L’ho odiato, disprezzato, temuto, quando con parole come paletti ed occhi di ghiaccio mi costringeva ad aprire gli occhi di fronte alla verità: Angel e Dru, Angel e Darla.
Poi, sono stata intrigata dalla sua ironia, dalla sua voglia di vivere, dalla sua maledetta abitudine di andare subito al nocciolo dei problemi. Ed ora, sono riscaldata dalla sua presenza sensuale, eppure ancora così dolcemente casta, dai suoi occhi blu che si accendono al vedermi, dal tocco caldo delle sue dita nelle mie, dal calore eccitante e profondo del suo bacio, ieri sera, che mi ha fatto scorrere il sangue nelle vene come mai prima.
Con lui, non sono indifferente. Potrei odiarlo, questo sì, ma non potrei mai essergli indifferente.
Non dico che lo amo. Ho un po’ perso dimestichezza con questa parola: non so bene cosa significhi. Ma amo mia figlia, mia sorella, il ricordo di mia madre, i miei amici. E sento che questo caldo affetto potrebbe facilmente dilatarsi fino ad inglobare lui.
In un angolo privato della mia mente.
Una canzone invade la strada illuminata dal sole, provenendo da un vicino bar. Riconosco le parole: “Andrò a fondo con questa nave, non ci sarà una bandiera bianca sulla mia porta: ti amo e sempre ti amerò”. Quando vidi il video, su MTV, pensai improvvisamente, stranamente ad Angel: l’attore che lo interpreta un po’ gli assomiglia. Un po’: Angel è più bello. Poi, pensai che le parole descrivevano bene il mio sentimento per lui: perduto da così tanti anni, eppure sempre presente. Per sempre.
Lasciatemi dire che in questa giornata di sole, accanto a quest’uomo singolare con gli occhi più blu del creato e la fisionomia più sexy ed insieme vulnerabile del mondo, non ne sono più tanto sicura.




“A cosa stai pensando?” gli chiedo, mentre lui riposa vicino a me dopo il pranzo, consumato in un ristorante all’aperto. Abbiamo bevuto un caffè espresso, e vedo che lui sta fissando il cielo. In questo momento, i suoi occhi sono di un azzurro tenue, sembrano riflettere quella lontana superficie.
“A te. A questa vacanza. A come sto bene”
“Vieni da un periodo difficile?” gli chiedo.
“Ero a Seattle, prima di ricevere questa chiamata dall’Università di Sunnydale. Ma stavo soffrendo il freddo, e meditavo comunque di scendere a sud. Ho scritto un po’, un romanzo, questa volta. Approfitterò di questo periodo qui in California per finirlo.”
“Davvero? E di cosa parla?” gli chiedo, incuriosita dal suo lavoro.
“E’ una specie di giallo. Lo so, non ci ho mai provato, ma mi va di sperimentare qualcosa di nuovo. Del genere, donna sola incontra sconosciuto pericoloso: è passione, o dramma?”
“Davvero?” mi stupisco. “Mi sembra molto Mary Higgins Clark, ma se lo scrivi tu…Non vedo l’ora di leggerlo. Confesso che ho letto tutti i tuoi libri”
“E ti sono piaciuti?” indaga lui, con uno dei suoi sorrisi ironici.
“Mi hanno esasperato, divertito, preso in giro…e sì, mi sono piaciuti”
“Allora ti piacerà anche questo. Vedrai” mi promise lui. “Altrimenti, sei libera di mandare la tua richiesta di danni all’editore”
Ridiamo insieme. Lo sa anche lui quanto può essere esasperante.
“Cosa pensavi di fare, questo pomeriggio? Siamo ai suoi ordini, signora”
Lo fisso e sorrido. “Mi giudicheresti una vecchia madama se volessi fare un…pisolino? Divertirsi stanca. Poi, potremmo giocare un po’ a poker…so che non sei venuto a Las Vegas per giocare, ma ho visto come ti riesce bene.”
“Ti accompagno, allora”
Ci avviamo verso l’hotel, e lascio la mia mano nella sua. Me ne deriva un conforto francamente sproporzionato all’entità del gesto. Ma mi piace da morire questa nuova intimità che si sta instaurando tra di noi. Quando siamo davanti alla porta della mia camera, gli sorrido.
“Che ne diresti di fare il pisolino…con me?” gli chiedo.
Lui mi fissa, gli occhi più grandi. Spero che non mi fraintenda. Non mi delude, e non lo fa.
Ci accoccoliamo sul letto, vestiti, e lui mi prende tra le braccia. Appoggio un istante la testa contro il suo petto, e subito mi addormento.
E’ il sonno più tranquillo che conosco da molto tempo.


E’ un breve sonno pomeridiano senza sogni, e quando mi risveglio sento che lui mi sta accarezzando i capelli e mi sta sfiorando la fronte con le labbra. Faccio finta di dormire ancora per godermi la sensazione. Mi rendo conto improvvisamente che mi sta trattando così come io tratto Christine, ma non mi sento per niente infantile per questo. L’idea di dormire con lui non è nata dal desiderio di sedurlo: le mie esperienze con gli uomini, sino ad ora, mi hanno reso tutto fuorché una ninfomane. Al contrario, volevo che la nostra intimità si accrescesse…e così è successo.
“Buh!” gli faccio, aprendo gli occhi di scatto. Lui sussulta dalla sorpresa. “Cattiva, ti sei svegliata” mi rimprovera con un sorriso. “Ti diverte lasciarmi credere che dormivi?”
“Sì” ammetto soddisfatta. “Accarezzami ancora, mi piace. Con la mia bambina, lo facciamo sempre. Dormire insieme e coccolarci, intendo”
Lui sorride. “E’ la prima volta che mi parli di lei di tua spontanea volontà. Si chiama Christine, vero? Ti ha cambiato la vita?”
“Più di quanto credevo. E’ una bambina meravigliosa, mi sorride sempre. Io l’adoro, semplicemente”
“Vuoi parlarmi di suo padre?” mi chiede, sistemandosi meglio sul letto, e spostando il braccio destro intorno alle mie spalle, accarezzandomi i capelli. Una volta, tanti anni prima, durante una delle nostre consuete liti, mi disse che avevo degli “stupidi capelli”. Chissà cosa intendeva?
“Dobbiamo proprio?” insisto, facendo il broncio. E poi sospiro, di fronte ai suoi occhi curiosi. “L’ho conosciuto il primo anno di università. Era un allievo del corso ufficiali dei marines, e si stava laureando. All’inizio, credevo che fosse interessato più a Willow che a me, parlavano sempre insieme…ma lei cominciò ad uscire con la povera Tara, e lui ed io cominciammo a frequentarci”
“Che tipo era? Fisicamente, intendo?” mi interrompe Spike.
“Alto, tanto per cambiare. 1,90, forse di più, capelli biondi, occhi grigi…un bel ragazzo. Giocatore bravissimo di basket, tra l’altro. Dello Iowa. Casa, patria, famiglia”
“Piuttosto diverso da Angel”
“E’ quello che ho pensato anch’io” ammetto. “Così diverso…sapevo per istinto che non mi avrebbe mai lasciato. Ed infatti, lui ha sempre mantenuto la sua parola. Sono io che mi sono staccata da lui, quanto più lontano ho potuto quando mia madre ha cominciato a stare male…qualche tempo dopo la sua morte, abbiamo ripreso a vederci, ma io mi sentivo sempre più distante. Quando è partito, ho scoperto di essere incinta…e non ho pensato neppure per un istante che avremmo condiviso questo figlio insieme. Lui ha finalmente capito che non c'era posto nelle nostre vite per lui, ed ha sposato un’altra, una sua collega”
“Non sei pentita?” mi chiede lui, accarezzandomi un braccio. Lunghi brividi mi scorrono sulla pelle, e sollevo gli occhi di sotto in su, per guardarlo. Ma lui fa finta di niente, ed è concentrato sulle mie parole.
“No…” sussurro. “Oggi meno che mai”
Lui sorride soddisfatto.
“Che ne diresti di scuoterci la pigrizia di dosso?” mi chiede, quando la mia vicinanza, in quel letto, diventa evidentemente…poco confortevole per lui. La cosa quasi mi commuove. Allora, non gli sono indifferente.
“Quali sono le tue intenzioni?” gli chiedo, riferendomi alle ore prima della cena che si stendono ancora dinnanzi a noi. Lui mi sorride, ma improvvisamente ho la sensazione che non stia parlando del pomeriggio.
“Tutte orribili…non hai idea quanto. Ma temo che l’avrai, tra breve, se non scendiamo da questo letto”
Gli sorrido, gli occhi fissi su di lui. Non ho paura del sesso, non l’ho mai avuta, e sarebbe facile a questo punto scoprire se è vero che sono una natura poco appassionata…od il contrario.
Ma sento che non vuole svilire quello che sta nascendo tra di noi, ed io nemmeno. Non è saltandoci addosso che diventeremo più uniti…non subito, almeno.
Sospiro e scendo dal letto.
Lui mi afferra gentilmente per la coda di cavallo.
“Adoro i tuoi capelli” mi sussurra, le labbra a pochi millimetri dal collo. Un brivido mi scorre lungo la schiena, un brivido di sensualità pura. Ancora non c’è stato quasi nulla tra di noi, ed ho già capito che è in grado di accendermi come nessun uomo prima.
“Hai detto che erano stupidi” replico da vera idiota.
Lui sorride, e la sua bocca trema vicino alla mia pelle. Con un gesto rapido, il suo braccio scivola intorno alla mia vita, appena sotto il seno, e mi attira a sé. Il suo corpo è snello, incredibilmente forte. Il respiro mi si blocca in gola.
“Ero io lo stupido. Troppo invidioso di Angel per ammettere con me stesso che quell’idiota stava lasciando una donna splendida come te per quella lunatica di Dru. Ero stupido, ma non cieco, Buffy”
Il complimento mi da’ alla testa. L’adulazione può tutto, me ne rendo conto in quest’istante. Ho dimenticato tutti i miei buoni propositi: voglio solo saltargli addosso.
Ma lui mi lascia andare.
“Andiamo?” mi sorride, con quel suo sguardo malizioso da monello.
Rimetto a posto i miei ormoni sconvolti, e vado a pettinarmi.



