della sua furia. Crede che io abbia mentito sui miei sentimenti solo per “salvarlo”. Una pietosa bugia.
“E’ tutto vero!” grido, attirandomi lo sguardo dei suoi colleghi. “Tutto quello che ho detto è vero! Sei un gentiluomo, e sei parte di me, della mia vita. Ti affiderei tutto ciò che mi è caro in qualunque momento…perché sei tu. E mi fidanzerei con te in un istante…se solo tu lo volessi”
Lui mi fissa. Sembra indeciso tra baciarmi e schiaffeggiarmi.
“Mi stai dicendo” mormora infine a voce bassissima, facendo del suo meglio per trattenere l’ira. “Che se io ti chiedessi ADESSO di sposarmi…tu accetteresti?”
L’abitudine mi porterebbe a negare, a procrastinare, a balbettare, come mille volte ho negato, procrastinato, balbettato con Riley.
Ma non posso. Lui è Spike.
Lo fisso.
“Sì, accetterei. Spike, io ti sposerei anche domani.”
Spike mi prende tra le braccia e mi porta fuori, sotto il sole di novembre.
Quasi quasi mi aspetto che gli altri professori applaudano, come alla fine di “Ufficiale e Gentiluomo”, ma tutti tornano imbarazzati al loro lavoro.
Non mi importa. Io sorrido, e nascondo il capo contro la sua spalla.



Più tardi, molto più tardi, mi ricordo della mia promessa mattutina a Willow e prendo il cellulare per chiamarla.
“Willow?” sussurro “Tutto a posto. E’ finita bene. Poi ti racconto. Sì, a domani pomeriggio: quando esco dal Doublemeat vengo a trovarti”
“Non l’hai ancora raccontato a nessuno?” mi chiede Spike, sistemandosi meglio vicino a me e fissandomi, lasciando camminare due dita sul mio braccio nudo. Mi fa il solletico, e io rido.
“Di questo?” gli chiedo, con fare malizioso, sollevando la mano sinistra davanti al suo viso: sull’anulare splende un piccolo, perfetto diamante. Quattromila dollari di piccolo, perfetto, diamante. Stessa acqua di quelli del collier, lui è stato molto preciso in questo.
Mi chino su di lui, e lo bacio, attirando le lenzuola su di noi. Sono le sette del pomeriggio, mi sono data malata al lavoro, ho mentito alla mia famiglia…ed è dalle dieci del mattino che siamo nel suo letto. E non conto di uscirci prima dell’alba.
“Alla faccia del rettore Smithson” mormora lui, mentre ricominciamo per l’ennesima volta.
“Sta zitto” gli intimo, e poi lo faccio tacere con i fatti.
La notte di novembre scende, mentre nel suo caldo letto stiamo facendo nuovamente l’amore. E’ perfetto. E’ meraviglioso. E mi dico che me lo merito…sì, me lo merito. Ho dovuto proporgli il matrimonio, per sedurlo, ma ne è valsa la pena.
E questa notte è tutta per noi.


“Esattamente qual’è il mio status?” mi chiede Spike alle sette del mattino, mentre facciamo colazione nella sua minuscola cucina, io con una sua camicia indosso, e lui con solo un paio di jeans. L’idea di dover andare al Doublemeat mi sconvolge lo stomaco dopo questo giorno meraviglioso trascorso insieme, e sono anche corrosa dai sensi di colpa per aver ignorato Dawn e Christine per un giorno interno. Ma ci sono momenti, nella vita, da vivere senza rimorsi, e questo è uno di quelli.
“Fidanzato” bofonchio mangiando i pancakes che abbiamo preparato.
“Sei sicura?” mi dice lui. “Non lo dico per riavere l’anello…subito, mi è sembrata una grande idea…ma poi mi sono detto che tu potessi essertene pentita…voglio dire, di aver accettato la mia proposta di matrimonio”
“La tua…sono io che ti ho proposto le nozze”
“Sì, ma per salvarmi dalle ire del rettore”
“No, per impadronirmi del tuo patrimonio e delle royalties sui tuoi libri” replico.
