8. Riflessioni.


“E’ inconcepibile” mormorò Giles, servendosi del bourbon. Erano tutti radunati nel suo salotto, Xander, Willow e Tara. Infastidita dal cattivo esito della sortita, ma soddisfatta di essere riuscita malgrado tutto a non tagliare i ponti con nessuno, Harmony si era allontanata nella notte.
“Non è più lei” disse Xander, e le sue mani tremavano. “Signor Giles? Bourbon, please. Sento che ne ho bisogno”
“No” disse Giles. “Dobbiamo restare lucidi. E poi, Xander, certo che era lei! Era Buffy…per nulla cambiata, se me lo consenti!”
“E quella bella scenetta alla quale abbiamo assistito?” lo provocò Xander. “Quella in cui lei e Spike..”
“Ahem” lo interruppe Giles. “Xander, non credo sia necessario…”
“Non mi riprenderò mai da questo choc!” commentò il ragazzo. “E si è dimenticato di quando lei ha indossato il volto della caccia? E di quando l’ha difeso? E di quando le ha strappato di mano quel maledetto anello? Buffy non lo lascerà mai.”
“Lo farà” disse Willow, seriamente. “Non appena io e Tara troveremo il modo di spezzare il loro legame”
“Questa è una buona idea” disse Giles. “E ne ho un’altra ancora migliore. Tornate tutti a casa. Stasera, devo ubriacarmi”
Senza fretta, raccolsero tutti le loro cose e se ne andarono. Xander decise che era il momento per ascoltare un po’ di country da solo nella sua stanza, la “musica del dolore”, e Willow e Tara rimasero sole per strada a commentare la riuscita, malgrado tutto, del loro incantesimo congiunto.
“E’ stato esaltante” stava dicendo Willow. “Quando faccio magie con te, sento che niente può fermarci. E’ come se il tuo potere completasse il mio”
Tara annuiva dolcemente, lasciando che i suoi grandi occhi grigi esprimessero tutta la sua devozione. Willow non aveva idea di quanto avesse ragione.
Era proprio così che si sentiva, con lei: completa.




“Ti ringrazio per avermi difeso” disse Spike, mentre si rivestivano. Dire che l’intervento dei due uomini avesse “rovinato l’umore” per quella sera, era palesemente un eufemismo. Il silenzio di lei si era, se possibile, ancora accresciuto.
Buffy lo fissò. “Non ti ho difeso. Ho agito su impulso di questa specie di catena che tu hai creato, e di cui ti servi per tenermi prigioniera”
Lui si stupì. Era la prima volta che Buffy esprimeva…astio, nei suoi confronti.
“Se Dio vuole, riusciranno a liberarmene” disse ancora lei. “Sino ad allora, credo che dovremmo tollerarci a vicenda.”
“Buffy…”
Ma lei era già andata via, a farsi una nuova doccia, lasciandolo alle prese con mille interrogativi.



Si può morire di tristezza? Spike se lo chiedeva alcuni giorni dopo, mentre giaceva un mattino accanto a Buffy. Si erano nutriti di sangue di macellaio, ed avevano fatto l’amore. Da lei non irradiava più alcuna luce. Dal giorno in cui aveva rivisto i suoi amici, sembrava che in lei fosse morta la speranza.
E senza la sua speranza, Spike si sentiva sperso.
Apparentemente, era la stessa. Taceva. Acconsentiva alle sue voglie. A volte, persino, lo cercava.
Ma lui sentiva che era ancora cambiata. Messa di fronte alla realtà della sua vita passata, una vita che non poteva tornare, qualcosa le si era ulteriormente spezzato dentro.
Spike non cacciava quasi più. Tacitamente, sapeva che lei ne era infastidita. E così, i loro giorni scivolavano via in una lenta, estenuante litania di silenzi. Sesso, silenzio, sangue, silenzio, sesso, silenzio, di nuovo sangue…
“Basta!” disse ad un certo punto Spike. “Devo schiarirmi le idee. Vado fuori. Tu resti qui?”
Buffy non gli rispose. Messa di fronte a quella dei suoi amici, la sua residua umanità si era come dissolta.
E nello stesso tempo, non riusciva ad essere veramente un vampiro. Non cacciava, non uccideva, non godeva dei suoi oscuri poteri.
Si limitava a sopravvivere in una condizione inumana, che non le apparteneva.
Spike si rivestì, ed indossò il suo spolverino di pelle nera. Guardandola, si chiese se non sarebbe stato più misericordioso prendere un paletto appuntito, e farla finita. Polverizzarla. Completare la sua opera di distruzione.
Era quasi certo che lei avrebbe accolto quel gesto come una liberazione.
Buffy lo guardò uscire, intuendo i suoi pensieri.
Se uccidersi fosse stato così facile, l’avrebbe fatto già da giorni.