Lui gioca a poker tutto il pomeriggio, e va benissimo, perché mi sento pigra al punto da non far nulla se non sollevare bibite analcoliche alle labbra ed osservarlo.
E’ bellissimo.
Ogni tanto lui solleva lo sguardo dalle carte e mi sorride. Ed io risento addosso il profumo del suo corpo, la sensazione delle sue labbra a sfiorarmi la pelle. Ormai so, fin dentro l’ultima cellula del mio corpo, che un giorno saremo amanti.
E’ solo questione di tempo.
E di cocciutaggine.
La mia o la sua? Me lo chiedo, osservandolo. Sta vincendo forte, molto più di ieri. Mi rendo conto che non mi ha portato qui a Las Vegas per sedurmi…non in modo grossolano, se non altro. Ha avuto più di un’occasione, e non ne ha approfittato.
Ma questo non vuol dire che non stia efficacemente seducendomi lo stesso. Una settimana fa ero a disagio con lui, ora sto aprendo la mia mente (e non solo quella) all’idea che presto mi possieda.
Gioco con l’idea di far l’amore con lui stanotte stessa: nella peggiore delle ipotesi, so che sarà dolce, consolante, avere di nuovo un corpo bello e maschile accanto a me.
Ma sento che lui vuole altro da me, e questa certezza che fino a stamattina mi spaventava, ora – improvvisamente – mi attira. E se provassi a lasciarmi andare, emotivamente, intendo?
Una paura gelida mi assale. Rischierei di spezzarmi il cuore, di nuovo. Lo sento ad istinto. Perché lui non può essermi indifferente.
Quando finisce di giocare, mi mette una manciata di fiches in mano. “Buffy, devo fare una cosa. Gioca un po’ a quello che vuoi…ti raggiungo subito”
“Le vincite saranno tue” lo ammonisco. Sa che non può in nessun modo comprarmi.
“Certo” sorride lui, baciandomi una mano, e sparendo.
Mi chiedo cosa diavolo stia architettando e vado ad un tavolo di roulette. So che ha vinto parecchio, almeno diecimila dollari, ma se intuisco bene come credo le cifre che viaggiano sulla colonna “imponibile” della sua dichiarazione dei redditi, so che questa vincita non è che argent de poche.
Gioco e regolarmente vinco quel tanto che ho giocato. La prudenza è sempre stata una delle mie virtù. O dei miei difetti?
Lui torna mezz’ora dopo, trafelato.
“Andiamo” mi dice, e mi porta in uno dei divanetti del vicino caffè. Prende da una tasca una benda di seta nera e sorridendo me la fa dondolare davanti agli occhi.
“Ti fidi di me?” mi chiede. Io sorrido. Vuole passare da un bacio al bondage? Bene, bene…In pubblico?!
“Mai” gli rispondo con un filo di voce, e gli tendo docilmente le mani.
Lui scuote il capo, divertito. Prende la benda e me la posa intorno al capo, davanti agli occhi. E poi stringe. Ardo dall’imbarazzo e dall’eccitazione. Un brivido tutt’altro che casto mi scuote. Mi chiedo – non per la prima volta - come sarebbe fare l’amore con quest’uomo così imprevedibile.
Sento qualcosa di freddo, di gelido sul collo, lasciato scoperto dal mio cardigan azzurro.
Alzo le mani al capo e mi tolgo la benda. Mi giro per riflettermi allo specchio ed ho sul collo diecimila dollari di collier di diamanti.
Allibita, lo fisso.
Sono indecisa tra uno schiaffo ed un bacio.
Questa volta decide lui.



Appena sento le sue labbra sulle mie, chiudo le mie braccia intorno al suo collo e mi perdo nel bacio. Questa volta, non è tanto casto. La sua lingua scivola nella mia bocca, e subito l’accolgo, con gioia e piacere, con una sensazione di appartenenza che mi sconvolge. Le mie dita si perdono nei suoi capelli di seta, e mi stringo più forte al suo corpo. Lo desidero. Lo desidero follemente, e lo odio perché mi ha regalato un collier che vale come un quinto dell’ipoteca sulla casa di mamma. Lo odio perché mi fa sentire quanto sensuale sia sentirsi comprare. E lo odio perché so che non mi sta comprando affatto.
Mi stacca da sé, senza fiato, e rimaniamo vicini, le labbra vicine, a prendere ossigeno, prima di riunirsi ancora, e poi staccarsi, e poi riunirsi.
Infine, mi prende per le spalle, e mi allontana da sé, guardandosi attorno. Nessuno ci osserva, nessuno guarda veramente gli altri a Las Vegas, ma siamo in pubblico, e quanto sta avvenendo tra di noi, anche se apparentemente sono solo baci, è quanto di più privato esista.
“Non voglio offenderti. E non voglio adorarti come si adora una dea. Ma ho vinto diecimila dollari, e non riesco ad immaginarne un uso migliore che comprare qualcosa da mettere sulla tua pelle, perché tu mi senta vicino.”
“Lo so” rispondo, gli occhi scuriti dalla passione che solo lui sa suscitare in me, la bocca gonfia per i suoi baci. “Cosa facciamo?”
“Sei tu a dovermelo dire ma, Buffy, ti prego, non giocare con me”.
Cerco di calmarmi. “Terrò il collier” gli dico “in ricordo di questi giorni meravigliosi e perché so che non sei più povero senza quei diecimila. Ma dobbiamo andare piano, Spike. Io sono una donna terribile: credo di non sapere amare. Non meriti che ti tratti come ho trattato Riley…e non lo merito nemmeno io”
Lui mi fissa, e mi sorride, ora più calmo.
“Dolcezza, io non sono Riley”
“Lo so” ripeto. “E forse è questo che mi spaventa”
“La notte è ancora giovane” mi dice lui, improvvisamente più sereno. “Andiamo a cena. Voglio che tutti vedano quanto sei bella”
Se da un lato sono sollevata che la nostra conversazione non sia finita con una rapida ruzzolata in camera da letto, dall’altro sono fortemente delusa.
Ma andare piano è diventato il nostro mantra, e ci atterremo ad esso.
Fino a che ci riusciremo, almeno.