Lui mi abbraccia e mi bacia sul collo. E’ il suo punto preferito, e l’ho scoperto da tempo. “No” mormora “Per usare il mio corpo. Solo per questo”
“Hai ragione. Per usare il tuo corpo” ammetto, e poi lo bacio sulle labbra. “Sei pentito?” gli mormoro “Non sono la donna più facile del mondo, e credo che tu lo sappia.”
“Correrò il rischio” mi dice, e mi sorride. Il bacio che segue minaccia di protrarsi in una gravissima ragione di ritardo per entrambi al lavoro e così ci separiamo lamentandoci. Lo prego di riaccompagnarmi a casa per gettare un occhio su Christine, povera figlia mia abbandonata, e lui si veste. Non riusciamo a staccarci: l’esperienza delle ultime ventiquattrore trascorse insieme è stata devastante. Abbiamo sempre saputo che sarebbe stato coinvolgente, amarsi fisicamente…ma non fino a questo punto. C’è qualcosa in lui, nel modo che ha di toccarmi, di possedermi, che libera ogni mia inibizione. Ad una prima riflessione, mi viene da ricondurlo al fatto che è un uomo che non ha alcun timore nei confronti della propria sessualità: e tutto grazie a quel laboratorio di esperienze che lui, Angel, Dru e Darla chiamavano “casa”. Preferisco non pensarci troppo, ma questo è sommamente liberatorio anche per me. Ridendo, gli ho detto che è un porco, e lui è scoppiato a ridere, ed ha confermato. “Ma ti faccio divertire” ha replicato, con uno dei suoi malefici sorrisi, e non ho potuto che ammettere che, sì, mi fa divertire. Più di chiunque altro prima.
Onestamente, sta diventando la mia nuova droga. Già vedo i titoli sul giornale: “giovane madre ridotta a larva dall’intensa attività sessuale. Sospettato scrittore maniaco”.
Comunque, in qualche modo riusciamo a rimetterci in sesto e ci dirigiamo verso casa. Dawn mi apre la porta con fare imbarazzato e mi sussurra qualcosa che mi gela almeno quanto la vista del visitatore in piedi nel mio salotto: “Non sono riuscita a trattenerlo fuori…”
Avanzo coraggiosamente, seguita da Spike.
“Ciao, Riley” lo saluto, con tranquilla fermezza.
“Buffy” mi dice lui, duramente. “Chi diavolo è lui e perché mai hai trascorso la notte fuori? Non sai che Christine ha la febbre?”



“Dawn” dico con fermezza, cercando di non farmi sovrastare dalla sua altezza (oltre il metro e novanta) e dalla sua domanda provocatoria e fuori luogo. Chi diavolo è? Cosa pretende dalla mia vita? Credevo fosse chiaro che io…e Christine…non gli apparteniamo. “Come sta la bambina?”
“Ha solo qualche linea di febbre. Ho già chiamato la pediatra, e verrà Anya qui per aspettarla. Penso siano i dentini. Ora sta facendo un riposino: si è svegliata alle cinque per bere il suo latte”
“Bene, lasciamola dormire. Riley…vieni in salotto.”
Riley, momentaneamente tacitato dalla mia assoluta mancanza di scuse e richieste di perdono – per lui inammissibile – mi segue. Non si può dire che non addestrino a seguire gli ordini, nell’esercito americano, nossignore.
“Riley, voglio presentarti Spike. Avrai forse già sentito parlare di lui: il suo vero nome è William Shelby ed è uno scrittore di una certa fama. Ci conosciamo da moltissimi anni. E’…un amico di Angel”
I due uomini si stringono la mano con lo stesso entusiasmo con il quale toccherebbero una tarantola. Malgrado Spike sia costretto a guardare Riley dal basso in alto, c’è in lui una dignitosa sicurezza che non concede niente all’arroganza dell’altro. Un caldo sentimento mi invade il cuore, un senso di possesso e…sì, di amore che non provavo da moltissimi anni. Quest’uomo mi ha stregata.