L’osservatore aprì la porta al visitatore sconosciuto. Aveva bevuto abbastanza da rendere il pensiero di Buffy, la sua Buffy, resa un vampiro dal suo peggiore nemico, sopportabile, ma non sufficientemente da non sentirne comunque il dolore.
L’uomo sulla soglia lo fissò senza sorridere.
“Giles” disse il vampiro. “Sono qui per una tregua”
“Non ci sono tregue possibili. Sparisci e ridacci Buffy” disse Giles, fissando il vampiro biondo con odio.
Spike sospirò.
“Era proprio quello che stavo per proporle”


PARTE SECONDA.
PRIMA DELL’ALBA.


1. Ritorni.

“Perché lo stai facendo?”
Giles non poteva esimersi da questa domanda. La Gemma di Amara, che fino a quell’istante Spike aveva indossato con fierezza, ora giaceva sul tavolino nel salotto dell’Osservatore, come un’improbabile offerta di pace.
“Perché non intendevo distruggerla. Non in questo modo. E non posso sopportare di vederla così. Sono un idiota? D’accordo, lo sono. Ma quello che è stato fatto non si può disfare. Si può solo cercare di andare avanti…è così che ho vissuto nei miei centoventi anni da vampiro. E questa gemma è la sua chance di andare avanti. Malgrado quello che le ho fatto.”
Giles si trattenne dal non colpirlo. Aveva una balestra in mano, puntata dritta al suo cuore, e non si sentiva in pericolo. Ma la sua furia era talmente grande…
“Perché diavolo l’hai vampirizzata, allora?! Cosa ti aspettavi?”
Spike non rispose subito. Era una bella domanda. Se l’era già fatta milioni di volte.
“Ho ucciso tre cacciatrici. Ho bevuto il sangue della prima, spezzato il collo della seconda…e la terza, Buffy, l’ho vampirizzata. Volevo tenerla con me. Come una compagna. Come Drusilla. Io…non immaginavo che qualcosa sarebbe andato così orribilmente storto, e che lei…che lei fosse stata diversa da agli altri vampiri.”
“Perché?” ripeté Giles, non placato da quella risposta.
Spike lo fissò fino in fondo agli occhi.
“Dannazione! Mi sembra Harmony! Cosa vuole da me? Le sto riportando la sua cacciatrice su un piatto d’argento! E le lascio la gemma! Cosa vuole d’altro?”
“Spike…”
“D’accordo!” Spike si alzò in piedi, camminando agitato per il piccolo salotto. “Diciamo che…mi piace, va bene? E l’ho voluta per me”
Giles si tolse gli occhiali.
“Ascolta, Spike…nonostante tutto, apprezzo la tua decisione. E se tu lascerai libera Buffy…noi non ti colpiremo, se non farai ulteriori danni a Sunnydale. Ma devi promettermi che non la cercherai mai più…e che sparirai per sempre dalla sua e dalle nostre vite”
Spike chiuse un istante gli occhi. E poi, rivide di fronte a sé il suo volto disperato, senza luce.
“D’accordo”
“Affare fatto. Andremo a prenderla stanotte. Entro domani, ti prego di lasciare la città”
Spike scosse il capo. “Ho degli affari in sospeso. E no, non sono degli assassinii…ma prometto che non mi farò più vedere. E mi terrò alla larga da lei.”
“Bene” Giles si alzò, senza stringere la mano al vampiro. “Addio. Senza rimpianti. Lei starà meglio senza di te.”
“Sì….già, insomma, addio” Spike si voltò, e sparì nella notte come si conveniva ad una creatura dell’oscurità del suo rango. Giles rimase a fissarlo.
Possibile che da tutto quell’orrore potesse nascere ancora un barlume di speranza?
Poteva esserci ancora una speranza per Buffy, la sua Buffy?