Ho indossato il collier anche per la cena, sul mio unico abito da sera (per la curiosità del lettore, lungo, bianco, con una scollatura piuttosto profonda) ed abbiamo ballato guancia a guancia. Lui mi ha tenuto sfiorandomi la pelle con la punta delle dita, con le labbra…ed il mio corpo ha reagito in un modo che mi ha sconfitta. Sono sua, e non lo sa ancora.
E’ solo questione di tempo, mi dico. E poi, che succederà? Lo so già, in fondo. Lui non ha problemi economici, è un uomo sexy, estremamente attraente, può avere qualunque donna ….o uomo…che desideri.
Perché me?
La bellezza dei quindici anni è da tempo svanita, temo, ed ho un lavoro mal pagato ed una bambina piccola, avuta con un altro uomo. Cosa può cercare in me? Non sono raffinata, né intellettuale, né bellissima. Sono una donna comune. Quando l’avventura sarà finita, mi rimarrà un collier da diecimila dollari, e qualche bel ricordo. D’accordo, qualche bellissimo ricordo.
Null’altro.
Non so se reggerei quest’altro colpo.
Angel dice di avermi amato, ma non abbastanza. Non abbastanza da sfidare mia madre, da rovinare la sua carriera, da rinunciare alla bella Dru, da non esserci per Darla. Non abbastanza per stare con me. Esattamente come mio padre. Mi amava, ma non abbastanza.
Perché mai quest’uomo che ha tutto dovrebbe amarmi a sufficienza da restare?
In un momento di personalissimo sconforto, sono tentata di accelerare i tempi. Così da ritrovarmi il prima possibile al punto di partenza, sola.
“Andiamo in camera?” gli dico, e dev’esserci una luce particolarmente delusa nei miei occhi perché lui mi scruta con attenzione.
“Non mi sembra quello che vuoi davvero” mi dice. “O sbaglio?”
“Mi sto chiedendo quanto durerà quest’avventura” gli rispondo con sincerità. I suoi occhi si incupiscono.
“Ho mai detto che lo sia? Un’avventura, dico”
“Cos’altro potrebbe essere?” rido, amaramente.
Mi guarda con occhi così scuri da sembrare improvvisamente, nella penombra della sala da ballo, neri. “Scommetto che tu, Buffy, non riconosci una cosa buona quando ti capita nemmeno se ti morde il sedere”
Adesso è infuriato. Oh, oh, conosco bene le sue ire. Lo rendono ancora più sexy, e pericoloso. Ed improvvisamente mi dispiace di aver detto quello che ho detto. In fondo, non posso aver la presunzione di conoscere perfettamente le sue intenzioni.
Lo lascio andare, mi allontano da lui.
“Mi dispiace, non volevo offenderti” gli dico. “E’ che…”
“Smettila di misurare tutti con il metro con cui misuravi Angel…e tuo padre” mi rinfaccia. “Io sono io. E, se permetti, ritengo di essere diverso da loro”
Arrossisco. E’ esattamente quello che ho sempre fatto e lui, come al solito, mi ha smascherata.
“Forse è meglio se questa serata finisce qui”
Annuisco, con il cuore a pezzi. Come al solito, ho rovinato tutto. Mi viene da piangere. Lui se ne accorge, e mi passa un braccio intorno alle spalle, portandomi verso la piscina, deserta a quest’ora. “Cosa devo fare per convincerti che sono sincero?” mi chiede, cercando anche lui di dominare la sua furia per essere vittima dei miei inveterati pregiudizi.
“Niente. Sono io che sono sbagliata” gli rispondo.
Lui mi solleva il mento con due dita. “Buffy, abbiamo tutti e due sofferto. Ma non si può smettere di amare. Non si deve mai smettere d’amare. E’ questo il senso del vivere, almeno per me”
Chiudo gli occhi e lui mi bacia. E’ dolcissimo, e per la prima volta consento a me stessa di accettare la possibilità che il suo sia un sentimento sincero.
Ci avviciniamo verso la mia stanza, lo saluto con altri baci, e lui mi lascia sola.
“Era davvero quello che volevi, Buffy?” mi chiede una voce interiore, la più noiosa di tutte.
Va’ al diavolo, le rispondo, e mi metto a letto.




Non so se ho del tutto superato il problema della mia difficoltà ad accettare le buone intenzioni degli altri, e già subito se ne profila un altro. La mia (presunta) incapacità di amare.
Passiamo una mattinata tranquilla, e poi ci prepariamo, subito dopo pranzo, per il ritorno. Sono stati due giorni meravigliosi, e non li dimenticherò mai. Il collier è al sicuro nel mio beauty, e lo terrò per sempre come un dono prezioso…quale che sia il nostro futuro insieme.
Lui non sembra più arrabbiato, e la sua mano torna a stringere la mia. So che l’ho ferito con il mio cinismo, ma lui ha saputo superare il mio atteggiamento disfattista con la sua sicurezza interiore di ciò che è, e ciò che vuole. Non è impresa da poco, ce ne rendiamo conto entrambi.
Ci baciamo a lungo, ogni volta un po’ più intensamente. Sessualmente mi attira come mai nessuno prima: ed ho dormito a stento, stanotte, tormentata dall’idea della sua vicinanza e dall’aver scioccamente buttato via la possibilità di una meravigliosa notte insieme.
Ma c’è tempo. Ci sarà tempo, se saprò smettere di farmi del male.
Quando ci avviciniamo a Sunnydale, un’ondata di rimpianto mi assale.
“Andiamo, ci saranno altri week - end così, te lo prometto” mi sorride lui, stringendomi più forte la mano. Seguendo un impulso, sollevo la sua e la sfioro con le mie labbra.
Lui sussulta a questo mio inatteso gesto di affetto. Ferma la macchina sul ciglio della strada e mi prende tra le braccia. Ci baciamo con avidità, come disperati.
“Sapessi quanto ti desidero…” mi sussurra, la bocca sul mio collo, le dita a sciogliere i bottoni della mia camicetta per cercare finalmente accesso ai miei seni. Mi inarco tra le sue dita, inebetita a mia volta dal mio desiderio.
“Portami a casa tua” gli sussurro.
“No” replica lui. “Tua figlia e tua sorella ti aspettano per le quattro”
Era vero. Christine…Dawn…sono una madre ed una sorella orribile se dico che - per un istante – le ho completamente dimenticate?
“Ho sciupato tutto questo tempo…” gli dico, fissandolo negli occhi.
“Shh…non abbiamo sciupato nulla” mi sorride lui, occhi negli occhi, ed i suoi sono splendidi, blu come piccoli, incantevoli laghi. “Quando succederà, sarà ancora più bello”
Annuisco, e mi rassetto mentre lui rimette in marcia la deSoto.
C’è una nuova serenità tra di noi, qualcosa che nasce, anche, dallo scoppio di sensualità di poco fa. Mi rendo conto che, malgrado tutto, siamo già amanti. E forse, probabilmente, non solo.
Quando arriviamo a casa, gli sorrido e lui mi accompagna dentro. Sono contentissima all’idea che veda finalmente Christine, e soffoco un gemito di delusione quando leggo il biglietto di Willow: sono andate ai giardinetti.
Sto per invitarlo a bere qualcosa quando lui mi salta addosso. Scoppiamo entrambi a ridere, certi di non poter far nulla (le ragazze potrebbero essere qui da un momento all’altro), ma siamo felici come non mai. Lui mi guarda sorridendo, e mi dice qualcosa che – per quanto possa apparire incredibile – non mi aspettavo: “Mi sto innamorando di te”. Sono felice, compiaciuta, spaventata. E non so cosa rispondere.
Ed è in quel momento che suona il telefono.
Lascio le sue braccia e la sua bocca sorridente per andare a rispondere.
E’ Angel.