A fatica, riporto l’attenzione su Riley. “Oltre a ciò” continuo, attirandomi anche la muta attenzione di Spike, curiosissimo di sentire come deciderò di definire il nostro rapporto. “E’ anche il mio fidanzato.”
Tacciono entrambi. Entrambi aspettano che io elabori il concetto.
“Ci sposeremo prestissimo”
Ecco la bomba è caduta. Un lievissimo sorriso ironico affiora sulle belle labbra di Spike, quelle labbra che, nelle ultime ventiquattro ore, hanno adorato parti di me a cui nessuno, prima, aveva dedicato tanta attenzione…ma ormai sto imparando a conoscerlo, e capisco che sotto l’apparenza scanzonata Spike è commosso. Malgrado tutto, non credeva davvero che il nostro fidanzamento, così opportunamente sbandierato davanti al Rettore, fosse qualcosa di così concreto. Io, invece, sì. Non faccio fatica ad ammettere che mi vedrei benissimo come Mrs. Shelby, anche se non abbiamo ancora parlato di nessun dettaglio concreto: il suo lavoro, il mio, la sua nazionalità, la bambina, Dawn, la casa di mia madre.
Non importa. So che queste cose non ci tratterranno davvero, se vorremo vivere insieme.
“E vi frequentate da…quando? Due ore?” chiede Riley, con una sfumatura di sarcasmo piuttosto insolita in lui.
“Non mi pare che tu conoscessi Sam da molto più tempo, quando vi siete sposati” replico pacatamente. “Come ti ho detto, conosco Spike da anni. E ci frequentiamo da…due mesi. Lo so, non è molto, ma la nostra è una storia seria. E non vedo, oltre tutto, come possa riguardarti. Sei sposato, Riley, con un’altra donna, e da molto tempo, ormai, le nostre strade sono separate”
“Ma Chistine è mia figlia” replica lui.
“Biologicamente, sì. Legalmente, anche…ma la sua vita è con me. Non sei mio marito. Abbiamo deciso fin dall’inizio che io sarei stata il suo unico genitore. E dove vado io, viene lei”
“Tu la trascuri per stare con questo…questo…”
“Inglese?” suggerisce Spike, pacatamente. “Scrittore? Quali altri aggettivi avevi in mente? Non mi drogo, non ho vizi particolari, lavoro, sono fisicamente sano. Esattamente, in cosa sarei inadatto ad essere il marito di Buffy?”
“Buffy, dobbiamo parlare da soli” insiste Riley, ignorando il commento pieno di buon senso di Spike.
“Io non credo. Non c’è altro da dire. Comprendo che tu possa preoccuparti per Christine, ma non ne hai motivo. E’ una bambina felice e contenta, ben curata da me, Dawn, ed i miei amici. In nessun modo la storia con Spike potrà danneggiarla. Inoltre, credo di aver il diritto ad una vita privata…senza che tu debba questionare le mie scelte”
“Buffy!” insiste Riley. “Io ti ho chiesto mille volte di sposarmi. Perché lui e non io…?”
“Non è così semplice, non lo è mai stato” ammetto. “Ho le mie colpe, per quel che riguarda il nostro rapporto, e non intendo ignorarle. Non ero innamorata di te, Riley, e me ne dispiace, ma al cuore non si comanda. Non potevo sposare un uomo che non amavo…nemmeno per amore di Christine”
“E lui, invece…lo ami?”
Bella domanda. Spike mi fissa, Riley mi fissa. Non ho più scampo.
Spike fa un passo avanti. Mi aspetto che voglia chiedermi, una volta per tutte, cosa provo. Ne avrebbe il diritto, visto che ho appena affermato che lo sposerò.