“Alzati e vestiti” le disse Spike, mentre lei guardava in silenzio la televisione. “Il tuo osservatore sta per venirti a prendere. Ti riporterà a casa”
“Cosa?” disse lei, fissandolo. “ E tu?”
“Devo andare via. Drusilla mi rivuole” mentì Spike, senza incontrare il suo sguardo.
Buffy non commentò. Ma neppure si stava muovendo.
“Parlo sul serio” le disse lui, dolcemente. “Giles si prenderà cura di te. E tu…presto tornerai a posto. In qualche modo, lo fai sempre. Ne sono sicuro”
Buffy lo fissò.
“Ti ho…stancato?”
“Ehy, baby, cosa sono tutte queste domande?” replicò Spike, fingendo una rabbia che non provava. “Ti ho forse promesso qualcosa?”
“No…certo che no” replicò lei, e qualcosa nel suo tono di voce suggeriva un barlume di irritazione.
Era meglio che niente. Era un’emozione. Lei non era stata molto emotiva, ultimamente. Sarebbe stata sicuramente meglio, con i suoi amici. Avrebbero badato a lei. Meglio di quanto avrebbe potuto mai fare lui. Molto meglio.
“Bene…allora, addio” le disse, prima di allontanarsi. Lei lo fissò, stupita. Se ne andava così? Senza un bacio? Davvero, la chiamata di Drusilla doveva essere pressante…
Il suo pensiero viene interrotto dalle braccia di lui che si stringevano intorno al suo corpo, portandola in un abbraccio dal quale, anche volendo, non sarebbe potuta fuggire. Buffy chinò istintivamente il capo, socchiudendo le labbra contro quelle di lui. Si baciarono come non si erano mai baciati prima. Con una passione che sconfinava nel sentimento. Un sentimento che nessuno dei due, fino a quel momento, si era reso conto essere nato. Da qualche parte, nella notte, era sorta una piccola luce.
“Devo andare” le disse lui, il fiato corto, fissandole la bocca ancora gonfia per il suo bacio.
“Lo so” rispose lei, e non credette neanche per un istante alla storia di Drusilla.
“Io…capisci che è meglio così, vero?”
Buffy annuì.
Senza più toccarla, Spike si voltò e si allontanò da lei.
E Buffy si accinse ad aspettare l’arrivo di Giles.