Lui capisce dalla mia espressione, ed i suoi occhi si incupiscono mentre mi osserva. Non mi volto, gli resto davanti, il ricevitore saldamente nella mano. E’ Angel. E mi sta chiedendo di vederlo. Dice che dobbiamo parlare.
“Vorrei incontrarti a Carmel” mi dice Angel. “Ti prego. E’ un momento difficile. Ho preso un’aspettativa di tre mesi per occuparmi del bambino…e ci sono delle cose sulle quali devo finalmente fare chiarezza. Anche con te. Soprattutto con te, Buffy”
Sento la sua voce, e guardo gli occhi di Spike, ora gelidi, anche se la sua fisionomia è impassibile. Ma so già che è un ottimo giocatore di poker, l’ho visto all’opera.
Malgrado tutto, non mi sento di dire di no ad Angel. Troppo ci ha uniti…anche quando siamo stati fisicamente distanti.
“Vediamoci domani, in serata.” gli dico, senza abbassare la voce. “Hai qualcuno a cui lasciare il bambino?”
“Ci sarà Cordy con lui. Ti ringrazio, Buffy” la sua voce mi accarezza l’orecchio, ma non fa nulla per dissipare il gelo che è sceso nella stanza.
Le risate, i baci di due minuti prima sembrano svaniti per sempre.
“Domani…”comincio.
“Shhh” mi dice Spike, e mi mette un dito sulle labbra. Chiudo gli occhi, brevemente: so che capisce, ma non per questo approva. “Non devi spiegarmi nulla”
I suoi occhi tempestosi raccontano però un’altra storia. Vorrei spiegargli davvero, dirgli che quello che Angel mi dirà non cambierà nulla, che ho appena trascorso con lui i due più bei giorni della mia vita. Ma in quel momento tornano le ragazze.
“Ciao!” mi saluta Dawn, con Christine tra le braccia e Willow al seguito. Bacio e abbraccio la mia bambina, provando sentimenti molto contraddittori: mi è mancata molto, davvero, ma avevo proprio bisogno di qualche giorno per me sola. Spike forza un sorriso e bacia tutti sulle guance, e coccola la bimba. Abbandono Christine nelle braccia di Willow con la scusa di accompagnarlo alla porta.
“Spike, io…”
“Non importa, Buffy, davvero” replica lui. “Hai il mio indirizzo ed i miei numeri di telefono. Quando torni da Carmel…se ti va…ne parliamo”
Annuisco, e lo vedo andare via. Ho un peso sul cuore, mio malgrado.
“Avete litigato!” mi accusa Dawn. “Sei stata in una delle città più fantastiche del mondo con un uomo super sexy che ti adora ed avete litigato!”
“Piantala” le dico debolmente, di pessimo umore. Mezz’ora fa ardevo di gioia e vitalità. Adesso mi sento delusa…e vagamente colpevole.
Ma colpevole di cosa, mi dico? Angel è, se non altro, un vecchio amico, e se ha bisogno di parlarmi, chi sono io per negargli un po’ della mia attenzione?
Anche se questo ferisce Spike, mi chiede la mia dannatissima voce interiore. “Che cresca!” le rispondo, ma non sono convinta, e lo sa anche lei.
Dire che l’atmosfera è rovinata è dire poco.



Racconto a Willow e a Dawn del nostro week – end, ma non mostro loro il collier. Non vorrei che equivocassero il gesto di Spike, che per me – invece – è limpidissimo. E’ davvero stato un dono affettuoso e l’ho accettato come tale. Dawn, quando siamo sole, mi chiede con la sua faccia da schiaffi se “ci sono stata a letto”.
“Non sono affari tuoi!” le rispondo, indignata.
“Scommetto di no” replica lei. “Altrimenti, non avresti quell’aria delusa”
“Oh, piantala”
“Non vi siete neanche baciati?” insiste lei.
La malinconia mi assale. Sì, ci siamo baciati. Ed è stato dolcissimo. E se non succedesse più? Se il nostro passato ancora una volta ci dividesse?
Lei appoggia la sua guancia sulla mia spalla e mi da’ un consiglio sensato. “Non buttare via una buona occasione…è un uomo in gamba, e mi sembra sinceramente interessato a te. Se ti piace, non lasciartelo scappare. La solitudine non è una buona consigliera.”
“Mi piace” confesso. “Dawn, mi piace da morire. Sono stata benissimo con lui…ma poi ho rovinato tutto. Angel mi ha chiamato e subito sono accorsa all’appello. E tu sai quello che lui prova per Angel…”
“Angel, sempre Angel!” sbuffa lei, esasperata. Ma non è così semplice. Non è mai stato così semplice.
E così la sera dopo, finito il mio doppio turno, parto per Carmel a bordo della mia utilitaria. Mi rendo conto che sebbene questo sia il mio primo appuntamento con Angel dopo un’infinità di tempo, non mi sento affatto eccitata. Triste e depressa rende meglio l’idea. Non ho potuto fare a meno di pensare a Spike per tutta la giornata, ed ho spiato la porta d’ingresso del Doublemeat per tutto il tempo. L’altra volta era venuto, no?
Ma adesso no. Non è venuto e non ha telefonato. Ha lasciato la porta chiaramente aperta a che io gli telefonassi. E naturalmente, non l’ho ancora fatto. Che idiota.
Mi incontro con Angel in un ristorante sulla tangenziale dove siamo stati insieme più volte. Lui ha una macchina sportiva (gli sono sempre piaciute) ed è bellissimo come al solito. Mi prende per le spalle e mi bacia lievemente sulle labbra. Non è un bacio appassionato, ma è dolce, è come una vecchia, confortevole coperta. Ci sediamo ad un tavolino interno.
“Sono contento che tu sia venuta. Ti vedo in splendida forma. Sei stata in vacanza?”
“Un paio di giorni a Las Vegas” confesso. “Ed il tuo bimbo?”
“Sta benissimo. Ha già messo su due etti”
Sorrido. Solo i genitori di bimbi molto piccoli conoscono l’importanza della bilancia.
“Ho voluto vederti perché ho qualcosa da confessarti…ed altre cose di cui parlarti. E volevo farlo subito, prima che la routine tornasse a dominare la mia vita.” mi dice, e nei suoi occhi scuri leggo finalmente le ragioni per le quali l’ho tanto amato.
E’ bello, sexy, tenebroso, sicuro. Ma è anche un uomo intelligente, pieno di passione, di tenerezza contenuta. Non ha avuto un’infanzia facile: parecchi problemi con il padre, un’emigrazione ancora in giovane età prima in Inghilterra, e poi negli Stati Uniti. Un lavoro impegnativo, quello di detective, ed un’aspirazione artistica mai realizzata.
Mi tende una mano, e gliela stringo spontaneamente. Quando mi baciava, all’epoca, mi sembrava di morire: il sentimento che provavo per lui era di forza tale da spaventarmi. Ma la vita, le circostanze, la differenza di età, i suoi problemi, il passato, tutto ha contribuito a dividerci. Un po' lo rimpiango.
“Alcuni giorni prima che le sue condizioni si aggravassero, io e Darla…ci siamo sposati” mi confessa. Fisso le sue dita e mi accorgo che porta una sottile vera di platino all’anulare. Il claddagh d’argento che ci eravamo donati è scomparso da tempo. “Per il bambino, in parte. Essere suo marito rendeva più facile per me la custodia del piccolo se…se fosse successo quello che è successo. Ma devo essere sincero: non è stato l’unico motivo.”
Lo fisso, e finalmente capisco.
“Ho voluto sposarla” mi dice. “E non solo in segno di gratitudine per tutti gli anni che abbiamo passato insieme…ma proprio perché lo sentivo. Era la mia donna. In un certo senso, è sempre stata la mia donna”
Abbasso lo sguardo sulla mia ordinazione. Non ho nessuna voglia di mangiare, e neanche lui.
“Ma questo non vuol dire che non ti abbia amato”
Lo fisso, e l’ombra di una lacrima compare nei miei occhi. Una lacrima per allora…per la Buffy che sono stata.
“Ti ho amata disperatamente, Buffy. Tutto ci separava, ma il mio amore per te è stato un sentimento puro, che non ho mai potuto rinnegare. Non potevo offrirti nulla, e tua madre, Darla e Dru, persino Spike lo sapevano. Lo sapevano tutti tranne noi…fino a che non ho capito.”
“Avresti dovuto chiedere la mia opinione, prima di lasciarmi” gli dico, e la lacrima scorre lentamente sul mio viso.
“Lo so. Ho scelto anche per te…convinto che fosse per il tuo bene. Ed ho sbagliato, Dio, se ho sbagliato”
Mi rendo conto che non mi sta raccontando queste cose, le sue nozze con Darla, i suoi sentimenti per me, per ferirmi, e nemmeno per sedurmi nuovamente. Ma solo per fare chiarezza, per onestà nei propri confronti e nei miei. E’ liberatorio. Dopo tutti questi anni, sapere che ha avuto semplicemente paura di quello che stare con me poteva significare è fortemente liberatorio. Non mi ha usata. Non mi ha ingannata. Semplicemente, non ha potuto restare. La vita, l’amore, adesso lo so, sono fatti anche di questi abbandoni.
“Devi odiarmi” mi dice.
Scuoto il capo. “Non ti odio, Angel, ma non ho mai permesso al tuo fantasma di lasciare il mio cuore. E’ stato sbagliato, e questa sì è stata tutta colpa mia.”
“No” replica lui. “Quello adulto ero io. Non sarebbe mai neppure dovuto cominciare. Ma è successo, perché sei splendida, e mi sono innamorato di te al primo sguardo, in quell’aula, durante quell’interrogatorio” Angel ride, ma una lacrima gli splende negli occhi, e so che mi sta dicendo il vero. Finalmente. “Ti ho amata come non ho mai amato nessuno prima…e dopo, tranne mio figlio. E lasciarti andare mi è costato più di quello che potevo immaginare. Ma non avevo la forza di affrontare tua madre, i miei superiori, la malattia di Darla. Eri tu la mia forza…e ti ho lasciata andare. Perdonami, Buffy”
“Ti perdono” gli dico. E dopo un po’, a forza di lacrime, sembriamo due vecchie fontane: ci fissiamo e scoppiamo a ridere. Non so se lui intuisca quanto l’ho amato, quanto la sua assenza abbia pesato sulla mia vita, anno dopo anno…ma ora sono pronta a lasciarlo andare. A lasciarlo libero.
Forse, tre giorni fa non ne sarei stata in grado. Mi sarei aggrappata a questa dichiarazione d’amore postumo, ed avrei ripreso, in un angolino della mia anima, a sperare l’impossibile. Ma qualcosa mi ha cambiata. Qualcuno mi ha cambiata.
Sorrido.
“Quando avrai bisogno di consigli per i pannolini…o le pappe…sai a chi rivolgerti. Esigo che ci vediamo più spesso. Io, te, il bambino e Cordy. Christine sarà felice di avere un bimbo più piccolo di lei con cui giocare”
“Te lo prometto” mi dice lui, sorridendo.
Le nostre mani si stringono ancora un istante, e poi si lasciano.
E siamo finalmente liberi.