Invece, mi mette una mano sulla spalla e mi sorride.
“Riley, questi – se permetti – sono affari nostri. Credo che la tua visita debba concludersi qui” dice soavemente Spike.
Riley sbuffa. “Sarò in città fino a domani, Buffy, e vorrei rivedere la bambina”
Mi faccio forza, rasserenata dal sostegno morale di Spike e dalle sua forza. Gli sono grata di non aver preteso nulla da me, nemmeno stavolta.
“Vieni stasera a cena” mi sforzo di dire. “Ci saranno tutti gli amici. E potrai vedere Christine…e raccontarmi delle tue avventure in Iraq”
Sto sforzandomi di recuperare un rapporto sereno con Riley, per amore di Christine, spero che lui mi aiuti a farlo. Riley guarda prima me, poi Spike, e lentamente annuisce. Sa che tra di noi non c’è più nulla e - in fondo – credo ne sia persino sollevato. Il suo rapporto con la moglie non trarrebbe certo giovamento da un’ex ingombrante con un figlio suo a carico. Tant mieux se io divento il problema di un altro uomo.
Quando rimaniamo soli, getto le braccia al collo di Spike, e nascondo il viso contro il suo collo.
“Quanto sei fenomenale?” gli chiedo.
“Abbastanza da sposarmi?” sorride lui. “Andiamo, farai tardi al lavoro.”
“E’ vero…e devo farmi perdonarmi per ieri”
Ci baciamo leggermente, anche se la passione corre ancora appena sotto la superficie della mia pelle, ed usciamo entrambi. Questa mattina stessa, lui andrà al Sunnydale Daily per pubblicare l’annuncio di nozze, come fortissimamente voluto dal Rettore.
Mi viene male….




Sto ancora peggio quando la serata improvvisamente scivola sull’orlo del baratro. Riley è rigido come un merluzzo, dimenticandosi forse che questo non è il refettorio dell’accademia di West Point bensì la mia sala da pranzo. La nuova ragazza di Willow è…insopportabile rende bene l’idea? Cielo, so che non dovrei, ma non riesco a vedere cosa ci trovi in lei. Xander ed Anya sembrano condividere questa mia impressione, e Willow ne è – ovviamente – sconvolta, anche se facciamo di tutto per non rendere manifesto il nostro disappunto.
E non è che non la sopportiamo perché è così diversa da Tara.
Non fraintendetemi, Tara era meravigliosa. A partire dalla sua bellezza pura, semplice ed antica, fino al suo carattere quieto e forte. Una gran donna.
Questa è una mocciosa arrogante, viziata, snob, ed antipatica.
Ma piace a Willow, e dobbiamo farcene una ragione, ed essere carini con lei.
Guardo Spike, tranquillo accanto a me, e mi chiedo se i miei amici lo detestino altrettanto. Willow e Dawn sicuramente no, visto che sono diventate sue amiche ancora prima che noi divenissimo una coppia, Xander ed Anya…non saprei. Xander non mi sembra abbia sviluppato una grande simpatia per lui, dopo l’iniziale ostilità, ma del resto – a parte Riley – non ha mai approvato nessuna delle mie relazioni. Anya mi sembra attratta da lui, ma Anya flirta con tutti, anche con il suo datore di lavoro di vent’anni più vecchio di lei, perciò non si può giudicare. Quando Anya tira fuori un foglio di giornale dalla borsetta, sento che il disastro incombe.
“Oggi pomeriggio, sull’edizione serale, ho visto questa…e ho detto al signor Giles, il proprietario del negozio dove lavoro…io questi due li conosco! Che cosa chic! Xander, anche noi avremmo dovuto avere un annuncio sul giornale”
“An, tesoro, costava troppo”
“Xander, non essere venale”
“An, eri tu che dicevi che costava troppo” rimarcò Xander, stancamente.