Quando lui tornò, all’alba, Buffy era già andata via. Le sue poche cose erano sparite, e nella cripta c’era un silenzio terribile.
Spike si sedette sul letto, la testa tra le mani. Continuava a darsi dell’idiota. E continuava a ripetersi di aver fatto la cosa giusta.
Stava ancora riflettendo, quando Harmony tornò, con sorriso soddisfatto da gatta che lo irritò enormemente.
“Se ne è andata. Come ho sempre saputo che avrebbe fatto. Lei è migliore di noi…almeno, lo crede.”
“Harm” disse solo Spike. “Sparisci”
“Ti piacerebbe, vero?” disse lei. “Questa è la mia casa! Sparisci! Sta’ zitta!” Harmony gli si avvicinò. “Beh, lascia che ti dica io una cosa. Sono io ad andarmene, stavolta! Non voglio più aver a che fare con un fallito come te!”
Lui non rispose. Si alzò ed andò al mobiletto dove teneva il Jack Daniels. Poi, la fissò, più calmo.
“No, resta. Vado via io. Non sopporto più questo buco”
Senza parole, Harmony lo osservò mentre si allontanava. Tra poche ore sarebbe stato giorno, ma Spike non era uno sprovveduto ed avrebbe trovato un rifugio.
Lui poteva protestare quanto voleva. Lei sapeva che non avrebbe superato facilmente l’abbandono di Buffy. E che di lei, Harmony, non poteva importargliene meno.
Era un pensiero deprimente, ma non gliene venivano di migliori. Harmony se ne andò a letto, improvvisamente di cattivo umore.


2. Al campus.


“Sono settimane che non ti vedo. Va tutto bene?”
Buffy sollevò il capo verso il suo assistente di psicologia, Riley Finn. La loro differenza di statura era tale che per guardarlo negli occhi doveva rovesciare completamente il capo all’indietro. Lo trovava lievemente stancante.
“Sono stata a Los Angeles” mentì lei, mentre con le dita accarezzava distrattamente l’antica gemma che ornava la sua mano sinistra. Nessuno di coloro che la circondavano, lì al campus, poteva intuire che quell’anello era il suo passaporto per un barlume di normalità. Fino a che Buffy l’avrebbe indossato, lei avrebbe potuto circolare di giorno, anche sotto il sole più cocente. Fingere di non gradire il cibo non era un problema: nessuno mangiava davvero le porcherie che servivano in mensa.
Era di notte, che tutto era più difficile.
Ma questo, Riley lo ignorava.
“Mi chiedevo se verresti qualche volta al cinema con me. Od a teatro. O ad un picnic. Insomma…” gli occhi azzurri del ragazzo si illuminarono. “Mi piaci, Buffy. Mi piaci moltissimo. Vorrei uscire con te. Se sei libera. Quel Parker…”
Buffy fece una strana espressione. Le risultava persino difficile ricordarsene, di Parker.
“E’ tutto finito. Da secoli”
“Bene. Allora…che ne dici?”
Lei lo fissò. Era un bel ragazzo. Alto, fin troppo, atletico, attraente. Gentile. Normale.
Sono io che non sono normale, si disse. Sono orribilmente, tremendamente sbagliata. In bilico tra due mondi, senza appartenere davvero a nessuno dei due.
Non era stato necessario che Willow le donasse un’anima: quella specie di coscienza residuale che era rimasta sembrava potesse bastare.
Quello che tutti intorno a lei davvero ignoravano era che a Buffy mancava qualcosa di essenziale per sentirsi davvero bene.
Un qualcosa che lei non riusciva a confessare nemmeno a se stessa.
“Buffy?” insistette Riley. “Sei così pallida. Ti senti bene?”
Buffy si sforzò di riportare l’attenzione su di lui.
“Sì, certo. Sto bene. Soffro un po’ di …anemia, ultimamente.”
“Devi mangiare più ferro. Carne rossa…”
“E’ quello che farò” lo rassicurò lei. “Mi piacerebbe molto uscire con te. Stasera vado con i miei amici al Bronze. Ti ricordi di Willow, la mia amica con i capelli rossi? Il suo ragazzo ha una band con cui suona lì. Vorresti venire?”
Riley annuì, chinandosi per sfiorarle le labbra con un bacio, e ritraendosi all’ultimo per lasciarle la decisione di respingerlo.
Ma Buffy non lo respinse. Chiuse gli occhi ed accettò il tocco leggero delle labbra di lui sulle proprie. Era gradevole.
Peccato che il legame fosse ancora così forte…