Guido piano nella notte, la musica dell’autoradio ad accarezzare i miei pensieri. Sento una libertà interiore che non provavo…da sempre. Da quando papà, paradigma di ogni abbandono, ci aveva lasciate sole.
Mi sento forte, decisa, serena. Angel mi ha amato. Angel ha rinunciato a me per amore. Ed ora, non ci amiamo più. Ma siamo amici, ed è bellissimo.
Ho un unico obiettivo: andare da Spike. Voglio dirglielo, sento che non posso confidare a nessun altro che a lui questa mia nuova libertà. Lui è l’unico che può capirmi.
Andiamo, basta raccontarci bugie.
Voglio andare da lui per baciarlo con tutto il cuore e tutta l’anima, e tenere il suo capo stretto sul mio seno. Voglio essere sua come non sono mai stata di nessun altro. Voglio che sia lui a scoprirmi, per quella che finalmente sono.
Ricordo benissimo il suo indirizzo, e poi Sunnydale è una città talmente piccola che è ben difficile perdersi. Non è tardissimo: non sono ancora le dieci di sera, e la luce splende dietro le finestre della linda casetta che ha affittato. Probabilmente, starà lavorando. Già pregusto la calda sorpresa che gli sto preparando.
Quando arrivo sulla soglia di casa sua, suono il campanello, il cui trillo si spande morbidamente nella notte. Lui arriva alla porta, ed è bellissimo, con un paio di jeans scoloriti, i capelli spettinati, un adorabile broncio…e nient’altro addosso.
“Sono tornata” gli dico, senza fiato, come se questo spiegasse tutto.
Lui mi guarda, e si sposta di qualche centimetro, per far passare la persona che è dietro di lui.
Fisso la sconosciuta senza capire. E’ una ragazza poco più alta di me, bionda, appariscente ma con classe. Ed imbronciata quanto lui.
“Spero che tu abbia più fortuna” mi sibila la sconosciuta, e se ne va, ondeggiando sui suoi tacchi alti.
Lo fisso a bocca aperta.
“Vuoi entrare?” mi chiede Spike, e non attende la mia risposta prima di sparire in cucina.




Per quanto l’orgoglio ferito ed una sorta di ripugnanza per quanto potrei scoprire mi spingerebbero a riprendere la strada di casa, mi faccio forza e lo seguo in casa.
Sarebbe sciocco saltare subito alle conclusioni, non è vero? Lui è a torso nudo, è spettinato…e lei è uscita come una furia al mio arrivo.
Ma possono esserci mille buone ragioni. Prego, supplico dentro di me che me ne offra almeno una.
“Desideri qualcosa da bere?” mi chiede invece cortesemente, infilandosi sui jeans una t – shirt azzurra. Non so cosa rispondere. “Desidero una spiegazione” mi verrebbe voglia di dirgli, ma non risulterebbe un pochino perentorio per una che è appena uscita a cena con il suo ex? Scuoto il capo, e mi siedo sul suo divano a fiori.
“Non credevo saresti passata a trovarmi, stasera” mi dice, con tono quasi accusatorio.
“E’ evidente” ammetto “Voglio…dire…non eri solo”
“Harm è la mia ex ragazza. Avevo ancora delle cose sue, ed è venuta a riprendersele”
“Ah sì?” rispondo educatamente. Avrei voglia di urlare dalla gelosia. Non sapevo che il mostro dagli occhi verdi potesse straziare le carni in questo modo. “Carina” dico invece.
“Non ha cervello” mi dice lui. “E’ triste dirlo, e può suonare presuntuoso ed antipatico da parte mia, ma è la verità. E’ stata l’ultima di una lunga lista di storie sbagliate…”
“Evviva” esulto. Non sorrido affatto.
“Cosa ti aspettavi?” mi dice, abbassandosi alla mia altezza e fissandomi con occhi di ghiaccio. “Che vivessi vita monacale da quando Dru mi ha lascito?”
“No…io…non sono affari miei” concludo.
Lui si rabbonisce. Capisco che è ancora arrabbiato con me, e chissà come la bionda Harmony passa in secondo piano. “Ho parlato con Angel” gli dico “Ed è stato…liberatorio”
La frase suona assai più piatta di quello che volevo. E’ che…non riesco a parlargli. Non così. Sono irrazionalmente arrabbiata perché ha avuto altre donne prime di me (e non voglio nemmeno ricadere nelle vecchie abitudini e pensare che mi stia mentendo su quello che è avvenuto stasera, non lo voglio, no, devo resistere…) e so che è furioso per me ed Angel. Potrei recitargli la Divina Commedia, ed in questo momento per noi non avrebbe alcun significato.
Forse è meglio alzarsi, e far finta di nulla. Non è serata.
Faccio per andarmene, quando lui mi prende per un braccio.
“Sono un idiota” mi dice lui, ed un brivido mi scorre per la schiena. “Sono geloso. Marcio. Non tollero l’idea che hai passato la serata con Angel”
“Beh, allora siamo pari” concedo. “Io non sopporto che quella sia stata in casa tua…e che tu fossi a torso nudo”
Ci guardiamo. Spike solleva una mano, e mi carezza il volto. Io chiudo gli occhi, e quando la sua mano scende ad accarezzarmi il collo, e poi l’inizio del seno, sento che, finalmente, l’amore non ha più paracaduti.
Non mi resta che lanciarmi nel vuoto.



E rischio così di schiantarmi a terra.
Spike si è staccato da me, e mi fissa dall’alto in basso con occhi così gelidi da rivaleggiare con un laghetto ghiacciato.
“Possesso non è amore” mi sussurra.
Lo fisso senza capire. Gli ha dato di volta il cervello?
“Senti chi parla!” sbotto dopo un po’ “Non hai appena detto che sei geloso per me ed Angel?”
“Sì. Ma ho anche detto, ieri pomeriggio, se lo ricordi, che mi sto innamorando di te”
Non lo seguo. Lui alza gli occhi al cielo, esasperato.
“Proprio non ci arrivi?” insiste. “Io ho dei sentimenti per te. Ergo, la gelosia. Tu mi stai parlando solo della tua possessività. Ne hai tutti i diritti…non sei certo obbligata a corrispondermi. Ma io ho tutti i diritti di non accettare la tua gelosia, se non è supportata da qualche tipo di sentimento nei miei confronti”
“Sei matto?” esclamo, non riconoscendo in lui l’uomo adorabile con il quale ho passato due meravigliosi giorni a Las Vegas.
“Affatto” conclude lui. “Chiarisciti un po’ le idee, Buffy. Vieni qui e mi dici che l’incontro con Angel è stato liberatorio. Evviva. Sono davvero contento per voi. E che sei gelosa della mia ex ragazza. Di tutte le mie ex ragazze, a quel che pare. Molto bene. Ed allora? Cosa sono per te? Un amico? Un’avventura?”
“Non hai il diritto di chiedermelo. Non così presto” replico furiosa. In un istante, torna prepotente l’irritazione che un tempo provavo per lui. Che diritto ha di mettermi alle strette sui sentimenti che provo per lui? Nessuno! Ci frequentiamo da due nanosecondi.
Vuole restare solo, stanotte? Benissimo!
Prendo le chiavi della macchina e faccio per uscire.
Riley non mi avrebbe mai trattata così. Io e Riley non abbiamo mai alzato la voce…nemmeno quando ci siamo lasciati.
Spike inclina il capo di lato, e mi osserva come se ne andasse di mezzo la sua stessa vita.
“Io, almeno, sono lo schiavo dell’amore…ma sono uomo a sufficienza per ammetterlo”
Io, no, sono una gran vigliacca. E lui deve averlo sempre saputo.
Batto in ritirata con il morale sotto i piedi.