“Ah…beh, è vero, ma ora stiamo parlando dei loro soldi…Eccolo qua… “La signorina Buffy Anne Summers ed il signor William Shelby annunciano il loro fidanzamento”…a quando le nozze?”
“A Natale” rispondo io.
“Presto” dice Spike, ed io gli sorrido.
“Whoa, congratulazioni!” ride Dawn, gettandoci le braccia al collo. Willow mi sorride, la sua ragazza si guarda le unghie, e Riley ha il volto di un condannato a morte. Non è stata una grande idea metterlo così pubblicamente di fronte al fatto compiuto…grazie Anya.
La mano di Spike scivola sotto la tovaglia a stringere la mia, e lo guardo con riconoscenza. Grazie a Dio, quest’abominevole serata finisce. Salutiamo Kennedy garantendole che siamo stati entusiasti di conoscerla, ed accompagniamo Anya e Xander alla porta. Quanto a Riley, lo lasciamo un po’ da solo in salotto con la bambina ed io e Spike rimettiamo in ordine sala da pranzo e cucina.
“Lasciagli un po’ di tempo” mi dice lui, lavando i piatti. E’ da mordere con indosso il grembiule di mia madre con su scritto “Baciami tutta!”. “Si è appena rassegnato a non avere un ruolo nella vita di suo figlia…ed ora deve anche accettare che tu ami un altro uomo al posto suo. Io so che non potrei accettarlo…”
“Dimmi una cosa” gli sussurro, stringendomi a lui. “Quando mi hai notata per la prima volta? Al funerale di Darla?”
Lui scuote il capo, sorridendo in quel modo malizioso che gli riesce così bene.
“No. Avevi diciassette anni…una notte al Bronze, in quel localaccio che frequentavate tu ed i tuoi amici all’epoca. Ballavi con Xander, ed io ero lì con Dru ed Angel. Ed eri splendida…così fiera, pura, sensuale. Mi sono detto che ti odiavo. Che eri una sciocca ragazzina immatura…ma la tua voglia di vivere mi entrò fin nel cuore. Non smisi mai di pensare a te, in tutti questi anni”
“E quando mi hai rivista…” gli chiedo, commossa.
“E’ stata una rivelazione. Dopo Dru, sono uscito solo con ragazze bionde…Harm era l’ultima della lista. Poi, ti ho vista, semplice e dignitosa e donna a quel funerale e mi son detto ‘William, amico mio, smettila di cercare. Ce l’hai sotto gli occhi, la tua dama bionda. Quella che hai sempre cercato. La ragazza che ballava al Bronze, la ragazza che sa piangere, ridere, lottare. Non fartela scappare, stavolta. Sei fortunato, è libera’. Ed ho capito che non potevo lasciarti andare. A nessun costo.”
“Sono lieta che tu abbia capito anche un’altra cosa” mormoro. “Che mettendomi addosso troppa pressione mi avresti solo perso.”
“Sì. Sei una donna proprio complicata, Buffy Summers…lo sai? Ed ora dimmi di te. Eravamo nemici mortali. Cosa ti ha convinto a venire a Las Vegas con me?”
Io sorrido. “Il tuo odore” dico poi, maliziosa.
“Il mio…odore?”
“Ogni volta che ti avvicinavi, volevo annusarti. Sai di buono. E…questo va direttamente ai miei centri nervosi. E’ il più potente afrodisiaco che io conosca” gli sorrido, ma poi gli accarezzo la fronte, e divento più seria. “Ma non è tutto. Ammiro la tua forza, la tua sincerità, il tuo calore umano…il senso dell’umorismo, l’intelligenza, lo spirito. E sei sexy da morire. E spesso mi fai venire voglia di prenderti a sberle. Il tutto, insomma…il pacchetto completo. Spike, mi hai conquistata”
“Buffy” sorride lui. “Le donne come te non si conquistano mai del tutto”
Nego, porgendogli la bocca per l’ennesimo bacio.
Un colpo di tosse ci interrompe.