“Willow passa a prenderti?” si informò Joyce.
“Sì. Mamma…l’hai riscaldato?”
Joyce annuì, negli occhi l’espressione colma di pena che assumeva ogni qualvolta doveva confrontarsi con gli aspetti meno gradevoli della trasformazione subita da sua figlia. Lei era morta, tecnicamente. Di nuovo. E si nutriva di sangue, che Joyce prendeva dal macellaio e riscaldava nel microonde.
Era orribile.
Eppure, lei era sempre la sua Buffy e Joyce la adorava.
La ragazza bevve la bevanda calda nella grande tazza, mentre sua madre finiva la sua insalata. Di fronte agli altri, a volte Buffy fingeva di mangiare. Ma, agli occhi dei suoi amici, questo era ancora più penoso.
Eppure, c’erano anche alcuni lati positivi. L’immortalità, per dirne uno. Sempre che fosse vissuta abbastanza a lungo da evitare paletti nel cuore, fuoco e decapitazione.
“Stasera uscirò con un ragazzo. Ci incontreremo con gli altri al Bronze.”
“Bene!” si compiacque Joyce. “E’ quel…Riley?”
“Sì”
“Hai pensato di…dirglielo?”
“Se la cosa prosegue, sarà inevitabile” commentò Buffy con distacco. “Andiamo, almeno non ho l’AIDS. Non è contagiosa, la mia malattia…non necessariamente”
“Grazie a Dio quel mostro se ne è andato.”
“Sì” commentò asciutta la figlia. “Se ne è andato”
Joyce le chiese se le mancava, e Buffy non le rispose.
La risposta era ovvia.



“Il solito, Willie”
Il barista sorrise, del suo solito sorriso sghembo.
“Vedo che hai cambiato dieta, Spikey. Questione di donne, mi hanno detto”
Spike lo fulminò con lo sguardo, e prese i contenitori di sangue e plasma trafugati di contrabbando dall’ospedale.
“Roba di prima qualità. Ma se preferisci quello animale…”
“No, va bene questo” Spike pagò e si diresse verso l’uscita. Si volse all’ultimo istante per una domanda appena sussurrata.
“Hai…sue notizie?”
Willie scosse il capo.
“Non ho più visto né la cacciatrice, né i suoi amichetti, se è quello che intendi. Ho idea che lei non stia cacciando molto”
“Bene. Meglio così.”
“Ti conviene darti un po’ da fare, Spike. Se gli altri demoni scoprono che tu non cacci più…ai loro occhi saresti un debole, e qualcuno potrebbe cercare di eliminarti”
Lo sguardo azzurro del vampiro si indurì.
“Che ci si provino soltanto!”
E poi si allontanò nella notte.