“Non dire niente” dico a Dawn, appena lei mi viene incontro per le scale.
“Hai litigato con Angel?” si stupisce lei. “Davvero? Domani credo nevicherà”
“Angel?” mi stranio io. Angel, chi? “No! Spike!”
“Hai visto Spike?”
“Sì, per l’ultima volta”
Con mia grande umiliazione, Dawn scoppia a ridere. “Sì, come no. Siamo tornati alle vecchie abitudini, vero? Che è successo? Ti ha spiattellato qualche verità che non ti è molto piaciuta?”
“Al diavolo” esclamo, e mi chiudo in camera mia, sbattendo la porta.
Naturalmente, il rumore sveglia Christine, e così vado a prenderla dalla sua culla. Lei mi fissa con i suoi occhioni grigi, colmi di lacrime, e la stringo a me, traendo conforto dal suo corpo morbido e caldo.
“Stanotte dormiamo insieme, baby” le dico, e la metto accanto a me nel mio grande letto, quello che un tempo era di mia madre.
Non serve proprio del tutto a colmare il senso di vuoto che improvvisamente provo in me, ma aiuta. Mi dico, mentre fatico a prendere sonno, che Spike non ha nessun diritto di pretendere da me una risposta emotiva che non sono in grado di dargli.
Che forse non sarò mai in grado di dargli.
C’è chi ama con tutto il cuore…e c’è chi no. Mi attrae sessualmente, sarei stata pronta a dividere il suo letto…ma non può pretendere che gli confessi un sentimento che non provo.
Non provo.
Sono sicura che non lo provo.
Maledizione a lui!



Passa ottobre, ed arriva il momento – temuto – dell’iscrizione ai corsi serali. Willow mi sta tormentando perché mi iscriva a “Letteratura contemporanea”. Io resisto come un asino recalcitrante, ma una serie di circostanze fortuite e sfortunate mi costringono ad accontentarla. Neanche a farlo apposta, è l’unico corso – tra quelli serali - ancora disponibile per completare il mio piano di studi.
Né lei né Dawn hanno accettato la mia versione dei fatti. Entrambe alzano gli occhi al cielo quando giuro e spergiuro che tra me e Spike non c’è stato nulla, e che – in fondo – non me ne importa nulla.
Anche perché il disgraziato continua a frequentarle. Va a cena con Dawn e Willow, parla con loro di letteratura, di cinema e fumetti e le porta in giro sulla sua deSoto, ed è il loro nuovo eroe.
Ed io la regina cattiva di Biancaneve, naturalmente. Odio tutti e tre. E’ una congiura.
Nessuna di loro sa esattamente cosa è successo tra di noi, ma siccome mi conoscono bene intuiscono che lui si è dichiarato, e che io non sono riuscita ad esprimere il mio interesse. Un uomo meno orgoglioso avrebbe forse ceduto, accettando quello che potevo dargli. Uno come Riley, insomma.
Ma non Spike.
Naturalmente, è opinione unanime delle signore che la colpa sia mia. Ho qualche appoggio morale solo da Xander, sebbene sua moglie Anya non riesca proprio a capire come io abbia potuto rinunciare a tutti quegli “orgasmi”.
Vivo nel terrore che Dawn o Willow mi dicano che lui ora esca con un’altra. L’idea che porti altre ragazze a Las Vegas mi contorce lo stomaco. Ma piuttosto che ammetterlo, io…
Va bene, sono un caso disperato. Denunciatemi.
Così, mi avvio verso l’aula 15 b come un condannato al patibolo. Altro che “Il miglio verde”! La sola idea di rivederlo mi fa impallidire…più del solito. Willow mi spinge avanti impietosamente, mentre io penso che dovrei contattare Amnesty International. Persino i prigionieri politici vengono trattati meglio.
Lui arriva allo scoccare dell’ora, puntualissimo. In jeans, giacca di pelle ed un sorriso assassino che gli conquista in mezzo secondo il 97 % dei cuori dell’audience. Il restante 3 % siamo io, una ragazza lesbica e mezza cieca che non è Willow, ed il proiettore. Il quale si rifiuta di collaborare. Una ragazza in minigonna gli si avvicina con un sorriso grande quanto la sua scollatura e glielo sistema, guadagnandosi un suo sorriso “special” ed un mio sospiro di esasperazione, così forte da essere sicuramente sentito in tutta l’aula.
Lui sorride di nuovo, si presenta, e parte a capofitto con la lezione. Dopo cinque minuti, ho scordato la mia irritazione nella fretta di stargli dietro e prendere appunti. Alla fine dell’ora, sono esausta ma contenta.
E lui si congeda dagli studenti, e poi viene verso di me e Willow, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Ragazze, siete una favola. Willow…mi è piaciuta molto quella tua osservazione su Salinger. Molto acuta. Buffy, sono contento di rivederti. La tua bimba sta bene?”
“Sì, grazie. Anche tu, immagino”
“Sono nervosissimo. Era tanto che non insegnavo davanti ad un pubblico così caloroso”
“Sei stato molto bravo” gli dico sinceramente. “So già che seguirò con molto interesse il tuo corso”
“Bene” sorride lui. “Ora, se non vi dispiace, devo portare del materiale in segreteria. Willow, come al solito ci vediamo venerdì. Avvisi tu Dawn? Italiano e Tarantino, questa settimana”
“Come no” replica Willow, mentre io non capisco. Con un cenno del capo, la rock star dei professori si allontana, seguito da un codazzo di nuovi ammiratori.
“Cosa intendeva?” chiedo a Willow. Non ho mai osato approfondire più di tanto la natura dei loro appuntamenti
“Ogni settimana uno di noi, a turno, sceglie un tipo di ristorante, ed un certo autore cinematografico. Questa settimana toccava a lui scegliere, ed ha scelto un ristorante italiano e un film di Tarantino. Ottima accoppiata”
La fisso a bocca aperta. Perché io sono fuori da questo giro? Mi piacerebbe andare a cena fuori e vedere un bel film, stare con degli amici, e…
“Mi sto innamorando di te”
Questo è il perché. Lui è stato onesto: prova qualcosa per me, qualcosa di forte, e non intende svilirlo. E nemmeno intende torturarsi frequentandomi…e sapendo che io non provo niente.
Ma non è vero!
Willow sta dirigendosi verso casa, ed io la seguo. Non è vero che non provo niente, rimugino. L’ho capito non appena l’ho rivisto…dal tuffo al cuore che ho provato. E non solo da quello. Lui è sempre stato nei miei pensieri. Sono passati venti giorni da quella sera nefasta in cui ci siamo lasciati…e neppure stavamo ancora insieme…e non è passato istante che non abbia in qualche modo pensato a lui. A volte tramite associazioni mentali piuttosto contorte, lo ammetto, ma comunque…
Perché diavolo devo negarlo, a me stessa prima che agli altri? Mi chiedo se lui l’abbia capito.
Probabilmente, non gli importa più nulla. L’ho visto in forma smagliante, contento di lavorare, felice dell’attenzione che suscitava. E’ un esibizionista, l’ho sempre saputo, fa parte del suo fascino. Gode dell’attenzione altrui.
Una piccolissima parte di me si chiede se non sarebbe il caso di dirgli che…beh, provo qualcosa. Già vedo i suoi occhi blu incupirsi, e chiedermi: “Cosa? Cosa provi per me? Esattamente?”
Professore, a questa domanda non so rispondere.
Lascio Willow nel campus e mi dirigo verso casa, passando per il cimitero. Adoro quest’ora per le visite a mia madre: nessuno mi disturba. Sembro un po’ Lana Lang in “Smalville”, solo che non ho il cavallo, e nessun supereroe pronto a salvarmi. Solo una lapide in pietra, ed il mio ricordo. Il mio amore per lei.
Mi avvicino alla tomba e la accarezzo con le dita. Come mi ha insegnato Willow, traggo di tasca un sassolino rotondo e lo metto in bilico sulla lastra di pietra. E’ il messaggio ebraico per i defunti. Un’idea che ho sempre trovato piena di sentimento.
“Mamma, sono così confusa” le dico, non per la prima volta. Lei non mi risponde, non lo fa mai. Ma non mi lascia sola. Non mi lascia mai sola.
Rialzo il capo, e mi accorgo che qualcuno è con me.
E’ Spike.