“Buffy, credo che la bambina vada cambiata” mi dice Riley, gelido come l’Artico. La prendo dalle sue mani e la porto via. Lui mi segue, dopo aver squadrato dall’alto in basso Spike, che vedo si trattiene a stento dal mostrargli il dito medio.
“Credo che tu debba riflettere ancora un po’ su questo passo, prima di compierlo” mi dice Riley, arricciando il suo naso troppo largo, mentre io cambio il pannolino di Christine.
“Ed io credo che non siano fatti tuoi”
Lui si raddrizza. “Hai ragione. Sono io, in fondo, che ho sposato un'altra donna”
“Sì” dico io” Ma non è solo questo. Tra di noi era finita prima che concepissimo Christine…prima ancora che mia madre morisse. Non ha senso parlarne ancora”
“E va bene” mi dice. “Vuoi che ti dia la mia benedizione? O preferisci che annulli il fondo per l’educazione universitaria di Christine…e sparisca per sempre?”
“A te la scelta, Riley” ribatto freddamente.
“Scusami” mi dice lui, passandosi una mano tra i capelli. “Oltre tutto, sono geloso…sei una donna eccezionale, Buffy, lo sei sempre stata”
“Non so sparare a Saddam” mi schernisco.
“Non è tutto, lo sai” mi sorride io. “Noi siamo addestrati per questo. Tu…sopravvivi. Alla morte di tua madre, all’abbandono di tuo padre…hai tirato su tua sorella, ed ora stai facendo lo stesso con tua figlia. Sono orgoglioso di te…e ti amo ancora”
“Shhh” gli dico io. “Tua moglie non merita che tu dica questo. E non lo merito neppure io. E’ finita, Riley…accettalo”
“L’ho accettato” mi dice lui, infine. Mi prende una mano, la bacia…da’ un bacio a Christine, e si allontana.
Non credo che lo rivedrò presto, ma credo che i suoi pagamenti mensili per il fondo della bambina non verranno meno.
Sentirmi ancora amata da lui non mi da’ nessuna gioia, solo tristezza. Sono triste per non essere mai stata capace di ricambiarlo…e triste per lui. Se è vero che mi ama ancora, porta un bagaglio pesante nel suo matrimonio.
Dopo un po’, la porta si riapre, ed è Spike.
“Fermati stanotte da me” gli dico, accarezzandogli le spalle, godendo nel sentire il gioco dei suoi muscoli sotto le dita. Il suo corpo mi fa impazzire…ma è la sua anima ad avvincermi con catene sempre più strette. Mi prende tra le braccia e ed io mi abbandono.
“Avete fatto pace?” mi chiede.
“Spero di sì” sussurro. “Shh…Christine si è addormentata”
Scivoliamo insieme nella mia stanza da letto, quella che era stata di mia madre. Spike comincia a spogliarmi e finiamo a letto, comodamente l’uno nelle braccia dell’altro. Aspettiamo in silenzio che i rumori di Dawn che si prepara per la notte si chetino. Quando tutto è silenzio, lentamente, lui mi sfila i pantaloni del pigiama, ed io la sua maglietta di cotone. Facciamo l’amore in silenzio, lentamente, attenti a non far rumore, a non svegliare le ragazze che dormono. E’ bellissimo, e molto, molto eccitante. Il sesso non è più la monotona routine che avevo conosciuto con Riley, ma qualcosa di nuovo, intimo, intenso, che mi toglie il respiro. La sensazione delle sue dita che mi accarezzano mi porta subito all’estasi. Stiamo raggiungendo velocemente un’intimità che un po’ mi spaventa. Mi sembra di essere sempre stata tra le sue braccia…quando mi addormento, con la testa sul suo petto, lui mi accarezza i capelli e mi mormora frasi morbide e senza senso, che cullano il mio sonno.
Non mi sono mai sentita così felice.