3. Al Bronze.


“C’è un sacco di gente, qui!” urlò Willow, sovrastando il rumore della folla. Buffy e Riley, vicini e sorridenti, stavano gustando dei cappuccini, mentre Anya e Xander ballavano. Willow fu felice di ritrovarsi seduta vicino a Tara, incantevole in una camicetta color panna che metteva in risalto la sua perfetta carnagione di magnolia, ed il suo bellissimo seno.
Quando ad Oz, si erano appena salutati, e lui era corso sul palco con la sua band.
“Non ero mai venuto qui” stava dicendo Riley a Buffy, tenendole la mano. “Dalle mie parti, nello Iowa, non ce ne sono molti di posticini di questo genere”
“Io lo adoro” rispose Buffy.
“Bello il tuo anello. E’ antico?”
“Molto” rispose lei. “Risale all’epoca della dominazione spagnola. Morirei senza di lui”
Riley rise. “E’ il regalo di un ex fidanzato?”
Buffy ritornò seria. “Qualcosa del genere”
“Vuoi ballare? Ti avverto, però, che sulla pista sono un disastro”
Con il suo fisico massiccio, lei non faceva fatica a crederlo.
“No…ora no. Preferisco ascoltare un po’ di musica.”
Willow si avvicinò a Tara, approfittando della conversazione tra Riley e Buffy per parlarle. “La vedo bene. Che te ne pare?”
“La sua aurea è molto inquieta” replicò dolcemente la strega bionda. “Il legame è ancora troppo forte. Non riesce a liberarsene. Il fatto che lui l’abbia lasciata andare, non ha affatto spezzato la catena. Al contrario: l’ha stretta ancora di più”
“Oh oh” fece Willow, voltandosi verso l’entrata. “Credo che tu abbia ragione. Guarda chi è appena arrivato”
Tara seguì il suo sguardo, ed entrambe videro il predatore, vestito di nero, farsi strada verso la pista da ballo. I suoi capelli platinati splendevano alla luce soffusa dei lampioncini che adornavano i tavolini. Sembrava che lui stesse cercando qualcosa. O qualcuno.
Nessuno avvisò Buffy. Fu l’istinto a farla voltare. Un istinto naturale, insopprimibile, persino più forte di quello della caccia.
Spike.
I loro sguardi si incontrarono nella notte, a cui entrambi appartenevano.
Gli occhi blu di Spike, quelli verdi di Buffy.
Riley stava parlando, ma Buffy non lo ascoltava più. Si alzò dal tavolo, senza una parola di spiegazione, e si diresse verso la fonte di quella forza misteriosa che la attraeva inspiegabilmente.




“Houston, abbiamo un problema”
Xander si voltò verso Willow, lasciando per un istante la mano di Anya, che continuava a dimenarsi con movenze sexy sulla pista dal ballo, e non gli ci volle che un istante per capire cosa stava succedendo.
“E’ un vampiro morto” esclamò il ragazzo, indurendo la mascella.
“Noi…credi che….Xander, aspetta!”
Ma Xander aveva già tirato fuori un paletto e si stava dirigendo verso la coppia di vampiri. Buffy si voltò verso di lui un istante prima che detto paletto venisse immerso nel petto del suo compagno. Le sue dita d’acciaio si strinsero sul polso di Xander, mentre lei scivolava, senza rendersene conto, nel volto della caccia.
“Ti ho detto di non toccarlo” ringhiò lei. Dopo un istante, Buffy recuperò abbastanza autocontrollo per ritornare al suo volto normale. “Ti prego…” lo implorò.
Xander la fissò, troppo sconvolto per parlare. Per una volta, quella bestia del suo assassino non osava avere un’espressione soddisfatta, sebbene ancora una volta la forza del loro legame fosse stata dimostrata.
Xander girò sui tacchi. Non c’era niente che potesse fare a Spike, se Buffy avesse continuato a proteggerlo, e vederli insieme era semplicemente troppo doloroso.
Prese Anya, e la condusse fuori dal locale. Intanto, Willow prese la mano di Tara, sconvolta. “Hai visto anche tu? Buffy…con indosso il volto della caccia!”
“Già. Impressionante, vero? Forse, noi ci stiamo solo illudendo che lei sia ancora quella di un tempo. E’ cambiata, invece…e nessuno sa ancora esattamente come”
“Ragazze? Volete spiegarmi cosa sta succedendo?” chiese Riley. “Quel tipo strano sta dando fastidio a Buffy? E’ meglio che intervenga?”
“Direi proprio di no” rispose Willow, diventando rossa come i suoi capelli. “E’ una specie di…ex fidanzato.”
“Già” commentò Tara “Un vecchio ex – fidanzato. Molto vecchio”
“Conosciuto a Los Angeles” disse Willow.
“Incontrato alla scuola superiore” esclamò contemporaneamente Tara.
“Voglio dire” fece una brillante sintesi Willow. “Era il fidanzato di Buffy quando lei era ancora alla Emery High di Los Angeles”
“Ah” disse Riley, e riportò confuso l’attenzione sulla coppia.
Ma Buffy e Spike erano spariti.