“Mi dispiace…non volevo disturbarti”
Mi volto verso di lui e lo studio alla luce della luna. La sua pelle singolarmente chiara risalta con finezza nella notte: sembra una creatura intessuta d’argento. Nel buio i suoi occhi sono insondabili pozze scure.
“Non è la prima volta che vieni qui, vero?” gli chiedo.
“No. Mi piace venirci. Penso spesso a tua madre, Buffy. Lei fu molto buona con me…molto dolce. Era una donna di qualità”
“Sì” rispondo, soffocando una lacrima, più per l’evidente affetto che sento nelle sue parole che per il ricordo doloroso della perdita di lei. Sì, lei era proprio una donna di qualità.
Non mi sento all’altezza, in fondo, non mi ci sono mai sentita, neppure ora che sono a mia volta madre. E’ l’ennesimo dei miei problemi.
“Andiamo” mi dice, e mi mette affettuosamente un braccio intorno alle spalle. Sembra quasi imbarazzato per questa improvvisa, inattesa intimità dopo giorni e giorni di gelo e silenzio e buio. Mi rilasso ed insieme prendiamo la via di casa. Non parliamo.
“Vuoi entrare?” gli chiedo, quando siamo arrivati. “Preparo una cioccolata”
“No, restiamo qui” mi dice, e si siede sul portico sul retro. Mi siedo accanto a lui, apparentemente vicina…ma ancora lontana. Ci dividono i suoi sentimenti, dichiarati, ed i miei, inespressi.
Mentre si accende una sigaretta (avrei giurato che avesse smesso) lo fisso. “C’è una cosa che vorrei chiederti, Spike” gli dico. Lui capisce che non sto per scusarmi…né per dichiarargli eterno amore. Ma sa che sto per fare un piccolissimo passo nella direzione giusta, e che ho bisogno di tutto il tempo e lo spazio del mondo.
“Avanti, spara. Sono pronto a tutto, tranne a darti voti più alti perché siamo stati insieme a Las Vegas”
Sorrido. E poi mi faccio coraggio.
“Vorresti uscire…una sera…con me?”
Mi fissa.
“Intendi, con Dawn e Willow? Una cena, un film?”
“Sì, magari” accenno “Ma intendevo…noi due da soli”
Ecco, l’ho detto. Inferno, spalancati ed inghiottimi.
“Volevo dire” ribadisco tremante, perché lui – sorprendentemente – tace. “Io…e te…potremmo uscire…insieme…una sera. Da soli”
Lui china di nuovo il capo di lato e comincio a pensare ad una distorsione connaturata della sua spina dorsale, se non che è irresistibilmente attraente e sexy quando lo fa.
“Venerdì non posso” mi dice, tutto serio. “Esco con tua sorella e Willow. Lo sai, i nostri venerdì…sabato, magari”
“Lavoro” sospiro, il cuore in un nodo.
“Domenica, allora” dice lui, come se niente fosse. “Cena e cinema?”
“Cena e cinema. E offro io” insisto, fin troppo memore del collier da diecimila dollari che ho rinchiuso nella cassaforte della mamma.
“D’accordo” sospira lui. “Ma sappi che sono molto costoso”
Le mie labbra si piegano in una smorfia. “Cinese?” propongo.
“Cinese, per l’appunto” sorride lui, butta il suo mozzicone sul prato (cosa che non manca di irritarmi debitamente: è caro, ma non perfetto) e si alza. “Vengo domenica alle otto. Fiori od opere buone?”
“Fiori” suggerisco, e lo guardo andare via con un sorriso.
Sono un po’ (enormemente) dispiaciuta che non abbia fatto nulla per baciarmi, ma forse è stato meglio così.
In fondo, stiamo ricominciando.



Lo attendo gettando uno sguardo ansioso al di là della finestra del soggiorno, mentre Dawn porta in giro Christine e Willow guarda tutta assorta un documentario sulle foche.
“Sei splendida, rilassati” mi dice Willow, distogliendo lo sguardo dai mammiferi marini.
“Dici? A che scopo uscire insieme?” esclamo “Non ha funzionato…quando doveva. Non funzionerà ora”
“Ti stai facendo troppi problemi” mi risponde Willow. “Nelle questioni di cuore, non bisogna mai razionalizzare troppo. Smettete di elucubrare e di porvi questioni difficili, e pensate solo a divertirvi”
“Che poi è sempre stata la mia posizione” puntualizzo.
“Nessuno ha mai detto che avessi torto”
“Ma neanche che avessi ragione” faccio notare con pignoleria.
Sia Dawn che Willow mi fissano. “E se la ragione fosse nel mezzo?” commenta Dawn. “Ci hai pensato?”
“Sì” ammetto. “Lui non doveva pretendere da me delle risposte così presto. Ma io potevo essere un po’ più…conciliante”
“Beh, sei tornata sui tuoi passi, vi state offrendo una nuova chance…non la sciupate”
Sto per rispondere quando la mostruosità nera si staglia al di là della siepe. Lui scende e viene a suonare al nostro campanello.
Oh, Cielo…
E’ splendido.
Camicia azzurra, pantaloni beige, mocassini. E rose gialle in mano.
“Perché gialle?” gli chiedo.
“Sono simbolo di gelosia” mi risponde, con un sorriso ironico. Gli sorrido, e le porgo a Dawn perché le metta in vaso.
“Andiamo?” gli dico.
“Andiamo” replica lui, salutando con sonori baci le sue compagne di bisboccia del venerdì e la piccolina. Mi sento arrossire con gli sguardi di mia sorella, mia figlia e la mia migliore amica indosso, ma non è una brutta sensazione. Mi chiedo quanto durerà questa nuova tregua.
In macchina lui non parla, anche se è rilassato. Mi sembra che siamo ritornati alla calda, serena intimità del nostro viaggio a Las Vegas. Anche se, ed è inutile negarlo, c’è una punta di imbarazzo…e attesa. Da quella famosa notte a casa sua non ci siamo più baciati, ed era diventato così naturale…non so lui, ma io ne sento decisamente la mancanza. E quando dico decisamente…
Quando siamo davanti al nostro primo involtino primavera, lui sorride. “Il tuo invito mi ha fatto molto, molto piacere, Buffy. Francamente, temevo che non ci saremmo rivisti più…da soli”
“Ne sono lieta” commento, senza sbilanciarmi.
Lui mi fissa di sotto in su nel suo solito modo che sembra preludere ad un bacio. “Ed, almeno in parte, la colpa è sicuramente mia”
Taccio.
“Non avrei dovuto pretendere che i miei sentimenti fossero ricambiati, e subito” ammette. “Sono un insicuro… credo già lo sapessi, visto quello che era successo con Dru. Quello che ho provato con te e per te in quei giorni a Las Vegas è stato talmente forte che…beh, ammetto che mi ha sconvolto. Volevo subito che fossi mia…in spirito, ancora più che in corpo. Invece, nei sentimenti, come in ogni cosa, ci vuol pazienza. Te ne chiedo perdono”
La sua sincerità mi colpisce. Non credevo che rimpiangesse il suo comportamento da duro. E, in fondo in fondo, non sono neppure sicura che ne avesse ragione…di rimpiangerlo, intendo.
Riley non ha mai indagato a fondo sui miei sentimenti…e guarda come siamo finiti.
“Non credo tu avessi del tutto torto” gli dico. “Ed io non sono stata completamente sincera. E’ vero, era troppo presto per me per dichiararti ciò che provavo…ma non vuol dire che non provassi niente”
Lui mi fissa. Leggo nei suoi bellissimi, espressivi occhi mille emozioni.
“E cosa provi, Buffy? Se lo provi ancora, naturalmente…”
Ding dong, la strega è morta.
La domanda da un milione di dollari è stata formulata.
“Spike, io…”
Il mio balbettare viene interrotto dall’arrivo di due facce note. Xander ed Anya si siedono disinvoltamente al nostro tavolo, senza neppure attendere di essere invitati. Presento Anya a Spike (sono anni che non si vedono) e so per certo che ora lei farà un commento che mi farà sprofondare nel più nero degli imbarazzi.
Infatti.
“Lo sapevo!” esclama lei, attirando l’attenzione di mezzo locale e di almeno tre compassati camerieri. “Non potevi rinunciare per molto a tutti quegli orgasmi…ma andiamo, guardalo! State recuperando il tempo perduto, vero?”
“Qualcosa del genere” sorride Spike
“An, smettila” ribadisce Xander per la milionesima volta. E’ in questo istante che al mio più caro amico subentra il legittimo sospetto che forse, noi, vogliamo stare soli. “E poi oggi non mi sento di mangiare cinese. Proviamo il ristorante indiano vicino al Sun”
“No, perché? Voglio sapere tutto su di loro”
“Ma io no, An! Andiamo!”
La sposina, pur delusa, ubbidisce al suo “tartarughino d’amore” (Anya odia i conigli per qualche inesplicabile ragione e non li cita mai, nemmeno nel suo contesto preferito, che è poi quello del sesso), ed i due si allontano dopo grandi sorrisi.
“Dove eravamo rimasti?” mi chiede Spike, con un sorriso demoniaco sul suo splendido volto da angelo caduto.