Quest’anno festeggiamo il Ringraziamento a casa mia, e la piccola villetta di Revello Drive non mi è mai sembrata più colma di gente. Ci siamo io, Dawn, Christine, Willow, la sua ragazza (stiamo imparando a conoscerla e, come diceva mia madre, ci si abitua a tutto…), gli sposini Xander ed Anya, il datore di lavoro di lei – un inglese di mezz’età di nome Rupert Giles che nessuno di noi desiderava lasciare solo per le feste, simpaticissimo, tra l’altro – e…Spike, naturalmente. Il tacchino lo cucino io con l’aiuto di Dawn e Willow, Spike prepara i dolci e la tavola, Christine piagnucola e poi - nel pomeriggio – gli uomini guardano la televisione. Ricevo una telefonata di Cordelia che mi annuncia che il bimbo di Angel sta bene malgrado le coliche…e che Angel mi saluta. Mi arriva persino una cartolina di auguri dall’Iraq.
Mi sento in pace.
Improvvisamente, tutto intorno a me è ricominciato: è ricominciata la voglia di vivere, d’amare, di stare insieme ai miei cari. La vita quotidiana non è un insopportabile peso, una gimcana insensata tra lavoro, studio, doveri familiari. La mia esistenza è alleviata dalla dolcezza dell’amore che provo per quanti mi amano…e dalla loro forza.
“Ehy, baby” mi dice Spike, raggiungendomi sul portico mentre tutti, in casa, stanno giocano a strip – poker (quasi senza lo strip e puntando cioccolatini, in verità). “Sai che ti dico?” mi sussurra, accendendosi una sigaretta. “E’ proprio ora di riservarci un week – end tutto per noi e tornare a Las Vegas. Voglio vedere se tiro su abbastanza grana per completare la tua parure con un braccialetto di diamanti…”
“Solo per quello?” lo provoco, avvicinandomi a lui, spalla contro spalla.
Lui mi fissa, serissimo.
“Davvero vuoi una di quelle cappelle bianche e pacchiane?”
Scuoto il capo.
“No”
“Ah…credevo…” la sua delusione è tangibile.
“Shhh” gli dico, appoggiandogli un dito sulle labbra. “Il nostro matrimonio sarà qui, a Sunnydale, in famiglia, con le persone a noi care. E sarà presto…molto presto”
Lui sorride. Inclina il capo…e sbatte le ciglia. Tutto il repertorio spikiano, insomma.
“Spike!” esclamò io, furiosa “Piantala! Sono già sedotta…non occorre che esageri”
“Bene, perché è faticosissimo” commenta lui, rilassandosi.
“Io ti amo già così. E…da tanto, se vuoi saperlo” confesso, in un sussurro che svela il mio cuore.
Lui mi prende tra le braccia, ed assapora il momento.
Sono incredula quanto lui. Ci sono riuscita! Sono riuscita ad esprimere i miei sentimenti!
La voce di Dawn arriva dal salotto “Ce l’ha fatta!! Anya è riuscita a far togliere la camicia al signor Giles!”
Ci alziamo in piedi, sospirando.
Spike sorride. “E’ il caso che io vada a dare manforte al mio connazionale”
“E che io cambi e porti a letto Christine”
Annuiamo e ritorniamo in casa. Davanti alle scale, lui mi prende per le spalle…e mi da’ un minuscolo, tenerissimo bacio.
“Grazie” mi sussurra.
“Di niente” gli dico, prigioniera dei suoi occhi.
“Nel caso non fosse stato chiaro…Buffy, ti amo anch’io. Da sempre.”
Scoppio a ridere. “Sì, lo so” rispondo, nella mia migliore imitazione di Han Solo. E lo spedisco con una piccola spinta in salotto, a salvare il povero Giles da sicura umiliazione.



FINE

In un altro universo, una diversa dimensione….
“Io, Cordelia, desidero …desidero che nel nostro mondo non esistano né vampiri, né cacciatrici…”
“Desiderio accordato”
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