“Ne ho bisogno” disse lei, e Spike annuì.
Erano in alto, nella galleria del Bronze. Da lì si potevano vedere tutti quelli che ballavano in pista, ed anche gran parte degli occupanti dei tavolini laterali, ma era come se tutto facesse parte di un sogno…e non fosse reale. In quel posto, invece, una discreta penombra garantiva una qualche privacy alle giovani coppie di amanti.
Spike la strinse a sé, nascondendola con il suo soprabito.
E poi, le diede il suo polso.
Buffy vi immerse i denti, avida del suo sangue. In confronto al sangue animale che di solito ingeriva, il sangue forte del suo sire era come un nettare miracoloso. Il desiderio che aveva di risentirlo scorrere nelle sue vene la faceva impazzire. Spike chiuse gli occhi, sentendosi quasi venire meno. Lei lo stava prosciugando…ed era delizioso, delizioso…non l’avrebbe ucciso, era ovvio, ma l’avrebbe di molto indebolito. Abbastanza per renderlo preda di uno qualunque dei suoi numerosi nemici, demoni o umani che fossero.
“Basta, tesoro” le sussurrò. “Basta, ora”
Buffy lo lasciò andare, e lo seguì quando lui si sedette nella penombra, su uno dei divanetti laterali che occupavano la piccola galleria. Spike le mise un braccio intorno alle spalle. La tentazione di assaggiare nuovamente il suo sangue era devastante, ma lui era deciso a resisterla. Assai più forte era un’altra tentazione, quella di sentire le sue morbide labbra sotto le sue. Ed a questa non aveva nessuna intenzione di resistere…
Buffy chinò istintivamente il capo sulla sua spalla, e socchiuse le labbra. Spike mise una mano sulla sua guancia, abbassandosi su di lei e catturandole le labbra in un bacio dolcissimo, ed insieme pieno di passione. Resa euforica dal suo sangue, Buffy si abbandonò tra le sue braccia. Per entrambi, staccarsi dall’altro risultò quasi impossibile.
“Non hai lasciato la città” osservò lei, dopo un istante, respirando a fatica. Non ne aveva bisogno, ma le piaceva farlo, ed era un altro elemento che concorreva a formare l’illusione di vita che lei si sforzava di offrire al mondo.
“Ne sei dispiaciuta?”
“No” Buffy scosse il capo, a rafforzare il concetto. “Mi sei mancato”
“Anche tu. Vedo però che hai fatto delle nuove amicizie”
“Riley?” chiese Buffy, fissandolo negli occhi. “Non stiamo insieme”
“Non ancora”
Buffy sospirò. “E forse mai, grazie ai piccoli cambiamenti che il tuo intervento ha provocato in me!”
Spike si alzò. “E’ allora meglio interrompere questo colloquio. Volevi il mio sangue: l’hai avuto. Hai avuto anche qualcosa di più. Ora, torniamo alle nostre piccole illusioni quotidiane: che io sia sempre il Big Bad, anche se non vado più a caccia da settimane, e che tu sia Buffy, la cacciatrice di vampiri, una ragazza viva ed umana, libera di vivere la sua vita nel mondo, alla luce del sole.” Spike la fissò in modo ironico. “Tieniti stretto quell’anellino che ti ho dato, ragazzina. Non lo perdere, oppure dovrai forse affrontare quello che veramente sei. Una creatura della notte. Una predatrice.”
“Spike…” chiamò lei, ma lui era già sparito giù per le scale.