Sono spacciata.
Annaspo tra la birra cinese ed i ravioli al vapore.
“Io…credo…che noi…stiamo bene insieme” concludo scioccamente.
“Continua!” invita lui, strafogandosi di maiale in salsa piccante. Non ho mai visto qualcuno mangiare con tanto gusto come Spike…e restare così magro.
“A Las Vegas siamo stati splendidamente. Io, mi sono divertita molto…”
“Anch’io” sorride lui, e fa un gesto con la mano per invitarmi a elaborare…ulteriormente.
“Poi, ho creduto che…mi dispiace. Non volevo ferirti uscendo con Angel”
“Non mi hai ferito” sorride lui. “La mia gelosia è un problema solo mio. E poi, credimi, i rapporti tra lui e me sono un po’ più complicati di così.”
“Ah…bene. Mi dispiace anche di essere stata gelosa della tua ragazza…ex…ex ragazza”
Lui sorride. “Questo invece mi ha lusingato”
“Bene” è il mio commento finale. Di più non saprei proprio dire.
Lui mi fissa.
Cosa c’è?
Spike si alza e mi prende per mano. Mi porta in fondo al locale, malgrado la mia costernazione, e mi spinge contro un angolo buio ed isolato.
La sua bocca è sulla mia, e io perdo la testa. Dio, quanto mi era mancato…le nostre labbra si socchiudono, ed il bacio è caliente…muy caliente. Spero con tutta me stessa che la serata si concluda nel suo appartamento, perché non riesco più a fare a meno di lui, mi sono ingannata, per tutto questo tempo….io ho bisogno di lui.
Lui mi riprende per mano, e mi riporta a tavola. Lo fisso sbalordita, ancora sconvolta.
Il figlio di buona donna mi sorride.
“Piantala di dire sciocchezze, Buffy. Poche parole. Semplici. Tipo: ‘non so cosa provo esattamente, ma quando ti bacio perdo la testa.’ O non è così?”



Si può passare dall’esaltazione sessuale all’odio in due micro-secondi?
Credo proprio di sì.
L’istinto di fargliela pagare è così forte che per un istante la rabbia mi annebbia lo sguardo. Lo odio. L’ho sempre odiato.
E bacia da Dio.
E comincio a sospettare che tutto questo appuntamento non serva che a questo, a smascherarmi. E’ vero, sono un disastro quando parlo di sentimenti. E’ vero, non ho saputo (e non saprei, per la salvezza della mia stessa anima) articolare le mie emozioni, ma giocarmi così, sfruttare senza pietà l’attrazione sessuale che sento per lui per…cosa?
Mi domino.
“Sì” dico solo, a denti stretti.
“Sì…cosa?”
“Sì….quando ti bacio perdo la testa. Ti basta?” lo sfido.
“E’ già qualcosa” ammette lui. “Andiamo, Buffy. Non pretendo una dichiarazione d’amore. Dimmi solo che sei contenta di passare del tempo con me…e che sei attratta da me. Dimmi la verità”
“Sono attratta da te” ammetto in tono piatto.
“Sei una donna impossibile, lo sai?” mi chiede, furioso questa volta.
Allungo una mano sulla tovaglia, e prendo la sua.
“E non ti eccita, questo?”
Stavolta sono io a giocare. Fuoco, fuochino…ho la sensazione che lui, pur di giocare con me, sarebbe disposto a rivedere le regole. In un istante, potrebbe svanire il corteggiatore discreto, gli atteggiamenti romantici…e comparire qualcosa di nuovo ed oscuro, di appassionato, un amante…quello che voglio.
Ma non al prezzo di perdere per strada i suoi sentimenti, di calpestarli. Lo comprendiamo entrambi: sarebbe un peccato mortale.
“Non sai cosa stai rischiando, Buffy” mi dice lui a voce bassa, minacciosa. “Ho imparato a giocare questi giochi quando tu eri ancora all’asilo”
“Lo so” gli dico, e gli sorrido, ora più sincera. “Andiamo, sono una frana con le parole…e lo sai. Certo che mi attrai: credi che altrimenti sarei venuta a Las Vegas con te? Spike, io ho paura dell'amore, una paura pazzesca. Hai la forza di sapermi aspettare, mentre mi chiarisco le idee? Io non ho altri spasimanti, se è questo che temi, e non gioco sporco”
“Ma…un istante fa…”
Faccio fatica a confessarmi che…sì, pur di possederlo avrei messo da parte la possibilità di vivere una vera storia d’amore.
“Questa donna ha dei bisogni” ammetto. “Anche se non sapevo nemmeno di averne…così tanti…prima di conoscere te”
Si rabbonisce.
“Ti terrò a stecchetto” mi minaccia, con un sorriso.
“Vedremo” ribadisco io, sentendomi una Messalina. Più tranquilli, finiamo la cena.



Ora siamo nella deSoto, parcheggiata nel Drive – in dove abbiamo assistito ad un film indiano molto carino, e ci stiamo baciando.
Baci lenti, colmi di stupore, e di reverenza. Ci prendiamo tutto il tempo del mondo. Ci esploriamo come se fossimo continenti appena scoperti.
Sappiamo entrambi, con certezza, che il nostro rapporto ha appena superato una linea di confine fondamentale. In quella condizione di spirito, sarebbe stato facile per entrambi scivolare nella passione…e buttare via l’acqua con il bambino, come si suol dire.
Invece, abbiamo resistito. Lui aspetterà…io darò una chance alla nostra storia…e nel frattempo ci conosceremo meglio.
“Ehy” mi interrompo, ubriaca di baci. “Quanto mi farai penare prima di arrivare alla camicetta? L’altra volta…” mi riferisco al nostro ritorno da Las Vegas, quando – finalmente! – avevo sentito le sue dita sul mio seno.
“Te lo dovrai guadagnare” mi sussurra lui, attaccandosi al mio collo. Quasi sicuramente domani mi resterà un segno. Oh, cielo, come farò a spiegarlo a Dawn…
Nessuno mi ha mai fatto questo effetto. Nessuno. I miei sensi sono in fiamme, e la sua malvagia (non saprei come definirla altrimenti) determinazione a non portarci oltre la linea di non ritorno mi farà diventare pazza.
“Basta” gli dico, ansimando, e lui ride, perché questa sarebbe la sua battuta. Quella del boyfriend alle prese con una pudica fidanzata.
“Ogni giorno ti concederò qualcosa in più” promette, sorridendo, e vorrei cancellargli quel sorriso a suon di baci.
Ma ho già abbastanza problemi così. Vedo molte docce fredde nel mie futuro.
“Te la farò pagare…”minaccio, mentre lui mette in moto con mani tremanti.
A quale costo, ma abbiamo cominciato ad uscire davvero insieme. Come una vera coppia.
Insod





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