“Ti chiedo scusa” disse Buffy a Riley, riavvicinandosi a lui. “Spike è un vecchio amico”
“Hai la bocca sporca. Rossetto?”
Buffy impallidì ulteriormente sotto gli strati di fondotinta rosato che portava per simulare un colorito sano. Poteva essere rossetto, dopo il loro impetuoso bacio, su nella galleria…ma poteva anche essere sangue. Il sangue di Spike di cui si era appena nutrita.
La realtà sembrava infrangersi intorno a lei. Non sapeva più chi era, cosa era. Sapeva solo che se la ragione le urlava di stare lontana da Spike il più possibile, il suo istinto le diceva che lei non poteva fare a meno di lui.
Era il legame, quel maledetto legame…
“Vado in bagno. Torno subito”
Riley la fissò stupefatto mentre lei si inoltrava verso le toilette. Arrivata lì, un odore fortissimo, irresistibile la attrasse.
La ragazza vicino a lei stava armeggiando con una scatola di Tampax.
La stessa ragazza che urlò quando si accorse che Buffy, accanto a lei, non si rifrangeva nel grande specchio illuminato, e la fissava con le zanne sguainate.



“Tara…non le ho fatto niente, te lo giuro”
Buffy tremava. Tara l’aveva vista dirigersi sconvolta verso il bagno delle signore, e – preoccupata –aveva deciso di seguirla. Così, si era goduta in pieno l’urlo di terrore dell’altra ragazza, quando questa si era accorta della mancata rifrazione di Buffy…e del suo volto di predatrice.
“Lo so. Calmati” Tara la strinse, e sentì che lentamente Buffy tornava alla sua fisionomia normale. Era la seconda volta, quella sera, che lei diventava palesemente un vampiro: considerato che nelle ultime settimane questo non era mai capitato, ciò la diceva lunga circa l’influsso che la vicinanza di Spike ancora aveva su di lei.
“E’ solo che quell’odore…quell’odore…Dio, era così forte. E poi, ho appena mangiato..”
“Cosa hai mangiato?”
“Spike mi ha dato il suo sangue. Quando eravamo insieme, mi nutriva soprattutto di quello”
“E …poi?”
“Mi ha baciata”
“E…tu?”
“Non volevo che smettesse. Ma ha smesso…e se ne è andato.”
“E’ meglio così., Buffy” la consolò Tara. “Con noi, tu puoi dimenticare. Puoi vivere una vita normale. Riley è un ottimo ragazzo, ed è molto preso da te. Torniamo da lui, vuoi? Comincia a preoccuparsi”
Buffy annuì, e seguì l’altra bionda fuori dalle toilette. Ma quando incontrò lo sguardo ancora spaventato della ragazza di prima, capì che mai avrebbe potuto dimenticare ciò che, volente o nolente, ora era.




Quella notte, Buffy restò a dormire a casa di sua madre. Nelle ultime settimane aveva dormito con Willow, nella loro stanza al campus, ma mentre la strega era troppo stanca per le attività della giornata per non dormire come un sasso, lei riusciva a malapena a chiudere occhio. All’alba, immancabilmente, un’enorme stanchezza la invadeva. Così, spesso Buffy si recava a lezione di sera, saltando quelle del mattino, e faceva delle brevi ronde. Non aveva molta voglia di uccidere vampiri. Non più.
Verso le due di notte, Joyce sentì dei rumori nella sua stanza. Si alzò e spinse piano la porta.
Buffy era distesa a letto, la testa riversa sul cuscino, e stava piangendo.
“Amore mio” le disse Joyce, accarezzandole il capo. “Cosa c’è? Che succede?”
Buffy scosse il capo, asciugandosi le lacrime.
“Mamma…stanotte l’ho rivisto. Era al Bronze.”
“Riley?”
“No…Spike”
Joyce la strinse a sé. Il suo pallido viso, ora che lei era senza trucco, la colpì come una pugnalata. Lei era bellissima, ancora più bella di prima, ma il suo viso non era più quello di una ragazza di diciannove anni, il cui cuore battesse. Era un viso dalla bellezza senza età…cristallizzato per sempre in una perfezione di morte.
“Mamma…oggi mi hai chiesto se mi mancava. Ogni istante, mamma, ogni istante”
Joyce chiuse gli occhi, e strinse il corpo senza vita, eppure così pieno di dolore, della figlia a sé.





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